fbpx Citadel, la recensione: tra ambizione e spy action vecchia scuola
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Citadel, la recensione: tra ambizione e spy action vecchia scuola

di Gabriele Di Nuovo

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Conclusa il 26 maggio su Amazon Prime Video, “Citadel” è una serie ideata da Josh Appelbaum, Bryan Oh e David Weil. Il cast dello show è formato da Richard Madden, Pryanka Chopra Jonas, Stanley Tucci, Ashleigh Cummings, Lesley Manville, Osy Ikhile e Roland Møller.

Con un budget di 300 milioni di dollari, che la rendono di fatto la serie più costosa mai realizzata, “Citadel” prodotta dai fratelli Russo è l’inizio di un vero e proprio universo narrativo. L’ambizioso show targato Amazon e ideato da Appelbaum, Oh e Weil, anche sceneggiatori dei 6 episodi che compongono questa prima stagione, non riesce a colpire sotto molti punti di vista. Per quanto il concept di base si mostra sin da subito intrigante, “Citadel” con il proseguire la sua storia, fa emergere una prevedibilità che annoia senza troppe difficoltà lo spettatore. Se, come vedremo successivamente, la narrazione non brilla di originalità, dall’altra parte troviamo un comparto tecnico che mette in evidenza le grandi cifre spese dalla piattaforma streaming per poter realizzare l’intero progetto.

La caduta di Citadel

Otto anni fa, l’agenzia di spionaggio indipendente Citadel è caduta durante un attacco simultaneo a tutte le sue sedi da parte di Manticore. L’ostile organizzazione opera nell’ombra per poter controllare il mondo e con la caduta di Citadel, i loro piani possono proseguire senza intoppi. Gli agenti dell’agenzia Mason Kane (Richard Madden) e Nadia Sinh (Pryanka Chopra Jonas) dopo l’attacco si ritrovano privati della loro memoria e miracolosamente salvi. Dopo anni sarà l’agente Bernard Orlick (Stanley Tucci) a rintracciare Mason e chiedergli supporto per poter fermare una volta per tutte Manticore. Questo porterà Mason e non solo in un mondo fatto di segreti, bugie e amore.

“Citadel” nella semplicità del suo plot cerca di mettere in piedi un racconto spy action con risvolti sorprendenti. Ma il vero problema dello show prodotto dai fratelli Russo è la completa assenza dell’elemento sorpresa. Tutti i colpi di scena, con il passare dei brevissimi 6 episodi che compongono questa prima stagione, si rivelano molto prevedibili, rendendo di fatto povera la narrazione dello show. Tante storie sono ispirate ad altre e quindi trovare dei protagonisti che non offrono nulla di nuovo, in fondo non è un male assoluto. Infatti il problema più grande di “Citadel” è la sua costruzione narrativa.

Non basta il budget per sorprendere 

Come riportato a inizio recensione, “Citadel” è lo show televisivo più costoso della storia del piccolo schermo, superando il budget della prima stagione de “Il Signore Degli Anelli: Gli Anelli del Potere” (trovate qui la nostra recensione) sempre targata Prime Video. Ma se vi state chiedendo se dietro questo budget da blockbuster cinematografico si nasconde qualcosa di più, la risposta potrebbe deludervi. Il problema più grande della serie di Appelbaum, Oh e Weil è quella di creare dei colpi di scena che sorprendano il pubblico. Purtroppo questi non centrano in pieno il bersaglio e combinati a personaggi che rispettano i più classici canoni del genere spy, rendono “Citadel” una fiera della prevedibilità.

 

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Nel corso degli episodi notiamo come a muovere il tutto non sia solo il mistero dietro la caduta dell’agenzia di spionaggio che dà il titolo alla serie, ma l’amore. Se l’amore vi sembra un tema superfluo in pellicole del genere, basti pensare ad alcuni film dedicati a James Bond oppure a “Intrigo Internazionale” di Alfred Hitchcock dove uno scambio di persona e per l’appunto l’amore portano il protagonista interpretato da Cary Grant in una vera e propria missione segreta. Ma se in questi esempi appena citati, l’amore è un di più, un qualcosa che spinge i personaggi a compiere determinate azioni, quindi la narrazione non sacrifica determinati elementi narrativi, in “Citadel” si erge come vero motore della storia, vanificando quasi tutte le dinamiche spy presenti nel racconto.

Un ottimo cast al servizio della semplicità

Il punto forte di “Citadel” è il suo cast. Complice il già citato budget elevato e un taglio cinematografico che analizzeremo successivamente, la serie aveva bisogno di vere star nel suo cast. I nomi scelti dalla produzione sono Richard Madden e Priyanka Chopra Jonas. Il puntare su nomi noti per interpretare i protagonisti, dove si aggiunge anche Stanley Tucci, consolida ancora una volta la natura ambiziosa dell’intero progetto. Nonostante la scelta di questi nomi importanti, a non brillare è la scrittura dei loro personaggi. Se Madden e Chopra Jonas fanno il possibile per rendere tridimensionali i loro personaggi, la sceneggiatura non è assolutamente a loro favore. Parlando di presenza scenica, i due attori mostrano una buona chimica e funzionano al meglio nei loro ruoli.

Nota di merito per un sempre ottimo Stanley Tucci, che riesce a portare su schermo tutto il suo carisma e anche un senso dell’umorismo quasi rinvigorente per l’intero show. Nel corso della recensione abbiamo utilizzato il termine semplicità. Perché un progetto molto ambizioso come “Citadel” si mostra semplice nella sua costruzione narrativa? La risposta la si può trovare proprio nella creazione e conseguente sviluppo di quello che sarà un vero e proprio universo.

Citadel e la nascita dello Spyverse

Per spiegarvi al meglio le motivazioni sul perché la prevedibilità di “Citadel” sia un problema non di poco conto, dobbiamo parlare brevemente dei grandi piani dei fratelli Russo, produttori dello show. L’obiettivo di questi primi sei episodi di “Citadel”, già rinnovata per una seconda stagione grazie agli ottimi dati registrati, è quello di mettere in moto un vero e proprio universo narrativo interconnesso. Due spin-off sono stati confermati, tra cui uno italiano, e saranno pesantemente collegati agli eventi della serie principale. Se il creare un vero e proprio mondo sulla falsariga degli universi cinematografici, è un piano molto ambizioso e interessante da seguire, “Citadel” con il suo approccio narrativo porta ad abbassare decisamente le aspettative dietro il progetto.

 

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Con una narrazione che si sposta su più piani temporali, la serie cerca di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle nel vano tentativo di sorprendere il pubblico. Purtroppo come già menzionato, “Citadel” non riesce al meglio nel gestire il fattore sorpresa e porta al ribasso le ambizioni dietro il progetto. Nonostante questo, la serie Amazon può contare su un comparto tecnico a dir poco invidiabile e che consegna a “Citadel” un’aura molto cinematografica. Oltre a questo elemento, sono evidenti anche alcune ispirazioni che però potrebbero non convincere tutti gli spettatori.

Un evidente approccio cinematografico

Sin dal primo teaser, “Citadel” si è mostrato un prodotto prettamente cinematografico. Con una regia e una fotografia da cinema, la serie spy action di Prime Video porta su schermo un prodotto qualitativamente alto sotto l’aspetto tecnico. Il lavoro dietro le quinte è un paradosso rispetto a quanto svolto in fase di scrittura dello show e la regia dei 6 episodi diretti da Newton Thomas Sigel è di altissimo livello. Le poche sequenze action presenti nel corso dello show sono di ottimo livello, su tutti lo scontro in treno del primo episodio. La regia riesce a valorizzare al meglio i momenti più frenetici dello show, nonostante una CGI altalenante in alcuni momenti. Nel mondo di “Citadel” spicca, tra le tante cose, la tecnologia.

In un mondo di spie, avere le migliori tecnologie è un’arma in più. Ma se questo approccio high-tech vi è sembrato familiare, siete sulla strada giusta. “Citadel” riprende una tipologia di spionaggio che ricorda più prodotti sopra le righe come “Kingsman” e soprattutto i film di Bond arrivati in sala verso la fine degli anni ’90. Le pellicole con Pierce Brosnan sono famose anche per la presenza di un grosso quantitativo di gadget tecnologici, figli dell’avvicinamento al nuovo millennio. Ma per quanto negli anni ’90 questo approccio funzionasse al meglio, il mondo oggi è cambiato e un prodotto molto serio nei toni come “Citadel”, stona con questi elementi tecnologici molto surreali e si allontana così dai suoi diretti rivali cinematografici (“007” e “Mission Impossible”).

Considerazioni finali

“Citadel” è una serie tanto ambiziosa quanto prevedibile. I due fattori si pongono sullo stesso piano, mostrando che l’unica capacità degli autori è quella di fare world building, sacrificando personaggi e colpi di scena. Nonostante questo, il cast principale regala delle interpretazioni molto credibili e fa il possibile per colmare il gap creato dalla sceneggiatura.  L’ambizione del progetto è evidente non solo nel budget, ma anche nella messa in scena. Messa in scena che regala un’ottima regia e una fotografia molto cinematografica, mettendosi al servizio delle sequenze action ben coreografate e montate. Con una seconda stagione in arrivo prossimamente, “Citadel” ha le carte in regola per poter stravolgere i contro di questa prima parte e rendere il pilastro dello Spyverse ideato dai fratelli Russo il vero, sorprendente e ambizioso progetto televisivo di cui hanno sempre parlato e tentato di mostrare con “Citadel”.

Pro

  • Le interpretazioni del cast principale, che tenta di colmare la semplicità dello script;
  • La regia, la fotografia e le sequenze action degli episodi.

Contro

  • Osare solo nelle intenzioni non basta: la prima stagione di “Citadel” è fin troppo semplice per aprire a qualcosa di più grande;
  • La scrittura dei personaggi e la gestione dei colpi di scena poco brillante e prevedibile;
  • L’eccessivo focus sul romanticismo, consolida la prevedibilità dei colpi di scena e quasi distacca lo show dal suo genere di appartenenza.

 

 

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