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The Boogeyman, la recensione: che cosa si nasconde nel buio?

di Alice Casati

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Ultima aggiunta al filone horror cinematografico ispirato alle opere letterarie di Stephen King, The Boogeyman sarà in tutte le sale dal 1° giugno. Scritto da Scott Beck, Bryan Woods e Mark Heyman e diretto da Rob Savage, vedrà in prima fila nel cast Sophie Tatcher, Chris Messina, Vivien Lyra Blair, Marin Ireland, Madison Hu, LisaGay Hamilton e David Dastmalchian.

The Boogeyman è ispirato al racconto horror Il Baubau, dalla celebre antologia A volte ritornano del 1978. Proseguirà quindi la già accennata corrente del cinema horror tratta dai romanzi e dai racconti di King. A partire da pellicole più datate come Carrie – Lo sguardo di Satana, Misery non deve morire, Stand by Me, Le ali della libertà e Il miglio verde, passiamo ai più recenti Doctor Sleep, Nell’erba alta, Mr Harrigan’s Phone e due It. Savage aggiunge un importante elemento alla collezione, che tuttavia non andrà a concluderla. Sono infatti già stati annunciati per il prossimo futuro nuovi adattamenti, come Fairy Tale, Billy Summers e The Life of Chuck.

La capacità di trovare la luce nei momenti bui

The Boogeyman racconta la storia di una famiglia recentemente sconvolta dall’improvvisa morte della madre. Will, il padre, si ritrova a dover crescere da solo due figlie, l’adolescente Sadie e la piccola Sawyer. A un mese dall’evento un’altra tragedia si abbatte sulla casa; Will ha uno strano incontro con un uomo misterioso e spaventato, la cui esistenza sembra essere stata stravolta da un mostro assassino che si nasconde nel buio, in particolare negli stanzini delle vittime. Pochi minuti dopo l’incontro l’uomo viene trovato morto proprio in uno stanzino della casa. Da quel giorno Sawyer e Sadie iniziano ad essere perseguitate dal Boogeyman, che si nasconde nei loro sgabuzzini. L’entità si lega alla casa, nutrendosi della sofferenza dei suoi abitanti, e si manifesta solo in luoghi senza luce. In assenza del supporto del padre, rinchiuso nel proprio dolore, toccherà a Sadie proteggere la sorella e liberare la famiglia dal Boogeyman.

Oltre al suo fondamento sovrannaturale, il film si focalizza su temi come la famiglia e la perdita, invitando lo spettatore all’interno della sfera emotiva dei personaggi. Il loro dramma è ciò che attira il mostro, ma potrebbe anche essere la fonte della loro salvezza. In questo senso è sottintesa una metafora della forza del legame della famiglia, soprattutto nei momenti più “bui”, e del ricordo dei propri cari scomparsi.

Un pilastro del genere horror nel contesto moderno

Il film riprende in parte la storia originale di King, costituendone una sorta di proseguimento con svariati cambiamenti e citandola nel finale. La natura del Boogeyman, ad esempio, è mutata sotto diversi aspetti, come la già citata scelta delle vittime. Anche i protagonisti della vicenda differiscono dal racconto del 1978; più che di un adattamento, dunque, è corretto parlare di un film ispirato all’opera letteraria, interpretabile come una specie di continuazione della stessa. Al di là della componente psicologica della storia, il mostro di King richiama una paura primordiale dell’uomo, in particolare dei bambini: quella del buio e di ciò che vi si annida. Un tema così esteso lascia ampio respiro ad un’interpretazione cinematografica, che si può concedere di allontanarsi molto dall’originale. Ne consegue però un altrettanto ampio margine di rischio, dettato dalla possibilità di banalizzare un tema intrinseco del genere horror come il Baubau, l’uomo nero.

The Boogeyman finisce per deviare proprio in questa direzione, peccando in originalità e aderenza all’atmosfera del racconto originale. Il punto di forza di quest’ultimo era l’ambiguità della testimonianza del protagonista di fronte al terapeuta; permaneva infatti il dubbio che il paziente, presentato come un uomo nevrotico e riprovevole, fosse il vero colpevole della morte dei figli, e che il mostro di cui parlava fosse frutto della sua mente. Mentre è possibile sacrificare tale ambiguità in nome di un film che punta più ad interpretare che ad attenersi alla storia originale, si rende necessario adottare nuovi punti cardine, originali, per la trama.

Il problema si pone nel momento in cui ciò non avviene, lasciando la più classica delle storie sull'”uomo nero” in balia di sé stessa e dei suoi cliché. Ciò avviene, oltretutto, in un contesto storico-cinematografico in cui puntare sull’originalità è fondamentale per emergere nel genere horror. La novità che Il Baubau aveva costituito in A volte ritornano al momento della sua uscita non sembra sufficiente ad ispirare una pellicola altrettanto nuova, sorprendente e distinta.

 

 

Giocare sulla paura irrazionale dell’ignoto

Come già menzionato, The Boogeyman rientra completamente all’interno del più classico tra i filoni horror cinematografici. Il mostro che ci presenta è intrinsecamente legato al buio, ed è proprio questo il suo punto di forza per terrorizzare le sue vittime. L’idea del mostro, e con lui quella della paura, è resa in modo estremamente più efficace dalle scene immerse nell’oscurità, al cui interno si intravedono sovente due piccoli bagliori gialli. Il timore del buio è infatti spesso ascrivibile a quello dell’ignoto, di ciò che non si vede e dunque non si conosce. La privazione della vista limita enormemente il proprio controllo della situazione circostante, il che conduce inevitabilmente a temerla.

L’esposizione alla luce del Boogeyman ridimensiona in parte la paura irrazionale che solo l’immaginazione può generare, gli conferisce dei tratti, un aspetto reale e concreto. Per quanto terrificante possa risultare il suo design grafico, le scene meglio riuscite a livello di inquietudine e tensione sono proprio quelle in cui l’effettivo pericolo è nascosto alla vista, tuttavia percepibile.

La resa psicologica dei personaggi di King su schermo

Ulteriore pilastro su cui il film sembra puntare è la resa psicologica dei personaggi, argomento caro, come noto, anche allo stesso King. Se però quest’ultimo associa alla sua firma un’analisi approfondita del mondo interiore dei suoi personaggi, i quali spesso presentano diverse analogie, in questo caso il tentativo di indagarne la psiche si rivela mediocre. L’esempio più chiaro di questa limitatezza è il personaggio di Sadie; pur evidenziando a più riprese la sua sofferenza per la perdita della madre, creando una complessa psicologia del personaggio, sembra rimanervi sempre in superficie. Questo metodo di costruzione e di successiva trascuratezza dell’interiorità, comune anche agli altri personaggi, conduce ad un finale superficiale e in qualche modo affrettato, con una risoluzione eccessivamente semplificata.

Pur mantenendo bassa la velocità dell’andamento, spesso anche esageratamente, dopo lo scontro finale il film sembra sciogliere nodi che fino a poco prima sembravano irrisolvibili con troppa facilità. Ne consegue una prevedibile penalizzazione della costruzione di tali questioni nel corso della trama. Nel complesso, a risentirne è proprio la rappresentazione psicologica dei protagonisti, che viene ulteriormente banalizzata e approssimata. In questo si distacca significativamente dal racconto di King, il quale la pone come sempre al centro delle sue opere.

 

The Boogeyman

 

Considerazioni finali

The Boogeyman è una sorta di proseguimento del racconto Il Baubau di Stephen King, che presenta però diverse modifiche dall’originale. Se quest’ultima offriva ampie opportunità per un adattamento di ogni tipo, il film non sembra cogliere la palla al balzo per portare al pubblico un prodotto originale. Fa paura? Sicuramente riesce a rappresentare in modo inquietante le scene di tensione al buio, nelle quali il timore per la presenza del mostro è alimentato dall’impossibilità di vederlo. Anche il suo design, tuttavia, è efficace e funziona all’interno della pellicola. Benché si doti di un valido cast, in particolare con Sophie Tatcher nel ruolo di Sadie, il film non rende in maniera convincente la psicologia dei personaggi. Tutto risulta approssimativo, superficiale, sebbene evidenzi spesso il dolore e l’influenza che la morte della madre ha avuto sui tre protagonisti.

Nel suo complesso, il film è fin troppo classico, non ha svolte o sorprese registiche degne di nota che lo innalzino sopra il cliché. Il concetto alla base del racconto di King, privato del suo maggiore punto di forza, è sfruttato per giustificare una trama banale e ripetitiva, senza elementi originali.

Pro

  • La resa grafica del Boogeyman;
  • Le buone interpretazioni del cast, su tutti Sophie Tatcher.

Contro

  • La ripresa del racconto Il Baubau di Stephen King, banalizzato per una trama mediocre;
  • La generale superficialità della psicologia dei personaggi, carente nonostante il lutto subito;
  • Il ritmo diluito e spesso noioso, anche in scene che dovrebbero regalare tensione.

 

 

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