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Recensioni Vintage: Initial D, crescere nella vita attraverso il drift

di Gabriele Di Nuovo

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“Initial D” è un anime formato da 6 stagioni basato sull’omonimo manga spokon di Shuichi Shigeno. La prima stagione formata da 26 episodi non è arrivata in forma completa in Italia. Le restanti stagioni sono inedite nel nostro Paese e disponibili online. Gli studi dietro la produzione della serie sono Studio Comet e Gallop per la prima serie, Studio Pastel per la seconda stagione e il lungometraggio animato che apre la pista alla quarta stagione, animata da A.C.G.T e infine la quinta e la sesta realizzate da SynergySP.

Uno dei manga sportivi più iconici della storia del Giappone, è allo stesso tempo un prodotto ricercatissimo in Italia. Sbarcato per la prima volta nel nostro paese durante la MTV Anime Night, dove per anni abbiamo potuto ammirare prodotti come “Cowboy Bebop”, “Fullmetal Alchemist: Brotherhood” e “Neon Genesis Evangelion” tra i tanti, “Initial D” è diventato sin da subito iconico. Con un ritmo incalzante, la presenza del drift e la colonna sonora Eurobeat diventata subito iconica, l’anime sportivo a tema automobilistico è diventato fin da subito amato dal pubblico. Ma il fallimento della Shin Vision, ha portato “Initial D” a non avere più un distributore nel nostro Paese, diventando così un prodotto amatissimo e al tempo stesso di nicchia. Ma senza perderci in altri dettagli, iniziamo a parlare delle 6 stagioni dell’anime basato sul manga di Shigeno e di come si sia evoluto con il passare degli anni.

Una passione nata per caso

Il diciottenne Takumi Fujiwara, lavorando come fattorino per il negozio di tofu di suo padre Bunta, per anni ha guidato una Toyota Sprinter Trueno AE86. Grazie ad alcune regole imposte da Bunta, Takumi ha raffinato il suo stile di guida. Nonostante la sua scarsa passione per le corse automobilistiche, grazie al suo migliore amico Itsuki, si ritrova coinvolto nel mondo del drift. Questo porterà Takumi a cambiare completamente la sua vita e a scoprire una passione che ha tenuto nascosta per troppo tempo. “Initial D” non presenta una trama rivoluzionaria. La narrazione non è il suo punto di forza, ma lo sono le corse automobilistiche. Con il passare del tempo, la messa in scena delle gare di drift si è raffinata al meglio. Iniziata nel 1998 in Giappone, la prima serie di “Initial D” intitolata “First Stage”,  ci introduce nel futuro mondo di Takumi. Partendo dal monte Akina, chiamato nella realtà Haruna, il protagonista non crescerà solo come pilota, ma anche come persona.

L’entrare nel mondo delle corse, porterà Takumi a scoprire una passione nascosta per troppo tempo e successivamente si ritroverà a fare la conoscenza di numerosi rivali che diventeranno poi suoi amici. “Initial D” porta con sé molti stilemi narrativi del genere spokon (sportivo), quindi non presentando allo spettatore un prodotto rivoluzionario. Ma la rivoluzione della storia ideata da Shuichi Shigeno passa dallo sport che tratta: il drift. La disciplina automobilistica che fa da padrone la serie animata e non solo, è il punto cardine di “Initial D”. La presenza di auto su licenza, rende il tutto più realistico e affascinante. A dare man forte a questi due punti, ci ha pensato il re del drift Keiichi Tsuchiya. Tsuchiya è definito in Giappone come il creatore del drifting e nella serie e nel manga, figura come consulente. Per ricambiare il favore della consulenza, il pilota giapponese appare nei panni di sé stesso durante la serie, dove si rivelerà essere un amico del padre di Takumi.

Correre per vincere

“Initial D” attraverso le frenetiche e avvincenti corse sui monti giapponesi, cerca di raccontare il suo protagonista. Takumi non ama la scuola e la sera aiuta suo padre con le consegne del tofu, dove grazie a queste consegne ha potuto raffinare il suo stile di guida. Il lavoro estivo in una stazione di servizio, porterà Takumi nel mondo del drift di Akina. Sarà tutto questo a portare il protagonista a provare dei sentimenti inaspettati. Le corse lo renderanno competitivo e lo porteranno a conoscere tante persone e a decidere le sue priorità. Third Stage, lungometraggio che funge da terza stagione di “Initial D”, si focalizza proprio su questo aspetto. Il protagonista si troverà davanti ad una difficile scelta da fare per il suo futuro. Questo aspetto dell’opera di Shigeno è il più maturo di tutto il prodotto e nonostante non brilli di profondità e imprevedibilità, funziona al meglio offrendo il giusto background e conseguente sviluppo al suo protagonista.

 

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Il correre tante gare porterà il protagonista a diventare competitivo e pronto a tutto pur di vincere. Questo aspetto viene evidenziato sin dal principio, dove inizialmente al protagonista non importi di auto e soprattutto di vincere delle gare. Con il passare del tempo trasformerà questa sua dote in passione e lo porterà lontano con il supporto dei suoi amici e di suo padre Bunta, in passato pilota di drift. “Initial D” racconta i suoi personaggi attraverso il loro approccio alle corse. I protagonisti si ritrovano a fronteggiare piloti di ogni genere e il loro stile di guida fa parte del proprio background. Infatti come detto più volte, il focus di “Initial D” sono le corse automobilistiche ed è qui che la serie da il meglio di sé.

“Initial D”: tra auto su licenza e Eurobeat

Il mondo dell’automobilismo giapponese esplode in “Initial D”. Marchi come Toyota, Mitsubishi, Subaru e Nissan, sono protagonisti quanto i piloti. Con vari modelli utilizzati dai vari personaggi, le auto sono protagoniste della serie. Specifiche tecniche e tanti altri dettagli, spiccano nel corso della narrazione delle corse. Il ritmo incalzante delle gare si alterna a commenti tecnici, pensieri dei piloti e soprattutto la musica Eurobeat. Dance music proveniente dall’Europa, principalmente dall’Italia, è il ritmo musicale delle corse di “Initial D”. La musica che porta a rendere le corse divertenti e piene di tensione, è uno degli elementi che ha reso celebre la serie animata basata sul manga di Shigeno. La combinazione tra musica e drift, ha reso “Initial D” un prodotto unico e iconico nel settore dell’animazione giapponese e non solo.

 

 

L’iconicità di questi due elementi non si è limitata solo nella serie. I vari videogiochi arcade dedicati a “Initial D”, durante il gameplay, presentano varie tracce musicali resi celebri dalla serie animata, rendendo di fatto l’Eurobeat parte integrante di questo mondo. A citare l’anime, ci pensa anche un celebre videogioco occidentale. Nel grosso catalogo auto di “Forza Horizon 5”, è possibile acquistare una Toyota Trueno come quella di Takumi. Il titolo per Xbox presenta un paio di obiettivi con un riferimento diretto all’opera di Shuichi Shigeno, mostrando così ancora una volta la grande portata di un’opera che è cresciuta da un punto di vista tecnico con il passare del tempo.

Un comparto tecnico al passo con i tempi

“Initial D” è un prodotto che sin dal principio è stato al passo con i tempi. Iniziato nel 1998, i disegni e le animazioni rispettavano il canone del periodo. A spiccare infatti sono le corse automobilistiche. Le prime stagioni presentavano delle auto realizzate completamente in CGI per rendere i loro movimenti più fluidi. Con il passare delle stagioni e degli anni per produrle, complice l’alternarsi con vari studi di animazione, “Initial D” raggiunge il suo status definitivo con le ultime stagioni. Le auto non sono più completamente in CGI ma disegnate come i vari personaggi. Come nei prodotti giapponesi più recenti, la CGI non è stata eliminata, anzi offre un grandissimo supporto nelle corse automobilistiche dell’anime.

 

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La regia è ottima in tutte le sei stagioni. Molto basilare nei momenti più tranquilli della storia, mentre quando la competizione prende il via, “Initial D” mette in scena con maestria le corse automobilistiche. Con una soundtrack perfetta e un montaggio che alterna la corsa, i piloti e gli spettatori in modo impeccabile, “Initial D” coinvolge lo spettatore amante e non delle corse automobilistiche al meglio. L’alternarsi di vari studi di animazione, non ha creato problemi a “Initial D”, rendendo così questi cambiamenti semplicemente una conseguenza del tempo che scorre insieme al progresso tecnologico. Infine, come evidenziato anche in precedenza, la semplicità della storia che si sacrifica per le corse, potrebbe far storcere il naso al pubblico che in un anime spokon cerca qualcosa di più.

Considerazioni finali

“Initial D” con le sue 6 stagioni, è un pilastro a modo suo dell’animazione giapponese. Con uno schema molto semplice e al tempo stesso efficace, vediamo la crescita di Takumi attraverso il mondo del drift. Territorio che viene esplorato al meglio nel corso della storia e che offre al pubblico dei momenti a dir poco spettacolari. Divertimento e tensione arrivano allo spettatore grazie alla potente colonna sonora Eurobeat diventata subito iconica. Il supporto di un pilota di talento del drifting come Keiichi Tsuchiya e l’utilizzo di auto su licenza, rendono “Initial D” un prodotto insolitamente realistico al netto della sua natura animata. Unica pecca da evidenziare è che la narrazione minimale potrebbe non venire apprezzata da tutti. In conclusione, “Initial D” è un anime diventato un cult in Italia e nel mondo per il suo stile e per la sua esplorazione di un mondo sconosciuto ai più come quello del drifting.

Pro

  • L’esportare nel resto del mondo una cultura automobilistica come quella del drifting;
  • La tensione e la regia delle corse automobilistiche nel corso delle sei stagioni;
  • L’utilizzo dei marchi reali della auto presenti nella serie;
  • La cura dei dettagli nel parlare delle auto;
  • La colonna sonora Eurobeat.

Contro

  • L’approccio narrativo non potrebbe venire apprezzato da tutti.

 

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