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Ode ad Arthur Morgan: il “cattivo” più buono di sempre

di Nasce Cresce Ignora

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Esistono personaggi che rimangono scolpiti nella memoria; uomini che si ritagliano un angolo nel cuore di ogni videogiocatore. Rockstar Games è sempre stata maestra nel creare profili di questo genere: folli e “cattivi”, egoisti e spietati, eppure tanto amabili e amati. Uomini tanto carismatici quando letali e pericolosi. Tra tutti i sociopatici e criminali creati ad arte dalla casa statunitense però, uno si erge sopra tutti grazie alla sua umanità: Arthur Morgan. Retto, onesto, leale e di buon cuore: il protagonista di Red Dead Redemption 2 è senza dubbio il cattivo più buono di tutto il West. Oltre che sicuramente il personaggio più maturo, profondo e toccante mai creato da Rockstar.

 

Arthur Morgan: un eroe grigio

Arthur non è un brav’uomo nel senso comune del termine, anzi. È un fuorilegge, assassino, ladro e chi più ne ha più ne metta. Eppure… non è cattivo. Non stiamo parlando di un novello Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri, ma di un cavaliere che lotta, uccide e distrugge per amore della propria “famiglia”. Un’accozzaglia di disadattati, relitti e scarti della società, che il pistolero ama e protegge. Il suo senso dell’onore e la sua lealtà, paradossalmente sono la sua croce: non gli permettono di essere completamente bianco o nero, ma solamente una delle tante tonalità di grigio. Come se vivesse in un limbo, il pistolero offre alternativamente la parte migliore e peggiore di sé al mondo, senza però mai scadere nella meschinità.

Arthur non è malvagio: è solamente buono quanto un mondo freddo, duro e inospitale per quelli come lui, gli permette di essere. Ha vissuto una vita intera a lottare contro il progresso che lo vuole inglobare, divorare, fomentato dai vaneggiamenti folli di Dutch. Vive tormentato dai sensi di colpa per tutto quello che ha fatto per sopravvivere nel corso degli anni e per quanto successo alla sua giovane compagna e al loro figlioletto, trucidati anni prima proprio da un mondo che non fa distinzioni e favori. Ha indurito il proprio cuore, creandosi un’armatura da uomo indistruttibile per evitare di soffrire ancora, diventando macchina di morte, scudiero e protettore per la sua banda.

 

 

Eppure anche così, Arthur Morgan non ha mai sconfinato nel male. Pregno di un’etica e una moralità troppo radicate in lui, è sempre stato in grado di distinguere tra il giusto e lo sbagliato, e, soprattutto, tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Un uomo retto e giusto, nonostante tutto, che ha sempre saputo quale fosse il limite. L’unico con le spalle abbastanza larghe da poter dare tutto senza ricevere nulla, capace di portare sempre più fardelli sulla propria coscienza. Un uomo intelligente, perfettamente conscio e addolorato per le vite che ha spento in tutta la sua esistenza, eppure altrettanto consapevole di dover continuare per il bene di chi non si può difendere.

L’amore è nel sacrificio

Il grande merito di Rockstar è quello di aver creato uno dei personaggi più profondi della storia videoludica, costruendogli attorno un mondo ad hoc, in cui pesce grande mangia pesce piccolo. A rendere Arthur ciò che è, a renderlo tanto unico e umano è proprio la sua personalità in una terra, in una società, che lo vuole annichilire, annientare, cancellare. Arthur è ciò che è in virtù del contesto che vive, della malvagità che lo circonda. È diverso, migliore, proprio perché in grado di restare umano e fedele a sé stesso. E la sua catarsi, la maturazione del suo personaggio, la sua redenzione, sono paragonabili all’opposta trasformazione di Walter White in Breaking Bad. Due media differenti eppure mai tanto vicini, che ci hanno regalato due opposti leggendari tramite due percorsi paralleli eppure inversi.

In un crescendo di disperazione, Arthur arriva finalmente a capire a chi davvero deve la sua lealtà. Vede ciò che aveva sempre cercato di seppellire in fondo al cuore: che è un brav’uomo ancora in grado di amare. E con questa illuminazione, come se avesse all’improvviso la capacità di vedere il futuro, il cammino gli appare più chiaro, così come il suo destino. L’amore spesso si vede nel sacrificio, e Arthur lo sa. Tutte le miglia percorse, tutte le sparatorie, le avventure, le persone incontrate lo hanno portato a questo: dare tutto per una buona causa, per dare un futuro a chi se lo merita. 

Senza scadere in spoiler nel caso ancora non abbiate giocato a Red Dead Redemption 2, la conclusione dell’avventura del nostro pistolero è grande cinema. Non c’è altro modo di definirla. Pura arte che tocca le corde del cuore, toccante come poco altro in ambito videoludico. Un grande eroe tragico, non come gli eroi senza macchia e paura delle ballate medievali. Un uomo tormentato, consumato, sofferente. Ma un uomo vero, dalla volontà ferrea, incrollabile. Il più buono tra tutti i cattivi, sempre che così si possa definire. Grazie dio del gaming per averci regalato Arthur Morgan

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di Pietro Magnani

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