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Halo Stagione 1, la recensione: l’umanità di un eroe

di Gabriele Di Nuovo

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Conclusa il 19 maggio su Now TV, “Halo” è la serie basata sulla celebre IP di proprietà Microsoft. Il cast è formato da Pablo Schreiber, Yerin Ha, Natascha McElhone, Bokeem Woodbine, Bentley Kalu, Natasha Culzac, Kate Kennedy e Jen Taylor nei panni di Cortana. Lo show è scritto e ideato da Kyle Killen e Steven Kane.

Dopo tantissimi anni, una delle saghe videoludiche più famose della console ammiraglia di Microsoft arriva in live action. “Halo” si propone ai suoi fan non solo come un prodotto fedele in parte alla sua controparte videoludica, ma con una storia ambientata in una realtà alternativa rispetto al videogioco. Nonostante questi cambiamenti, che approfondiremo senza spoiler, la serie prodotta dalla Amblin di Steven Spielberg e ideata da Kyle Killen e Steven Kane si presenta come una profonda e ambiziosa space opera che punta non solo ai fan del franchise, ma anche al grande pubblico.

Una minaccia per l’umanità

Durante una missione sul pianeta Madrigal, Master Chief (Pablo Schreiber) e la sua squadra di soldati Spartan, scoprono un artefatto chiamato Halo appartenente alla razza aliena ostile Covenant. Una volta entrato in contatto con il misterioso oggetto, Chief comprende di non essere solo un soldato, ma qualcosa di più. Inoltre lo Spartan troverà sulla sua strada la ribelle Kwan Ha (Yerin Ha) che aiuterà Master Chief a scoprire altro di sé stesso.

Senza rivelare altri dettagli e protagonisti della storia, “Halo” non si pone solo come un adattamento non canonico di un videogioco, ma punta ad essere un racconto di fantascienza a 360 gradi. La serie, attraverso il suo protagonista, affronta molti temi. Dalla guerra fino ad arrivare al libero arbitrio, il prodotto scritto da Kyle Killen e Steven Kane cerca di affrontare vari temi grazie ai suoi personaggi, riuscendo in parte nel suo intento.

Un ottimo protagonista e un personaggio di troppo

“Halo” trova la sua forza soprattutto nei suoi protagonisti. A spiccare su tutto è la caratterizzazione offerta a Master Chief. L’iconico personaggio, portato su schermo da un ottimo Pablo Schreiber, in questa interazione live action lo vediamo, nel vero senso della parola, spogliato della sua armatura. Questo ha attirato le critiche del pubblico, complice anche il successo di “The Mandalorian” dove il protagonista indossa sempre il suo elmo. Ma nonostante queste critiche, la scelta fatta dai showrunner della serie funziona.

Questa scelta funziona perché permette di umanizzare la figura di Master Chief e renderlo più vicino allo spettatore e alle dinamiche del racconto. Infatti, è proprio questa umanizzazione dell’eroe ad offrire una crescita e una presa di coscienza che va di pari passo alla risoluzione dei vari misteri che fanno da base all’artefatto trovato nel primo episodio. Ma non è solo il Master Chief di Pablo Schreiber a funzionare. Oltre a lui abbiamo anche altri personaggi che sicuramente lasceranno il segno allo spettatore, su tutti la dottoressa Halsey interpretata da Natascha McElhone.

 

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Altro personaggio noto della saga videoludica, arriva in questa versione live action in modo decisamente intrigante. Dedita al suo programma Spartan, Halsey usa ogni mezzo pur di raggiungere i propri obiettivi. Ed è proprio la morale discutibile della dottoressa ideatrice del programma di cui il protagonista fa parte, ad offrire allo spettatore altre tematiche che la serie racconta attraverso il genere sci-fi.

Ma adesso arriviamo al lato negativo dei protagonisti di “Halo”. Se tutti i protagonisti funzionano, a rivelarsi banale e superflua, è Kwan Ha. Inizialmente cruciale per la crescita di Master Chief, la ribelle di Madrigal con il passare del tempo si mostra di troppo all’interno di un racconto ambizioso. Ma nonostante questo, il personaggio avrà un episodio dedicato (il settimo) di cui vi sconsigliamo caldamente la visione.

Non un semplice adattamento, ma una vera e propria space opera

“Halo” come adattamento videoludico su schermo ha dalla sua molta ambizione. Questo perché la serie non si pone come un semplice live action, ma punta a qualcosa di più. Ambientato in una realtà alternativa a quella videoludica, la storia della serie si prende numerose libertà creative, senza dimenticare però le sue origini. Le caratteristiche iconiche del videogioco si possono ritrovare in alcuni dialoghi tra Master Chief e Cortana (Jen Taylor) e soprattutto sul design e i suoni delle armi e dei Covenant.

 

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Ma torniamo a quello che forse è il più grande pregio di “Halo”. La serie ideata da Kyle Killen e Steven Kane è una space opera che affronta numerosi temi. Dalla ricerca della propria umanità fino all’utilizzo della tecnologia e alle ripercussioni della guerra sui civili e non solo. Il tutto viene affrontato in un contesto sci-fi che rende la serie abbastanza vicina ad un prodotto iconico come “Battlestar Galactica”. Il confronto vi potrà sembrare pesante e forse esagerato, ma ad oggi nel vasto panorama televisivo a mancare era proprio una space opera che riuscisse ad affrontare numerosi temi all’interno del suo racconto.

Un comparto tecnico buono e con potenziale

Costata 90 milioni di dollari, “Halo” rientra facilmente tra i prodotti seriali più costosi. Il production value è ben evidente nelle varie sequenze ambientate a Reach e non solo. Infatti i combattimenti tra Spartan e Covenant sono molto godibili e visivamente di impatto, nonostante in alcuni momenti la CGI non è ottimale. Inoltre qui la regia dei vari episodi ne approfitta per buttare lo spettatore nelle atmosfere del videogioco. In alcuni momenti lo spettatore si ritrova all’interno del casco di Master Chief in una visuale in prima persona che ricorda molto il gameplay di “Halo”.

 

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Infine passiamo alla regia degli episodi e alla loro scrittura. Mettendo da parte il surplus del settimo episodio, nei restanti 8, la serie presenta una buona regia e una scrittura funzionale al suo racconto. Nonostante questo però, lo script presenta alcune ingenuità e elementi non approfonditi al meglio. Ma siamo certi che con la seconda stagione e il cliffhanger con cui si è conclusa la prima, “Halo” riuscirà a sorprendere lo spettatore ancora una volta e a consolidare quello che si è già rivelato un successo per Paramount.

Considerazioni finali

“Halo” è molto più di un semplice adattamento in live action di un videogioco. La serie si pone come una vera e propria space opera che tratta tanti temi cari al genere fantascientifico. Prendendosi delle libertà creative, Kyle Killen e Steven Kane rendono Master Chief interpretato da Pablo Schreiber più umano e tridimensionale rispetto alla sua controparte videoludica. Oltre al suo protagonista, anche il resto del cast funziona nonostante “l’utilità” di Kwan Ha, tanto da poter permettere allo spettatore di saltare l’episodio a lei dedicato. L’azione, seppur poca, è molto godibile e divertente da guardare. Inoltre non mancano le citazioni al videogioco che passano attraverso frasi, veicoli e nemici. Infine la scrittura nonostante sia buona e dia spazio anche ad un personaggio di troppo, presenta delle ingenuità che sicuramente verranno colmate con la seconda stagione.

Pro

  • Il cast della serie;
  • La regia dei nove episodi che compongono la serie;
  • L’azione e la fedeltà al videogioco mostrata in queste sequenze;
  • L’ambizione nell’andare oltre al semplice adattamento in live action.

Contro

  • La storyline di Kwan Ha, completamente superflua all’interno della serie;
  • Alcune ingenuità all’interno della sceneggiatura.

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