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Emancipation, la recensione: fuga per la propria libertà

di Gabriele Di Nuovo

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Disponibile dal 9 dicembre su Apple TV+, “Emancipation” è un film diretto da Antoine Fuqua. Nel cast troviamo Will Smith, Ben Foster, Charmaine Bingwa, Steven Ogg, Mustafa Sakir e Timothy Hutton.

Dopo la notte che lo ha consacrato e al tempo stesso “scomunicato” da Hollywood, Will Smith ritorna sui nostri schermi in “Emancipation”. Il dramma storico diretto da Antoine Fuqua, regista del celebre “Training Day”, parte con dei presupposti interessanti per poter puntare alla prossima stagione dei premi. Ma le potenzialità del progetto sono state rispettate? La risposta è più complicata di quello che crediate. La pellicola ispirata a una storia vera, tenta di virare su più generi senza spiccare in nessuno di essi. Le tematiche e i protagonisti del racconto, si rivelano essere molto piatti e poco approfonditi. Inoltre “Emancipation” conta un lato tecnico davvero notevole, ma che supera quel limite che non deve far prevalere la forma sulla sostanza.

Oltre la libertà

Nel 1861, Abraham Lincoln dichiarò liberi tutti gli schiavi di colore degli Stati Uniti d’America. Questa azione portò alla guerra di secessione, dividendo il nord e il sud dello Stato. In Louisiana, Peter (Will Smith) viene diviso dalla sua famiglia per andare a lavorare in una stazione controllata dai sudisti. Con la consapevolezza di essere stato liberato dal presidente Lincoln e la voglia di salvare la sua famiglia, l’uomo riesce a fuggire dal campo di lavoro in cui è stato impiegato e inizia una lotta alla sopravvivenza nelle paludi della Louisiana contro Fassel (Ben Foster), il suo nuovo padrone. “Emancipation” racconta la sua storia ispirata a eventi realmente accaduti partendo da una foto. La foto in questione ritrae lo schiavo Gordon, chiamato nel film Peter, lacerato dalle ferite e percosse subite in tutti gli anni di sfruttamento.

Immagine diventata sin da subito simbolo della sofferenza provocata dalla schiavitù, la pellicola racconta la storia di un uomo che ha dato tutto per poter raggiungere un semplice obiettivo per lui e la sua famiglia: la libertà. Per quanto i presupposti ci siano tutti, “Emancipation” nelle sue 2 ore e 7 minuti di durata, porta con sé numerosi problemi che non lo rendono il film che sarebbe dovuto essere. Nonostante una ottima interpretazione di Will Smith, che si va ad aggiungere alla performance in “King Richard” (trovate qui la nostra recensione), la narrazione e i personaggi soffrono una sceneggiatura che vuole essere tanto, per rivelarsi alla fine un qualcosa di già visto.

Le buone intenzioni non bastano

“Emancipation” vuole raccontare una storia di sofferenza e ricerca di libertà partendo da una delle foto più famose della storia americana. I presupposti per poter raccontare una buona storia e offrire al pubblico delle combinazioni di generi inaspettate ci sono, e questo potrebbe lasciare presagire a qualcosa di interessante da vedere. Sfortunatamente la pellicola diretta da Antoine Fuqua e scritta da William N. Collage, presenta non pochi problemi. Su tutti è la scrittura dei personaggi. Nonostante “Emancipation” possa essere definito come una sorta di one man show di Will Smith, che regala ancora una volta un’ottima interpretazione, a non brillare è proprio il lavoro svolto dietro i personaggi. A partire dal protagonista Peter, fino ad arrivare al nemico interpretato da Ben Foster e a Dodienne, moglie del protagonista interpretata da Charmaine Bingwa, tutti loro presentano una scrittura basilare e che non scava nel profondo di quello che provano per davvero nel corso del film.

 

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Altro problema causato dalla scrittura, è il ritmo della pellicola. Con un inizio rapidissimo, un lento svolgimento fino all’arrivo dei 30/35 minuti di durata e soprattutto un terzo atto anti climatico, “Emancipation” non riesce ad essere costante nel suo raccontare la fuga di Peter. I momenti della fuga, che coprono buona parte della pellicola, sono le sequenze migliori, dove oltre a non presentare momenti di scrittura elevati che possano danneggiare il lavoro, mostrano un ritmo serrato e pieno di tensione che riesce ad intrattenere lo spettatore prima dell’arrivo del famigerato terzo atto. Ma a soffrire maggiormente questa scrittura altalenante, è il vero scopo della storia. “Emancipation” cerca di raccontare una sua storia, ma fallisce nel momento in cui a mancare sono le differenze con alcune pellicole arrivate al cinema in passato e lo scarso utilizzo di alcuni elementi introdotti nel racconto.

Un racconto con più identità

“Emancipation” non cerca di essere il classico dramma a sfondo storico. Infatti, la pellicola diretta da Fuqua viene classificata come film d’azione. Ma l’azione è presente sul serio? La risposta è si e ne parleremo meglio successivamente. A non funzionare invece è proprio l’aspetto drammatico. Nonostante la brutalità di alcune immagini, che rappresentano al meglio gli orrori della schiavitù, la sostanza che dovrebbe dare solidità a questo aspetto, viene a mancare. Oltre alla già citata scrittura dei personaggi, la pellicola mette in evidenza tematiche come la religione e la famiglia. Per quanto possano sembrare interessanti e parte integrante del racconto, utili anche a dare una profondità ad alcuni personaggi, non vengono mai utilizzate al meglio. Lo script di William N. Collage non riesce ad essere incisivo sotto questo punto di vista.

Il racconto parte col presupposto di alternare azione e cuore in un momento storico difficile, riuscendo a non combinare al meglio queste identità. Tutto questo rende di fatto “Emancipation” una pellicola quasi fredda, che difficilmente riesce a far emozionare lo spettatore nonostante la performance di Smith e la storia raccontata su schermo. Nonostante questi elementi evidenziati, la pellicola di Fuqua non annoia, anzi, porta lo spettatore ad arrivare fino in fondo, consolidando così il suo status quo di occasione sprecata. A rendere “Emancipation” una sorta di incognita narrativa/visiva, ci pensa una fotografia decisamente fine a sé stessa.

Un comparto tecnico di valore, ma…

“Emancipation” conta sull’ottima regia di Antoine Fuqua. Nonostante gli ultimi lavori del regista non siano stati brillanti, nel raccontare la storia di Peter emerge tutto il talento del cineasta. Ma ad essere discutibile, è la fotografia. Il regista insieme al DoP Robert Richardson, veterano del settore, decide di optare per un bianco e nero che rimanda molto alle fotografie di quei tempi. Per quanto la scelta vada in parallelo con quella che è la fonte di ispirazione della storia, questa scelta tecnica/visiva non funziona al meglio. Primo motivo su tutti è il suo essere fine a sé stesso. Con i problemi evidenziati, una fotografia del genere porta la forma a superare la sostanza, rendendo evidente l’ambizione della pellicola sul puntare ai premi, ma peccando su elementi più importanti. Il secondo motivo per cui la fotografia non funziona, è l’alternare il b/n con i colori.

 

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Ma quando vediamo immagini a colori? La pellicola “sporca” le sue immagini nei momenti in cui è buio oppure il protagonista si ritrova sotto la pioggia. Una scelta che non aggiunge sostanza e la rende solo una sorta di opera d’arte in movimento. Infine arriviamo a trattare due elementi ottimi del lato tecnico. Stiamo parlando delle sequenze action, nonostante una scena cita in modo diretto “Revenant – Redivivo”, e la colonna sonora. L’azione è ben diretta, forte anche dell’esperienza di Antoine Fuqua nel genere, offrendo delle sequenze di guerra realistiche. Mentre la colonna sonora ideata da Marcelo Zarvos, riesce a coinvolgere lo spettatore all’interno dell’atmosfera del racconto, regalando così delle composizioni musicali molto valide.

Considerazioni finali

“Emancipation” di Antoine Fuqua non è una pellicola perfetta. Nonostante le buone intenzioni e la grande interpretazione di Will Smith, il dramma storico non funziona come dovrebbe. L’alternare l’azione a momenti drammatici mai approfonditi al meglio, complice una scrittura non proprio brillante del racconto e dei suoi protagonisti, rende di fatto la pellicola un’occasione sprecata. Le tematiche non affrontate consolidano la scrittura svogliata dei personaggi, non offrendo margine ad un focus sotto ogni punto di vista.

Il ritmo della pellicola non è tra i più brillanti e nonostante ciò, si riesce ad arrivare fino in fondo. Infine il comparto tecnico è di alto livello, nonostante una scelta stilistica visiva discutibile, e la colonna sonora è attinente con quanto raccontato e coinvolge lo spettatore. In conclusione “Emancipation” è un titolo che fa della forma le vere fondamenta del progetto, a scapito della sostanza che in un genere di racconti come questo, è importante.

Pro

  • L’interpretazione di Will Smith;
  • La regia di Antoine Fuqua, di spessore rispetto i suoi ultimi lavori;
  • La colonna sonora di Marcelo Zarvos.

Contro

  • La scrittura dei personaggi;
  • L’introdurre tematiche e non affrontarle all’interno del racconto, impedendo uno sviluppo dei protagonisti;
  • Il ritmo della narrazione non impeccabile;
  • La scelta adottata per la fotografia, fine a sé stessa.

 

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