di Gianmichele Trotta
Mentre la curva dei contagi è in calo, il governo già pensa alle prossime mosse per reagire alla pandemia da covid. Stando alle ultime dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Andrea Costa, potremo finalmente dire addio al modello a colori, in particolare alle 2 zone a rischio più basso. La zona rossa, invece, continuerà a esistere.
Le motivazioni del governo
Con l’introduzione del green pass e l’obbligo vaccinale per gli over 50 la situazione covid, oggi, è più sotto controllo rispetto a un anno fa. È questa la motivazione principale che spinge il governo ad abolire dopo più di un anno quel sistema che, con tutti i suoi problemi, ha cercato di monitorarci e proteggerci in Italia.
Come sappiamo, il super green pass è ottenibile attraverso il completamento del ciclo vaccinale mentre per il green pass base basta essersi sottoposti a un tampone molecolare (di durata pari a 72ore) o antigenico (48 ore). Grazie a questi utili strumenti il governo ha reso possibile la fruizione di tutte le attività sociali senza rischio di aggravare ulteriormente la situazione sanitaria.
Attualmente, per chi in possesso di queste due certificazioni, non cambia sostanzialmente nulla all’interno delle regioni che cambiano colore entrando in zona gialla e arancione. Questa obsolescenza ha portato il governo ad abolire le suddette zone ed aggiornare i parametri della temuta zona rossa.
Cosa succede se si entra in zona rossa
Se all’entrata in zona gialla e arancione le limitazioni di spostamento o accesso alle attività sociali si limitano ai non vaccinati, con la zona rossa le cose cambiano. In ipotesi di un eccessivo aumento dei contagi e di occupazione dei posti letto in ospedale anche chi in possesso di green pass dovrà stare a casa. Questa è l’unica differenza che contraddistingue la zona rossa dalle altre e la ragione per cui è così temuta.
Con l’approvazione del nuovo decreto, di cui però si sta ancora discutendo, dovrebbero aggiornarsi anche i parametri per l’entrata in zona rossa. Al momento si entrerebbe nella zona di rischio più alto una volta sorpassati i 150 casi settimanali ogni 150 mila abitanti e con una percentuale di occupazione posti letto superiore al 40% e 30% di terapia intensiva. Numeri, questi, estremamente lontani per qualsiasi regione e inarrivabili considerando il superamento del picco di contagi.
Un’altra cosa che dovrebbe aggiornarsi, tra l’altro, riguarda il bollettino settimanale. Quest’ultimo, infatti, conterà prossimamente anche quei casi in cui i pazienti vengono ricoverati per altre questioni e risultano positivi al covid solamente in seguito, tutt’ora ignorati nel conteggio.
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di Gianmichele Trotta
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