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Corte di Cassazione: “Le emoji possono essere diffamatorie”

di davide gerace

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Ogni giorno tutti, o quasi, facciamo uso delle emoji. Che si tratti di un messaggio ad un amico/a, fidanzato/a, o in risposta a qualche commento sui social, per dimostrare i nostri stati d’animo, utilizziamo le piccole faccine colorate. Spesso però, capita che le emoji vengano utilizzate in modo inappropriato, per insultare altri utenti. La Corte di Cassazione ha quindi deciso di prendere dei provvedimenti.

La condanna della Corte di Cassazione

 

Social

Social (@Shutterstock)

 

Come racconta “Il Messaggero“, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza 2251 del 2023, ha condannato per diffamazione un uomo, per colpa di un commento sui social. In un post sui problemi di viabilità del comune di Luino, in Lombardia, l’uomo avrebbe preso di mira un altro utente, denigrandolo per i suoi deficit visivi, utilizzando l’emoji della risata.

Proprio l’utilizzo della faccina sorridente ha portato i giudici a condannare l’uomo per diffamazione. Vera Cuzzocrea, consigliera dell’Ordine degli psicologi del Lazio, al “Il Messaggero” ha dichiarato: “Le offese, anche con le emoji, possono considerarsi un danno anche grave alla dignità delle persone con fragilità nei confronti del loro corpo. È importante perché riconosce la lesività della condotta, come una vera e propria diffamazione”.

Il precedente

In appello i giudici avevano stabilito che si trattasse di un’ingiuria, una differenza soprattutto dal punto di vista giuridico. Chi subisce un’ingiuria, può solo ricorrere alla sede civile per ottenere un risarcimento per eventuali danni. La sentenza definitiva della Cassazione, quindi, rappresenta una novità. Favorevole alla sentenza Cuzzocrea, che ha aggiunto: “Questa depenalizzazione avrebbe tolto il riconoscimento della condotta e quindi del danno subito dalle vittime. La sentenza della Cassazione ha il prestigio di restituire valore all’offensiva di una condotta. L’emoticon viene riconosciuto come uno strumento di comunicazione rafforzativo del messaggio del contenuto testuale che talvolta è violento”.

Esiste un precedente abbastanza simile, risalente a gennaio del 2021. Una consigliera del comune di Verona è stata condannata per aver usato l’emoji di un escremento in un suo commento, che attaccava l’avvocato ambientalista Chiara Tosi. La consigliera, alla fine, è stata condannata a 4 mila euro di risarcimento.

Attenzione quindi a come utilizzate le emoji, può mettervi in grossi guai. Anche se forse a volte basterebbe farsi una risata o passare oltre senza dare troppo peso a una “faccina”…

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