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Il timore che i rincari in corso aumentino, la paura di un’ipotetica scarsità di prodotti e l’angoscia che proviene dalla lontana questione Ucraina, hanno indotto milioni di italiani, dislocati lungo tutto il territorio nostrano, a riprendere i nevrotici atteggiamenti della “prima pandemia” nei riguardi dei supermercati.
Luoghi simbolo dello psicotico e incontrollato assalto della gente sono stati i punti di rifornimento che si trovano a Napoli e nel suo comprensorio geografico. Nell’hinterland partenopeo, diversi market sono stati svuotati da delle persone che, diversamente dal normale, hanno deciso di condurre una spesa “all’ingrosso”. I compratori si sono principalmente prodigati nell’incetta di generi alimentari a lunga scadenza come la pasta, la farina, l’olio e lo scatolame.
Sembrerebbe quasi che il conflitto che si sta svolgendo nell’est Europa stia diventando “un affare cittadino”. Ad allungare l’area del coinvolgimento è, ancora una volta, il tanto inutile allarmismo mediatico che, tramite gonfiature e drammatizzazioni, spinge i soggetti non implicati nella faccenda ad auto-compromettersi, sentendosi ingiustamente vicini alla crisi. Così notevoli gruppi di cittadini, assoggettati dall’instabilità globale, decidono di “anticipare i tempi” e cercare una parvenza di sicurezza in una eccessiva prevenzione.
Scaffale vuoto (@Shutterstock)
Alcune tra le principali catene di supermercati, per combattere lo svuotamento degli scaffali hanno imposto un tetto al numero di prodotti acquistabili: fino a un tot di chili di pasta, farina, olio. “Per ora non abbiamo problema di scarsità di prodotti ma è chiaro che se continua così, con un accaparramento indiscriminato e con il dilagare della paura, gli scaffali faticheremo a riempirli. Io non posso impedire alle persone di acquistare, posso solo mettere un limite ma è molto relativo“, ha spiegato ai microfoni di Fanpage.it il direttore di un supermercato della zona del Vomero.
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di Gabriele Nostro
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