Disponibile su Netflix dal 18 agosto, “Tekken: Bloodline” è un anime basato sul famoso picchiaduro Bandai Namco. Il cast vocale della serie è formato da Kaiji Tang, S. Hiroshi Watanabe, Todd Haberkorn, Faye Mata, Jamieson Price e Krizz Kaliko. La serie è diretta da Yoshikazu Miyao.
Uno dei picchiaduro più giocati e amati in tutto il mondo, ritorna in forma animata. Adattando con le dovute modifiche la storia del terzo capitolo della saga videoludica, “Tekken: Bloodline” nel corso dei suoi 6 episodi, porta su schermo l’inizio della faida tra Jin Kazama e la famiglia Mishima. Oltre a raccontare in modo molto semplice la storyline principale della saga videoludica, l’anime targato Netflix offre numerose chicche visive che faranno felici i videogiocatori. Nonostante questo, la serie diretta da Yoshikazu Miyao è lontana dall’essere perfetta, complice una scrittura che non sviluppa al meglio il tutto e la presenza di altri protagonisti del videogioco ridotti a meri cameo.
Dopo che sua madre Jun viene attaccata ferocemente dal demone Ogre, Jin Kazama (Kaiji Tang) raggiunge suo nonno Heihachi Mishima (S. Hiroshi Watanabe). Qui il giovane imparerà lo stile di combattimento dei Mishima per poter affrontare e sconfiggere il demone che ha tolto la vita a sua madre. Dopo 4 anni di duro addestramento, Jin partecipa al torneo organizzato da suo nonno: il King of Iron Fist Tournament. Sarà proprio questa occasione che permetterà al ragazzo di capire sé stesso e attirare l’attenzione del suo acerrimo nemico.
“Tekken: Bloodline” mette in scena un racconto pieno di combattimenti, fedeli alla controparte videoludica, e una sfilata di personaggi direttamente dal titolo per console. Nonostante la sua essenza di prodotto per i fan, la serie con la sua breve durata non è esente da difetti. Con una storia molto semplice e approssimativa, l’aspetto narrativo che con un medium differente come il piccolo schermo poteva offrire margini di sviluppo, non viene sfruttato al meglio.
Ogni episodio inizia con questa domanda e i protagonisti che se la pongono. Il fulcro della storia infatti è la vendetta. Ogni partecipante del torneo del pugno d’acciaio, ha la sua storia. I fan del picchiaduro conoscono bene cosa tormenta i vari lottatori, ma uno spettatore estraneo al mondo di “Tekken”, potrebbe trovarsi davanti ad un prodotto incompleto. Nonostante il potenziale narrativo, lo show non riesce mai a prendere il volo, relegando le storie e lo sviluppo di queste a semplice contorno o easter egg per i fan più accaniti. Le dinamiche più interessanti, su tutte l’iconica faida familiare presente in tutti e sette i capitoli principali della saga videoludica, non vengono sviluppate al meglio.
Il rapporto tra Heihachi e Jin, è molto approssimativo, raccontando velocemente l’addestramento ricevuto dal giovane e la scomparsa di suo padre: Kazuya Mishima. La presenza marginale e solo nei flashback di Kazuya è ben giustificata e apre le porte alla seconda stagione della serie, dove lo scontro si sposterà tra padre e figlio. Ma appunto a far storcere il naso, è lo spazio dedicato ai vari protagonisti del videogioco. Per quanto siano fedeli nel design, alcuni di loro riprendono il look del settimo capitolo, lo spazio dedicato alle loro storie è pari a zero.
“Tekken: Bloodline” non aveva solo la possibilità di poter raccontare al meglio la faida dei Mishima, ma attraverso questa, poteva parlare dei vari partecipanti del torneo. Ognuno di loro ha le sue motivazioni e per alcuni di questi è la vendetta nei confronti di Heihachi. Sarebbe stato potenzialmente interessante aumentare il numero degli episodi e attraverso le storie dei vari partecipanti al torneo, Jin avrebbe compreso in modo più efficace e drammatico la morale e le azioni del suo duro nonno.
Invece la storia della serie, attraverso la new entry del settimo capitolo Leroy Smith e Julia Chang, porta Kazama a scoprire le azioni discutibili dietro il potere di Heihachi, portando così all’inizio della guerra fra i due. Mentre il resto dei personaggi, da Xiaoyu a Hwoarang e per finire Paul, sono ridotti a pochi dialoghi. Sorte peggiore tocca al resto dei partecipanti del torneo, come ad esempio Anna Williams e Kuma, che avrebbero potuto regalare dei momenti iconici del videogioco in forma animata.
Il punto di forza di “Tekken: Bloodline” sono le sue numerose sequenze di combattimento. Questa infatti, oltre ad essere visivamente ottime, riproducono fedelmente le combo dei vari lottatori del videogioco. Questa fedeltà non rende solo felici i fan, ma offre degli ottimi combattimenti ben animati e visivamente spettacolari. A essere meno gradevole però, è la scelta dello stile dei disegni. I personaggi non sono completamente convincenti sotto il punto di vista del design e a complicare le cose ci pensa l’effetto delle ombre utilizzato in fase di animazione.
Questo effetto inerente l’illuminazione delle varie immagini, si distacca completamente da tutto il resto, offrendo solo in questi momenti un effetto molto posticcio. Ma nonostante questa criticità difficile da notare se presi dal racconto, “Tekken: Bloodline” è un prodotto animato di qualità e molto forte nelle sequenze di combattimento, riportando al meglio su schermo l’essenza dell’iconico picchiaduro Bandai Namco.
“Tekken: Bloodline” con questa breve prima stagione, non è assolutamente il prodotto perfetto per rappresentare l’iconico videogioco. Nonostante questo, la serie intrattiene, diverte con i suoi combattimenti che riproducono fedelmente le combo dei vari lottatori del titolo e offre un prodotto fedele ai fan. La scrittura non è delle migliori, portando su schermo un prodotto molto basilare sotto questo punto di vista, vanificando così il potenziale che la serie avrebbe potuto avere su schermo.
Le animazioni sono ottime, soprattutto nei combattimenti, e a dividere sicuramente i fan è il design dei personaggi. L’unica pecca su lato animazioni, è inerente la gestione delle ombre in alcuni punti dei vari episodi, dove è evidente una sorta di taglio sui personaggi in scena. Nel complesso, “Tekken: Bloodline” è un prodotto che farà felici i fan della saga videoludica e per chi cerca una serie animata dove oltre alle botte si può trovare una storia ben sviluppata, è nel posto sbagliato.
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