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Westworld S04, la recensione: l’inizio della fine del mondo

di Gabriele Di Nuovo

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Conclusa il 15 agosto su HBO e Now TV in Italia, “Westworld” giunge alla quarta stagione. Il cast della serie vede il ritorno di Evan Rachel Wood, Tessa Thompson, Ed Harris, Jeffrey Wright, Thandiwe Newton, Aaron Paul e James Marsden. Tra le new entry del cast della nuova stagione troviamo Ariana DeBose, Aurora Perrineau e Daniel Wu. La serie è creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy, ancora una volta nelle vesti di showrunner.

Dopo una terza stagione con dei spunti interessanti non sfruttati al meglio, “Westworld” ritorna dopo due anni sui nostri schermi con degli episodi che riprendono il tono e le ambientazioni della stagione passata, ma con un occhio verso il passato. Jonathan Nolan e Lisa Joy portano in scena dei volti familiari e attraverso loro, il mistero e l’intrigo che ha contraddistinto le prime due stagioni dello show di HBO. Il “ritorno al passato” ha funzionato a riportare lo show ai fasti di un tempo? La risposta non è completamente positiva, complice anche un finale di serie semplice e discutibile sotto ogni punto di vista.

Un nuovo mondo

Dopo gli eventi della terza stagione, l’umanità si è trovata ad affrontare un conflitto su larga scala per poter consolidare il proprio libero arbitrio. Successivamente alla guerra, scopriamo le sorti e i piani dei protagonisti della serie. Da una parte abbiamo Charlotte Hale (Tessa Thompson) pronta a tutto pur di portare al termine il suo piano di conquista. Dall’altra troviamo invece Bernard (Jeffrey Wright) con un suo piano per poter fermare l’apocalisse. Apocalisse che porterà all’estinzione non solo dell’umanità, ma anche a quella degli androidi non più residenti dei parchi della Delos.

Da queste premesse, la quarta stagione di “Westworld” mette le basi per una vera e propria fine del mondo, riportando anche in scena Evan Rachel Wood nei panni di Christina, un personaggio più simile che mai alla Dolores conosciuta nelle stagioni passate. Inoltre, come è possibile vedere dal cast della serie, tutti i protagonisti ritornano per questo che forse può definirsi il finale di serie, complice la fine dell’ottavo e ultimo episodio e gli scarsi ascolti negli USA.

Una stagione inutilmente complessa

Nel tentativo di riportare lo show ai livelli delle prime due stagioni, dopo le critiche ricevute per la sperimentale terza stagione, “Westworld” riporta in scena le linee temporali sovrapposte. Sin dai primi due episodi, questa scelta è ben evidente, riportando così alla memoria dei spettatori le prime due stagioni. Ma tutto questo funziona? La risposta è un secco no. Se nell’esecuzione il mistero e l’intrigo dietro il piano della Hale e la minaccia di un’apocalisse atipica è dietro l’angolo, a non funzionare è l’intreccio nella sua interezza. Il combinare le varie storyline, che porteranno poi al finale di serie, consegnano allo spettatore un prodotto superiore alla terza stagione, ma una copia fatta in fretta e furia delle stagioni iniziali dello show.

 

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A essere vittima sacrificale di questa scelta è la filosofia. Nei primi episodi della serie, questa è sempre stata parte integrante della storia, offrendo alcuni dei dialoghi più belli degli ultimi anni sul piccolo schermo. Oltre ai dialoghi, la filosofia si muoveva all’unisono con gli eventi della serie, mettendo in scena dei paralleli reali e crudi, offrendo spunti di riflessione come l’ottima fantascienza racconta su carta e non solo da anni. La quarta stagione di “Westworld” ci prova a riportare in auge queste atmosfere, cadendo però in forzature e banalità in quello che sarebbe potuto essere un racconto più crudo e critico nei confronti della società attuale.

Il ritorno di un grandissimo cast per il piccolo schermo

Uno dei punti di forza sin dalla prima stagione di “Westworld”, è il suo cast all-star. Infatti, ancora una volta, tutti gli attori protagonisti portano su schermo la migliore performance possibile. Possibile perché la scrittura dei loro personaggi, è pesantemente penalizzata dal racconto. Questo offre sì delle ottime interpretazioni, ma incomplete a causa del lavoro di scrittura svolto dagli sceneggiatori dei vari episodi. Se Ed Harris, Jeffrey Wright e Tessa Thompson non deludono, a deludere sono alcune new entry di questa quarta stagione. A prevalere su questi, è Aurora Perrineau.

Per quanto il suo personaggio non sia tra i migliori in assoluto introdotti nel corso delle quattro stagioni dello show, l’attrice non riesce a portare su schermo un’interpretazione valida e al livello dei suoi coprotagonisti. Se, come per i regular, la scrittura non è delle migliori, la Perrineau non aggiunge un minimo di valore al suo personaggio che dovrebbe essere il più empatico di tutta la storia. La sua interpretazione è piatta e anonima, decisamente inferiore al resto del cast. Fortunatamente, “Westworld” non ha perso il suo tocco registico.

Due aspetti agli estremi opposti: regia e scrittura

“Westworld” mette in evidenza con questa quarta stagione un’ottima regia e allo stesso tempo, una scrittura confusionaria e senza una vera identità. Se da una parte troviamo degli episodi ben diretti, con la colonna sonora del solito e impeccabile Ramin Djawadi a fare da contorno, dall’altra vediamo un lavoro di scrittura che cerca di tornare al passato e abbracciando il futuro, fallendo. La gestione del Sublime, la realtà in cui molti host vivono dopo il finale della seconda stagione, sembra essere stata introdotta solo per collegare il tutto al passato e portare all’anti climatico scontro finale. Oltre questo, il twist dietro il “nuovo” personaggio di Evan Rachel Wood è prevedibile e estremizza troppo il concetto della fantascienza, giocando la classica carta del predestinato.

 

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Inoltre le situazioni e l’approfondimento dei vari personaggi viene ridotto fino all’osso, tanto da non comprendere del tutto le varie azioni commesse da loro. L’unica eccezione riguarda William, interpretato da Ed Harris, che è l’unico a mostrare una vera coerenza narrativa e uno sviluppo nel corso della stagione. Questo conferma che l’Uomo in nero ancora una volta fa centro e si mostra come il miglior personaggio della serie. Nonostante questo, “Westworld” non riesce a tornare ai livelli delle prime due stagioni, regalando forse una stagione conclusiva molto veloce e semplice, eliminando tutti i concetti e le riflessioni presenti in passato.

Considerazioni finali

“Westworld” stagione 4 è un passo avanti rispetto la terza e dieci dietro le prime due stagioni. Nonostante le ispirazioni siano date da quest’ultime, lo show di Jonathan Nolan e Lisa Joy non riesce a centrare il bersaglio. Il cast principale è sempre ottimo, nonostante la scrittura dei loro personaggi vacilli. A deludere sono le new entry che tra scarso minutaggio e interpretazioni al di sotto del livello qualitativo dello show, non offrono nulla di fresco e positivo alla serie. A essere ancora una volta di livello sono la regia, la musica di Ramin Djawadi e la scrittura di William interpretato da Ed Harris. Con una sceneggiatura poco coraggiosa e inutilmente complessa, “Westworld” molto probabilmente è arrivata all’uscita del proprio labirinto, concludendo in modo anonimo e quasi silenzioso quello che per HBO sarebbe dovuto essere il post “Game of Thrones”.

Pro

  • Le interpretazioni del cast principale presente sin dal primo episodio;
  • La regia e la musica di Djawadi;
  • Il lavoro svolto sul personaggio interpretato da Ed Harris.

Contro

  • Le new entry, su tutti Aurora Perrineau;
  • Il ritorno al passato che ha consegnato uno sviluppo anonimo e conclusivo per uno dei show con più potenziale degli ultimi anni;
  • Un finale rapido e semplice.

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