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Resident Evil: La serie, la recensione: dimenticare le proprie origini

Dal 14 luglio su Netflix, “Resident Evil: La serie” è una serie basata sull’omonimo videogioco Capcom. Il cast è formato da Ella Balinska, Tamara Smart, Siena Agudong, Adeline Rudolph, Paola Núñez e Lance Reddick. Lo show è ideato da Andrew Dabb.

Dopo il nuovo adattamento cinematografico arrivato al cinema lo scorso novembre (trovate qui la nostra recensione), la saga di “Resident Evil” ritorna sui nostri schermi con la sua prima serie in live action. Nonostante alcune trovate interessanti, la serie ideata da Andrew Dabb è un completo disastro. Non soltanto la natura del racconto è distante da quello della saga videoludica, ma alcuni punti del canone decisamente non quadrano con quanto raccontato nello show. Negli ultimi tempi abbiamo potuto vedere degli adattamenti su schermo di numerosi franchise videoludici, mostrando una certa ripresa nelle loro trasposizioni cinematografiche. “Resident Evil: La serie” è un enorme passo indietro rispetto a quanto visto soprattutto in questo 2022.

Benvenuti a New Raccoon City

2022. Billie (Adeline Rudolph) e Jade (Tamara Smart) si trasferiscono insieme a loro padre Albert Wesker (Lance Reddick) a New Raccoon City. Situata in Sud Africa, la nuova città di proprietà della Umbrella Corporation, sviluppa Joy, una pillola che combatte l’ansia e la depressione. Ma niente è come sembra. 2036. Una ormai adulta Jade (Ella Balinska), in un mondo devastato da una apocalisse zombie, studia il comportamento del virus mentre è braccata dalla Umbrella. Il raccontare le due linee temporali è cruciale per la comprensione dell’intera storia e di cosa ha portato agli eventi del 2036.

“Resident Evil: La serie” porta il franchise videoludico, o almeno ci prova, in nuovi territori inesplorati. Questo infatti porterà a stravolgere in parte il canone della serie e allo stesso tempo, collegarlo in modo sorprendente e discutibile a quest’ultimo. Ma se credete che l’unico problema dello show di Andrew Dabb sia la questione della canonicità di personaggi e eventi, siete sulla strada sbagliata. Infatti la serie non solo genera delle incomprensioni con la storia del videogioco, ma ha un enorme problema: l’intero progetto.

Dimenticare le proprie origini

“Resident Evil: La serie” sembra dimenticare completamente non solo il materiale originale, ma il suo genere. La saga videoludica è un survival horror, quindi con un proprio tono. Nonostante gli ultimi capitoli abbiano preso strade differenti, passando da un gameplay più action fino a tornare al passato con il settimo e l’ottavo capitolo, la serie prende una strada inedita e completamente sbagliata per la saga. L’intera sezione ambientata nel 2022, porta su schermo per la maggior parte del suo minutaggio, il più classico e pieno di cliché teen drama. I caratteri opposti delle sorelle Wesker e il loro conflitto perenne per l’intera serie, sono l’apoteosi di questa scrittura svogliata, scialba e che non rende giustizia ad un titolo che ha fan in tutto il mondo. Vi starete sicuramente chiedendo, ma chi è estraneo al franchise, può apprezzare questo tono? La risposta è assolutamente no.

 

 

Anche se si è estranei al mondo di “Resident Evil”, la gestione teen è discutibile, prevedibile, e porta la serie a dilungarsi più del previsto. Questo perché la linea temporale “passata” ha dalla sua elementi che rendono la storia intrigante e collegata alla saga videoludica, ma su questo punto ci ritorneremo successivamente. Mentre il 2036, come anche determinati elementi del 2022, ha molto potenziale. Raccontando un mondo post apocalittico, sarebbe stato interessante un approfondimento più ampio a riguardo. La serie però si limita a mostrarci le gesta di una “immortale” Jade e dei suoi problemi familiari. Tutte queste dinamiche non portano all’interno della storia momenti terrificanti. Nonostante alcune situazioni, questi momenti non spaventano, anzi tendono molto al genere action, perdendo così il fascino che da sempre contraddistingue la saga videoludica.

Una sceneggiatura terrificante

Come evidenziato in precedenza, la gestione dei toni della serie è decisamente fuori luogo per quello che rappresenta la saga di Capcom nel mondo dei videogiochi. Ma a peggiorare il tutto, ci pensa una sceneggiatura terrificante. Terrificante non di certo inteso per momenti horror. Il vero orrore è la scrittura della storia, dei personaggi e dei dialoghi. La storia si muove su binari molto semplici e nonostante questo regala alcuni momenti no sense e (strano ma vero, si usa un termine del genere all’interno delle recensioni) cringe. Complice una colonna sonora che utilizza tanta musica pop degli ultimi anni, non solo “Resident Evil: La serie” nelle sequenze ambientate nel 2022 è un teen drama a tutto tondo, ma offre all’udito musica che rimanda alla peggior serie realizzata da network televisivi come The CW.

Se avrete il coraggio di procedere alla visione di questa serie, nel 2036 aspettatevi una sequenza così disturbante che i balli di Peter Parker in “Spider-Man 3” e Milo in “Morbius”, vi sembreranno storia del cinema e parti integranti della narrazione delle loro pellicole. Tutto questo è condito da dei dialoghi che definire prevedibili è dire poco. Se questi sono decisamente pessimi, la causa risiede nella scrittura dei protagonisti. Nonostante il cast si impegni molto, dove abbiamo un Lance Reddick che nei panni di questo Albert Wesker “differente” funziona molto bene, nemmeno loro riescono a salvare un progetto che ha numerosi problemi di fondo sin dal principio. Se i problemi sono numerosi e ve li abbiamo evidenziati senza farvi numerosi spoiler, arriviamo a parlare finalmente dei collegamenti di “Resident Evil: La serie” al canone videoludico.

“Resident Evil: La serie”: quanto è canonico lo show?

“Resident Evil: La serie” è uno show problematico per i fan della saga e non solo. Nonostante questo, all’interno degli 8 episodi che compongono il progetto, scopriamo numerosi collegamenti con la saga videoludica. Ma sono integrati bene all’interno del racconto? Nonostante i problemi di fondo della serie, molti elementi della storia del videogioco, ritornano in “Resident Evil: La serie”. L’incidente di Raccoon City del 1998 e un evento importante che non spoileriamo per non rovinarvi la sorpresa, sono non solo citati, ma fanno parte della narrazione dello show. Queste citazioni portano la serie ideata da Dabb all’interno del canone a tutti gli effetti.

 

 

In tutto questo però, sono evidenti delle mancanze. Per chi ha giocato l’intera saga su console, sa bene che la Umbrella non ha avuto vita facile grazie ai protagonisti utilizzati dai videogiocatori. Questo però non ferma l’azienda che si ritrova con un nuovo status quo nel 2022 e le minacce rappresentate da Chris Redfield e gli altri personaggi, non esistono. Nessuna menzione agli eroi della saga e tanto di meno all’unica organizzazione che post eventi 1998 si è opposta alle armi bio organiche della compagnia: la BSAA. Questo mostra come gli sceneggiatori della serie abbiano sfruttato il brand per creare una zombie story autonoma, citando in parte il videogioco, dimenticandosi però dei veri nemici della Umbrella.

Un comparto tecnico non di livello

Negli ultimi tempi, Netflix ci ha abituato a prodotti di altissima qualità sotto il punto di vista tecnico. Basti pensare alla quarta stagione di “Stranger Things” arrivata di recente sulla piattaforma. “Resident Evil: La serie”, non solo presenta numerosi problemi come evidenziato in precedenza, ma mostra un comparto tecnico vecchio di ben 10 anni rispetto all’anno di uscita dello show. Non solo una CGI traballante, in alcuni momenti molto brutta da vedere, ma anche dei costumi a dir poco obsoleti. Le tenute da combattimento delle forze speciali della Umbrella, sembrano essere costumi realizzati da cosplayer di seconda/terza fascia.

 

 

Se la CGI spesso traballa, a salvare e dare una sorta di dignità a “Resident Evil: La serie”, ci pensano la regia e la fotografia. Questi due elementi fortunatamente, riescono ad emergere in una scrittura e dei costumi terribili, regalando alcune sequenze interessanti e ben girate. Infine ovviamente non possiamo che trattare del design dei mostri iconici della saga. Se il trucco dei zombie non rende benissimo, il design del Licker, del Cerberus e del famoso coccodrillo del secondo capitolo che ritorna in modo inaspettato nella serie, sono davvero ottimi. A peccare però, è la loro CGI.

Considerazioni finali

“Resident Evil: La serie” è un completo disastro. Nonostante una regia, una fotografia e un cast che si impegna, la serie crolla sotto ogni punto di vista. Il dividere la narrazione in due linee temporali differenti per comprendere al meglio la storia, è interessante. Questo però non impedisce allo show di trasformarsi per la maggior parte degli 8 episodi in un teen drama mal scritto e con tanta musica pop al suo interno.  Non solo rende banale il conflitto tra le protagoniste, ma porta la serie su lidi alquanto discutibili, rendendola non godibile a tutto il pubblico, fan della saga e non. I riferimenti al canone del videogioco sono gestiti in parte bene.

Ma nonostante questo, il collegare gli eventi narrati nello show al videogioco, crea delle discrepanze non da poco. In conclusione, “Resident Evil: La serie” è un progetto fallimentare che porta indietro di anni gli adattamenti videoludici su schermo, offrendo un prodotto con una identità completamente errata.

Pro

  • La regia e la fotografia degli episodi;
  • L’intero cast, su tutti Lance Reddick.

Contro

  • La scrittura a dir poco terribile di dialoghi e personaggi;
  • Il rendere predominate il tono teen e la musica pop, con quest’ultima che offre su schermo una delle scene più no sense della storia del piccolo schermo;
  • Il non riuscire a collegare al meglio la serie al canone videoludico;
  • Costumi e CGI traballanti e non certo di livello.

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Ecco a voi alcune delle nostre ultime recensioni:

 

Gabriele Di Nuovo

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