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“Red Bull non mette la ali”: quando il colosso austriaco fu condannato per “pubblicità ingannevole”

di Antonio Stiuso

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Il 16 gennaio del 2013, un cittadino statunitense intentò una causa contro la Red Bull. Il colosso di Salisburgo venne accusato di pubblicità ingannevole perché, secondo lui, la bevanda non aveva in alcun modo aumentato le sue prestazioni psico-fisiche. Ecco la ricostruzione della vicenda.

Red Bull non mette le ali

Chiunque, almeno una volta, durante una sessione di esami particolarmente stressante, prima di un allenamento in palestra oppure di una partita a calcetto, ha pensato di bere una Red Bull per sentirsi più in forma; ebbene, stando ai fatti, non ci sarebbe alcuna evidenza scientifica che dimostri che Red Bull “ti mette le ali”. Proprio per questo l’azienda austriaca, nel lontano 2013, fu chiamata in causa per risarcire i consumatori.

Il 16 gennaio del 2013 un cittadino statunitense, Benjamin Careathers, decise di iniziare una causa contro la società austriaca per pubblicità ingannevole. La sua accusa derivava dal fatto che l’azienda avesse fatto credere da sempre che la propria bevanda potesse migliorare le prestazioni psico-fisiche di chi la consuma, grazie al famoso spot pubblicitario “Red Bull ti mette le ali“.

Red Bull (@Shutterstock)

Il risarcimento

Quello di Benjamin, ovviamente, non era un caso isolato; secondo quanto riportato da Consumerist, infatti, diverse persone avevano già fatto causa al colosso di Salisburgo per lo stesso motivo. In questo caso, però, le argomentazioni erano molto più dettagliate, riguardando nello specifico la quantità di caffeina contenuta nell’energy drink: una lattina di Red Bull contiene 80mg di caffeina, più o meno quanto una tazzina di caffè espresso.

Il giudice ha così accettato le motivazioni di Benjamin; la società quindi, per evitare una class action, ha accettato di pagare un risarcimento, fino a un massimo di 13 milioni di dollari, a tutti quelli che avessero consumato la bevanda tra il 2002 e il 2014. Tutti i consumatori rientranti in questo lasso di tempo, potevano richiedere come risarcimento un rimborso di 10 dollari in contanti oppure di 15 dollari in prodotti Red Bull, fino al raggiungimento del limite di 13 milioni di dollari; questo significa che se i consumatori fossero stati 13 milioni il risarcimento sarebbe stato di 1 dollaro a testa.

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