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Operation Fortune, la recensione: lo spy movie secondo Guy Ritchie

di Gabriele Di Nuovo

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Dal 6 aprile disponibile in formato fisico e dal 17 aprile su Sky Cinema, “Operation Fortune” è un film diretto da Guy Ritchie. Il cast della pellicola è formato da Jason Statham, Aubrey Plaza, Josh Hartnett, Bugzy Malone, Cary Elwes e Hugh Grant.

Con un ritardo di un anno dovuto ad alcune modifiche alle pellicola a causa del conflitto in Ucraina, finalmente lo spy action “Operation Fortune” di Guy Ritchie arriva sui nostri schermi. Se negli Stati Uniti la pellicola è stata brevemente distribuita in sala per poi arrivare in formato fisico e digitale, in Italia il film arriva in formato fisico e subito dopo in prima visione su Sky Cinema. Dopo aver portato su schermo “Wrath of Man” insieme all’amico Jason Statham, i due tornano a collaborare in “Operation Fortune”.

Questo non è il primo approccio al mondo dello spionaggio da parte del regista; infatti Ritchie ha diretto nel 2015 “Operazione U.N.C.L.E.”, adattamento cinematografico della omonima serie televisiva. “Operation Fortune” invece offre al regista un mondo e dei personaggi creati da zero dove può adottare il suo stile che lo ha reso celebre all’inizio della carriera. Ma lo spionaggio combinato ai dialoghi e allo stile british di Ritchie sono una formula vincente? La risposta a questa domanda è più complessa di quello che crediate…

Una missione da “star del cinema”

La superspia Orson Fortune (Jason Statham) viene reclutata da un’associazione mondiale di controspionaggio per cercare di sventare la vendita di una potentissima e oscura arma tecnologica, detta “la maniglia”, che minaccia di sovvertire l’ordine del pianeta, in possesso del ricchissimo trafficante d’armi Greg Simmonds (Hugh Grant). Insieme ad alcuni dei migliori agenti del mondo (Aubrey Plaza, Cary Elwes, Bugzy Malone), Fortune e la sua banda reclutano la più grande star del cinema di Hollywood Danny Francesco (Josh Hartnett). La presenza dell’attore nel loro team permetterà a Orson di avvicinarsi a Simmonds e scoprire chi è l’acquirente della pericolosa arma. Evidente sin dalle sue prime immagini e dalla trama, “Operation Fortune” cerca di distaccarsi dal classico canone del genere spy.

Sfortunatamente la pellicola diretta da Guy Ritchie non riesce in questo intento e oltre a consegnarci un film basilare nel suo genere, “Operation Fortune” non riesce ad avere un suo vero e proprio DNA. Questo è evidente nel tono della pellicola che passa dal classico spy story all’umorismo inglese che caratterizza i lavori più celebri del regista. Inoltre il racconto mette tra le propria fondamenta la dinamica del “pesce fuor d’acqua” interpretato da Josh Hartnett. In parte non sorprende la sua gestione alquanto discutibile nelle dinamiche del racconto, rendendo di fatto “Operation Fortune” un prodotto confusionario da un punto di vista del tono narrativo.

Saltare da un tono all’altro

Quello che sarebbe dovuto essere un pro, si è invece rivelato un contro in “Operation Fortune”. La gestione altalenante del tono, problema già presente nel lavoro precedente del regista, ritorna in modo prepotente anche nella prima (?) missione di Orson Fortune. Il passare dalla più classica delle spy story, che si rivelerà “vecchia” agli occhi dello spettatore, alla commedia fatta da umorismo inglese e dinamiche mai esplose su schermo, rendono non solo un’incognita lo spirito del racconto, ma offrono allo spettatore una pellicola con un ritmo insolito per il suo genere di appartenenza. Se la spy story nella sua semplicità che parte dalle situazioni presentate, per arrivare poi al colpo di scena di finale, funziona complessivamente bene, dall’altra abbiamo un tono che sfocia fin troppo nella commedia in alcuni momenti.

 

operation fortune

 

Chi conosce bene la filmografia di Guy Ritchie, sa che la maggior parte delle sue pellicole sono intrise di un umorismo british. Basti pensare a “Snatch” e “RocknRolla”, il tono delle storie londinesi underground presenta un umorismo tagliente. Umorismo che “Operation Fortune” cerca di far emergere attraverso i suoi vari personaggi, tanto da creare una contrapposizione con la hacker interpretata da Audrey Plaza, che sfrutta la sua esperienza nel settore della commedia per rendere al meglio il suo personaggio. Inoltre la presenza di un personaggio completamente fuori dal contesto dello spionaggio, non viene sfruttata al meglio vanificando una dinamica molto divertente e che avrebbe donato alla pellicola un fascino differente.

Una galleria di personaggi “familiare”

“Operation Fortune”, come già ricordato in precedenza, è uno spy movie. Questo è evidente sin da subito dalla galleria dei suoi personaggi. Abbiamo la super spia interpretata da Jason Statham, con una passione per gli aerei privati e il vino pregiato che lui stesso definisce “medicine”. Oltre alla spia, troviamo il tuttofare della squadra interpretato da Bugzy Malone e la hacker americana dallo spiccato senso dell’umorismo interpretata da Aubrey Plaza. Questo trio si troverà ad usare come cavallo di troia l’attore di Hollywood Danny Francesco interpretato da Josh Hartnett. Le dinamiche tra Danny e il resto del team in apparenza sembrerebbero essere un punto di forza del racconto, ma la pellicola non riesce a mettere in risalto al meglio il lato umoristico della pellicola. Oltre a penalizzare il tono del racconto come scritto sopra, rende i protagonisti molto semplici nella loro rappresentazione.

Se la semplicità in alcuni casi è utile per confezionare un prodotto di livello, in “Operation Fortune” sfortunatamente non è così. Se le intenzioni di Guy Ritchie erano quelle di realizzare un racconto spy action con le atmosfere dei suoi lavori più noti, a stonare del tutto è proprio la costruzione fin troppo semplice dei suoi protagonisti che non funziona al meglio in questo contesto. Fortunatamente gli attori danno il massimo e riescono a brillare nei rispettivi ruoli. La chimica tra Statham e Plaza funziona al meglio e Hugh Grant in veste di villain, diverte ancora una volta dopo il film di D&D (trovate qui la nostra recensione). Josh Hartnett fa il possibile per offrire la migliore interpretazione possibile, ma complice una sceneggiatura che soffre i problemi evidenziati, non rende al meglio nel suo ruolo di superstar hollywoodiana coinvolta in un intrigo internazionale.

Guy Ritchie è pur sempre Guy Ritchie

Se il nuovo film di Guy Ritchie non rientra assolutamente tra i suoi migliori lavori sotto l’aspetto narrativo, il lato tecnico invece dice l’esatto opposto. “Operation Fortune” presenta un’ottima regia e un buonissimo montaggio che rende il ritmo della pellicola incalzante. Al netto delle pecche evidenziate nei paragrafi precedenti, lo spy movie del regista inglese riesce ad intrattenere al meglio lo spettatore e anche a divertirlo. Le quasi due ore di durata sono portate su schermo con un ottimo lavoro svolto da Ritchie che tira fuori tutta la sua esperienza. Anche le sequenze d’azione si rivelano sorprendentemente valide, con tanto di inseguimento in auto ben girato. Inoltre sorprende anche l’utilizzo dei VFX. Tallone d’Achille di tantissime grandi produzioni degli ultimi anni, gli effetti visivi di “Operation Fortune” si rivelano molto solidi, non rovinando così le sequenze più concitate della pellicola.

 

operation fortune

 

Tante produzioni usano i VFX per sequenze di grande impatto visivo e molto spesso il pubblico si è trovato davanti a lavori non impeccabili. Gli effetti visivi sono importanti nella resa finale di un prodotto e abusarne, portando a non ottenere risultati ottimali, rovina in parte l’esperienza visiva del prodotto. “Operation Fortune” non è il film che rivoluziona il genere in questo campo, però essere dinanzi ad una produzione a medio budget che sfrutta al massimo i propri mezzi senza mostrare evidenti criticità, è un pregio assolutamente da segnalare ed elogiare. Il merito di questo ottimo lavoro dietro le quinte non va solo all’esperienza di Guy Ritchie, ma all’intero team che ha svolto un grande lavoro, tanto da sopperire alle imperfezioni presenti in sceneggiatura e nell’idea della storia dello stesso regista della pellicola.

Considerazioni finali

“Operation Fortune” è una pellicola che non riesce al meglio nelle intenzioni nate dalla mente di Guy Ritchie. Sfruttando i classici personaggi da spy movie e combinandoli con l’umorismo delle pellicole iconiche del regista inglese e un imprevisto da “cinema”, il film non riesce del tutto nei suoi intenti. Nonostante un buon ritmo e il suo riuscire ad intrattenere lo spettatore al netto dei problemi di tono, “Operation Fortune” non riesce ad essere completamente quello che avrebbe voluto Ritchie. La sceneggiatura non riesce a brillare di freschezza, quindi non rivoluzionando un genere, ma il suo cast invece riesce a funzionare al meglio. Jason Statham funziona molto bene in veste di superspia e Hugh Grant ancora una volta nei panni del cattivo si diverte e diverte lo spettatore.

A non funzionare al meglio e nemmeno per sue colpe, è Josh Hartnett. Il personaggio interpretato dall’attore dovrebbe essere il pilastro della dinamica inedita nel genere spy, ma a causa di una sceneggiatura che non bilancia il tutto, questa “danneggia” la performance dell’attore. Infine arriviamo all’ottimo lavoro svolto dietro le quinte, a partire dalla regia di Guy Ritchie per arrivare poi ai VFX davvero buoni presenti nel film. Nel complesso “Operation Fortune” è una pellicola di puro intrattenimento dove per quasi due ore riesce a portare al termine nel suo compito, al netto di una sceneggiatura che cerca di essere rivoluzionaria per rivelarsi poi un qualcosa di già visto nel genere spy.

Pro

  • Le interpretazioni del cast, su tutti Statham e Grant;
  • L’intero lavoro svolto nel dietro le quinte, dalla regia fino ad arrivare al buon utilizzo dei VFX;
  • Il ritmo della pellicola che riesce ad intrattenere il pubblico.

Contro

  • Il combinare più elementi che sembrerebbero non funzionare con lo spy movie, rendendo il tono della pellicola quasi confusionario;
  • La scrittura dei personaggi è molto semplice, consolidando la sua natura da classico spy movie;
  • Nonostante le intenzioni, “Operation Fortune” non rivoluziona il genere consegnando una pellicola godibile, ma dimenticabile.

 

 

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