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Euphoria, la recensione: un teen drama differente

di Gabriele Di Nuovo

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Con la seconda stagione conclusa il 28 febbraio su Sky e Now TV, “Euphoria” è una serie creata e diretta da Sam Levinson. Nel cast troviamo Zendaya, Hunter Schafer, Jacob Elordi, Sydney Sweeney, Alexa Demie e Colman Domingo.

Remake USA della miniserie omonima israeliana, “Euphoria” è una serie HBO ideata da Sam Levinson. Vincitrice di un Emmy nel 2020 grazie alla performance di Zendaya, il lavoro di Levinson si pone di prepotenza tra i migliori prodotti televisivi degli ultimi anni. Con un tocco autoriale e crudo, la serie tratta tanti temi che toccano gli adolescenti in modo completamente inedito. Ma se non siamo davanti al solito teen drama, “Euphoria” è un prodotto per tutti o solo per un determinato target di pubblico?

Classici problemi adolescenziali ma…

La serie nel corso delle due stagioni segue la storia di alcuni studenti di una scuola superiore e i loro vari problemi. La storia principalmente verte su Rue Bennett (Zendaya), di ritorno a casa dopo tre mesi trascorsi in riabilitazione a causa del suo rapporto con la droga. Ma oltre a seguire la ripresa di Rue e il rischio di una ricaduta, lo spettatore conoscerà le vite di altri ragazzi con i loro problemi. Attraverso la protagonista, Nate (Jacob Elordi), Cassie (Sydney Sweeney), Maddy (Alexa Demie) e la nuova arrivata Jules (Hunter Schafer), scopriremo le ripercussioni che avranno sulle loro vite amore, sesso, droga e violenza.

Ed è proprio affrontando questi temi “Euphoria” mette in scena un drama a tutti gli effetti, allontanando così l’elemento teen nonostante i suoi protagonisti. Ma se abbiamo una prima stagione di grandissimo livello sotto ogni fronte, a far crollare alcune certezze dietro il lavoro di Sam Levinson ci penseranno i due episodi bonus e la seconda stagione.

Una prima stagione di altissima qualità

La prima stagione di “Euphoria” mette in moto i vari racconti dedicando un episodio ad ognuno dei protagonisti. Questo lavoro decisamente semplice, si rivela funzionale a quello che è un racconto corale. Ogni personaggio si ritrova sullo stesso piano e nonostante i temi differenti che affrontano, la loro storia è importante quanto quella mostrata nell’episodio precedente.

L’importanza data a tutti i personaggi mette in scena un grandissimo lavoro di scrittura, che viene consolidato dalle interpretazioni del giovane cast. A completare il quadro ci pensa la regia e la fotografia. Questo rende la serie un prodotto completamente differente dai classici teen drama banali avuti su schermo negli anni passati. Ma tornando alla domanda iniziale: “Euphoria” è una serie per tutti?

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La risposta è si. Le motivazioni sono proprio dietro al come le varie tematiche vengono trattate all’interno degli episodi. Non è solo una serie che mostra la cruda verità ai giovani, rendendo il tutto così vicino a loro, ma è un prodotto che, grazie alla sua scrittura, può tenere alta l’attenzione anche lo spettatore fuori dal target principale. Infatti grazie a questi fattori, “Euphoria” raggiunge il successo globale e ottiene il rinnovo per una seconda stagione. Ma a causa della pandemia di Covid, il nuovo ciclo di episodi subisce dei ritardi e per attenuare l’attesa della nuova stagione, arrivano due episodi speciali.

Euphoria e i suoi special “superflui”

In attesa della seconda stagione, tra il 2020 e il 2021 troviamo due episodi speciali post finale di stagione dedicati ai personaggi di Rue e Jules, interpretati rispettivamente da Zendaya e Hunter Schafer. Gli special si riveleranno poco utili alla storia di tutta la serie, tanto che alcuni dettagli emersi non vengono nemmeno ripresi nel corso della seconda stagione. Nonostante la profondità dei temi trattati e le sempre ottime interpretazioni delle attrici, questo compromesso è il tallone di Achille della serie.

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Come per la serie, anche questi due episodi bonus sono di altissima qualità dal punto di vista tecnico. A risaltare però è l’episodio dedicato a Jules. Oltre ad essere la protagonista, Hunter Schafer ha esordito alla regia senza far rimpiangere il lavoro svolto da Levinson negli episodi principali. Evitando spoiler, finalmente passiamo a trattare l’attesissima seconda stagione di “Euphoria”. Ma nonostante il successo di ascolti e sui social, questa seconda stagione è coerente al lavoro di scrittura della precedente? La risposta è sfortunatamente negativa.

Una seconda stagione confusionaria

La seconda stagione di “Euphoria” riprende gli eventi circa due mesi dopo il finale degli episodi precedenti. Subito lo spettatore si ritroverà davanti a nuove dinamiche e personaggi noti della stagione precedente approfonditi. Ma oltre questo, facciamo la conoscenza di alcuni nuovi volti, su tutti Elliot (Dominic Fike). L’obiettivo dei nuovi personaggi è quello di dare nuovi stimoli alla serie, ma nonostante questo riescono in parte nel loro compito.

Come un cavallo di Troia, le new entry scombussolano le vite di alcuni protagonisti della serie, rivelandosi però personaggi senza una grande caratterizzazione. Ma i problemi dedicati alla scrittura non sono finiti in questa seconda stagione. Se il pregio della “prima parte” di “Euphoria” è il suo lavoro dedicato ai protagonisti e alla loro narrazione, nel corso dei nuovi 8 episodi siamo davanti ad uno sviluppo complessivo confusionario.

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La narrazione è lenta a causa di alcuni flashback, per poi velocizzarsi a metà stagione chiudendo storyline senza un motivo ben specifico e cambiare status quo di alcuni protagonisti. Ma a essere più evidente è il dimenticarsi di un determinato personaggio. Senza entrare nei dettagli, la sua presenza è cruciale nello stravolgere la vita di Rue e di conseguenza metterla in grosso pericolo. Dopo un episodio, questa storyline svanisce completamente senza alcuna spiegazione valida (giustificare con un cliffhanger o trovare un diversivo nella terza stagione non sarà una motivazione valida).

Ma nonostante questo, il lavoro in regia di Sam Levinson è ancora una volta di altissimo livello. Come per la stagione precedente, vediamo un prodotto tecnicamente di altissima qualità, con una fotografia ben curata e una colonna sonora che ha ricevuto un “upgrade”.

Una colonna sonora per tutti

Oltre al cast e a tutto il comparto tecnico, “Euphoria” ha anche un altro asso nella manica: la colonna sonora. Prendendo come esempio la prima stagione, si passa dal pilot dove si può ascoltare un brano dei Migos, fino ad arrivare al finale di stagione e trovare una canzone dei BTS intitolata come la serie (pura coincidenza o ironia della sorte, vedete voi come definire). Questo porta ad avere una soundtrack per tutti i gusti, consolidando il modo di essere della serie un prodotto per buona parte del pubblico, giovanile o meno.

Ma oltre questo passaggio da vari generi musicali, attraversando anche epoche antecedenti agli anni 2000 (stagione 2), tante canzoni all’interno dello show sono eseguite dall’artista Labrinth. I pezzi dell’artista americano, sono perfetti per il contesto della serie. Attraverso la sua musica, Labrinth riesce a far immedesimare al meglio lo spettatore all’interno del racconto. Infatti le sue canzoni ideate appositamente per la serie, non solo aumentano il livello del prodotto, ma hanno portato un successo meritato all’artista oltre lo show.

Considerazioni finali

“Euphoria” con le sue due stagioni da 8 episodi, è uno dei migliori prodotti televisivi degli ultimi anni. Con una grandissima scrittura, che purtroppo cade in alcuni aspetti nella seconda parte, racconta in un modo completamente inedito il mondo dell’adolescenza. Il giovane cast si rivela completamente in parte e perfetto, regalando grandissime interpretazioni. A testimoniare questo ci pensa senza alcun problema la vittoria di Zendaya agli Emmy del 2020. Ma a rendere questo teen drama completamente differente dagli altri, è il suo comparto tecnico. Non abbiamo una fotografia e delle inquadrature semplici, ma siamo davanti ad un lavoro di altissima qualità. A chiudere il cerchio dei pregi ci pensa la colonna sonora sempre azzeccata, soprattutto la musica di Labrinth.

Pro

  • Regia, fotografia e scrittura della prima stagione;
  • L’intero cast della serie, su tutti Zendaya;
  • Le canzoni ideate appositamente per la serie da Labrinth;
  • Il modo completamente inedito di narrare i problemi adolescenziali.

Contro

  • La scarsa utilità dei due episodi bonus;
  • Il lavoro frettoloso e confusionario fatto sulla scrittura della seconda stagione;
  • La gestione delle new entry.

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di Gabriele Di Nuovo

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