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Belfast, la recensione: non è la storia di una città

di Gabriele Di Nuovo

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Al cinema dal 24 febbraio, “Belfast” è il nuovo film scritto e diretto da Kenneth Branagh. Nel cast troviamo Jude Hill, Caitríona Balfe, Jamie Dornan, Ciarán Hinds e Judi Dench.

Pellicola semiautobiografica, “Belfast” è il racconto di formazione vissuto dallo stesso Kenneth Branagh durante le proteste del 1969 nell’Irlanda del Nord. Infatti il film non racconta solo la città, ma la situazione vista dagli occhi innocenti del suo protagonista. Candidato a 7 premi Oscar (trovate qui tutte le nomination), tra cui miglior film e miglior regista, “Belfast” è una pellicola semplice e raccontata in modo delicato grazie al punto di vista inedito di Buddy.

Il conflitto dagli occhi di un bambino

Nel 1969, l’Irlanda del Nord è coinvolta negli scontri tra protestanti e cattolici. Buddy (Jude Hill) vive insieme a suo fratello Will, sua madre (Caitríona Balfe) e suo padre (Jamie Dornan), presente solo nei weekend perché lavora in Inghilterra. Inoltre facciamo la conoscenza dei suoi nonni (Ciarán Hinds e Judi Dench). Il problema più grande della famiglia di Buddy è quello di abitare in un quartiere misto, formato da famiglie protestanti e cattoliche.

Un attacco alla comunità cattolica del suo quartiere, porterà il nostro giovane protagonista a vivere il conflitto che ha destabilizzato l’Irlanda e molto altro, trovando rifugio solo nel suo sogno di andare sulla Luna e nel cinema. “Belfast” sfrutta il bianco e nero per raccontare la vita “grigia” del protagonista, dove le uniche cose a colori sono i film visti in TV e al cinema. Non è solo la crescita di un ragazzino di 9 anni, ma anche una storia sulla famiglia.

Una famiglia in bianco e nero

Kenneth Branagh per raccontare la sua infanzia, utilizza il bianco e nero. Questa scelta stilistica riflette pienamente il periodo storico in cui la storia è ambientata, tornando a colori solo in determinati momenti. Le poche sequenze a colori sono semplicemente i film che Buddy guarda al cinema e in TV e lo spettacolo teatrale de “Il Canto di Natale” di Charles Dickens.

Ma nonostante il cinema sia una sorta di posto sicuro per il giovane protagonista, l’amore della sua famiglia, con tutte le varie difficoltà che l’hanno colpita, è una delle poche cose positive nella vita del ragazzo. Questo porta lo spettatore a conoscere i genitori di Buddy, interpretati da Caitríona Balfe e Jamie Dornan, e i suoi nonni (Ciarán Hinds e Judi Dench).

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Oltre a conoscere i vari caratteri dei membri della famiglia, vediamo su schermo le ottime interpretazioni di tutto il cast. Ma a prevalere su tutti è proprio il piccolo Jude Hill, che riesce a reggere senza alcun problema lo schermo con attori come Judi Dench e Ciarán Hinds. I due nonni (candidati agli Oscar 2022) regalano alcune delle migliori scene dell’intera pellicola, dove è possibile vedere il lato più divertente e allo stesso tempo profondo del racconto.

Ma non solo i nonni. Anche i genitori interpretati da Caitríona Balfe e Jamie Dornan, oltre ad offrire un’ottima interpretazione, i loro personaggi rappresentano su schermo uno dei temi principali della trama.

Belfast non è solo una città, ma è famiglia

Uno dei temi portanti della pellicola è la situazione instabile che colpì il paese nel ’69. Questo porterà a destabilizzare la famiglia di Buddy e mettere genitori e nonni allo specchio. Se da una parte vediamo il padre del protagonista voler ricominciare da zero fuori Belfast, sua moglie non è della stessa idea. Mentre i nonni, anche a causa della loro età, sono destinati a restare in città. Attraverso questa situazione, Kenneth Branagh racconta cosa significa essere di Belfast.

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Non è solo una città che si lascia, ma è un modo di essere. Attraverso le vicissitudini della famiglia di Buddy, lo spettatore riesce a comprendere al meglio la situazione provata sulla pelle del regista. Perché, per quanto sia difficile lasciare la propria casa, è impossibile dimenticare le proprie origini. Infatti questo rende il contesto storico e la città parte integrante della storia.

Un periodo storico difficile

Se la capitale dell’Irlanda del Nord ha un ruolo importante nel sviluppare i protagonisti, anche il suo periodo storico è cruciale nella crescita di tutti loro. Gli anni dei Troubles, si riveleranno importanti per Buddy. Non solo per le decisioni prese dalla sua famiglia, ma anche per la sua crescita personale. Questo conflitto portò a ghettizzare la comunità cristiana irlandese.

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Ed è proprio questo conflitto violento che ha reso la vita di Buddy meno gioiosa del previsto, lo porterà a crescere. Dal suo sogno di vivere sulla Luna fino alla scoperta dell’amore, porteranno il protagonista a comprendere molti valori della vita. Il merito di questo va anche al suo rapporto con la famiglia, in primis i suoi nonni. La forza di “Belfast” è nel riuscire a raccontare una storia intima nel modo più semplice ed efficace possibile, permettendo allo spettatore di immedesimarsi e comprendere quello che Buddy prova.

La Belfast di Branagh

Il punto di vista dell’intera pellicola è dello stesso Kenneth Branagh. “Belfast” infatti è il primo lavoro personale del regista, qui anche sceneggiatore. La sceneggiatura non racconta una città, ma la sua città. La forza del lavoro di Branagh è la semplicità di come questa storia venga raccontata allo spettatore. Complice anche la breve durata (solo 97 minuti), “Belfast” racconta in modo diretto la vita e le sensazioni provate dal regista durante la sua gioventù.

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Il tutto viene messo in scena con una grandissima regia e una fotografia che riesce a bilanciare il B/N alla perfezione. Il passaggio tra giorno e notte, giornata soleggiata e nuvolosa, è ben evidente senza danneggiare l’utilizzo del bianco e nero. Unica pecca dell’intero lavoro di Branagh è la scenografia. Questa, nelle sequenze ambientate nel quartiere dove vive Buddy, si rivela essere molto pulita e “finta”. Infatti è molto evidente che il quartiere in cui si svolge la maggior parte del racconto è stato costruito da zero.

Considerazioni finali

“Belfast” è un racconto semiautobiografico delicato e semplice. Branagh non racconta solo la città che dà il titolo alle pellicola, ma parla di questa attraverso sé stesso e la sua famiglia. Le grandi performance dell’intero cast, a partire dal giovanissimo Jude Hill fino ad arrivare ai veterani Ciarán Hinds e Judi Dench, regalano alcune delle migliori interpretazioni dell’anno. La breve durata rende il racconto efficace e funzionale, mettendo in scena tutte le sensazioni provate dal regista e sceneggiatore della pellicola. Con una grande regia e una fotografia ottima, soprattutto nella gestione del bianco e nero, Kenneth Branagh porta su schermo un film tecnicamente impeccabile. Unico difetto è la scenografia che rende il quartiere dove vive il protagonista “costruito da zero” e quindi poco realistico.

Pro

  • Le interpretazioni dell’intero cast;
  • Regia e fotografia;
  • La semplicità del racconto che permette di arrivare facilmente allo spettatore.

Contro

  • La scenografia nel quartiere dove vive il protagonista.

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di Gabriele Di Nuovo

 

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