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Da baby fenomeni a “scarsi”, come i media “rovinano” i giovani talenti

di Alessandro Colepio

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L’Italia, calcisticamente parlando, sta attraversando uno dei periodi più bui della sua storia. La vittoria dell’Europeo non può e non deve essere discolpante per quasi un decennio in cui gli azzurri non si sono mai giocati neanche un Mondiale. Il confronto con le altre grandi nazionali è impietoso e ad oggi la squadra di Mancini non sembra minimamente pronta a competere ai massimi livelli.

Anche cercando di guardare in ottica futuro, però, le cose non cambiano. L’Italia è maledettamente indietro su tutti i fronti, primo su tutti la presenza di giovani talenti che possano in futuro essere pilastro della squadra. Per intenderci, nel nostro campionato ci sono tanti giovani italiani, ma pochi di loro hanno già avuto la possibilità di giocare in palcoscenici importanti. Donnarumma, Chiesa, Bastoni e Zaniolo sono sicuramente i nostri ragazzi più promettenti, ma guardando all’estero 4 giocatori sono troppo pochi per rifondare un progetto.

Spagna, Inghilterra e Francia sono i migliori esempi di come far funzionare un progetto di crescita dei ragazzi. Ormai le nazionali maggiori di questi 3 paesi sono regolarmente formate da tantissimi giovani talenti che nel loro campionato hanno già tante presenze e spesso anche in campo europeo hanno detto la loro.

In Italia non abbiamo una disponibilità di ragazzi così forti attualmente, ma a chi dare la colpa? Si tratta solo di una generazione “sbagliata”, o forse c’è di più. Come in ogni evento calcistico, anche in questo caso le cause sono diverse. In questo articolo, però, noi di NCC vogliamo soffermarci su quello che secondo noi è uno dei principali motivi per cui non produciamo più tanti giovani fenomeni, vale a dire il comportamento dei media italiani.

 

Donnarumma

Donnarumma (@Shutter Stock)

L’influenza dei giornalisti nelle carriere di tanti giovani

L’italiano medio è impaziente e si fa prendere spesso e volentieri dalla foga del momento; è un tratto caratteristico della nostra popolazione e uno dei motivi per cui siamo conosciuti in tutto il mondo per la passionalità con cui viviamo la nostra vita. Il problema sorge quando è proprio chi dovrebbe essere esperto e imparziale ad abbassarsi al livello delle discussioni da bar e a perdere la lucidità e la razionalità.

In Italia basta avere meno di 24 anni e giocare una bella partita per avere un intero paese che parla di questo giovane fenomeno. Giornali, social e televisioni avranno il suo nome sulla bocca, almeno per i successivi due o tre giorni (a voler star stretti). Tutti vorranno sapere chi è, da dove viene, qual è la sua storia. I suoi followers aumenteranno a dismisura e per quelle 48/72 ore si sentirà il Re del mondo.

Poi, come per magia, il suo momento di gloria termina e già si avvicina una nuova partita. Ed è qui che scatta il tranello. Perché se fino a 6 giorni prima era solo un giovane ragazzo spensierato che voleva divertirsi, ora è finito il tempo dei giochi. Ora la gente si aspetta che lui sia già un campione in tutto e per tutto e che riesca a ripetersi ai massimi livelli, non gli è più concesso il minimo margine di errore. Ci si scorda che in campo ci va, però, sempre il solito ragazzo che adesso deve reggere il peso di aspettative che gli hanno creato intorno e contro la sua volontà. Ragazzini spaesati e con una personalità ancora da formare buttati nella fossa dei leoni… pronti per il passo successivo in caso di fallimento: la pubblica gogna.

Non tutti hanno già da piccoli la mentalità del predestinato, spesso e volentieri ci vogliono anni di esperienza per forgiare un carattere forte e stabile, in grado di reggere certe pressioni. Ecco che allora il ragazzo inizia a sbagliare, prima un passaggio, poi un tiro, poi perde palla in una brutta zona del campo. Rientra negli spogliatoi e, nonostante tutta la squadra lo incoraggi a fare meglio, decide di aprire il suo telefonino.

“Bidone”, “Talento sprecato”, “Miracolato”, “Raccomandato”. Sono solo 4 degli appellativi che in Italia vengono rivolti ad ogni ragazzo che, pur giocando ad alti livelli, non riesca a disputare ogni settimana grandi partite. E se fino a pochi giorni prima si sprecavano i paragoni con i fenomeni del passato, ora si sprofonda 100 piedi sotto terra. Ora il ragazzo è solo uno dei tanti e probabilmente verrà mandato a “farsi le ossa” in qualche campionato minore. Sperando che a 28 anni sia ormai pronto per la Serie A. Poi ci lamentiamo della mancanza di giovani talenti…

La speranza è che Gnonto sia diverso. Ma “pompare” tanto un giovane per un assist è molto, molto pericoloso. Paloschi, Pellegri, Macheda e compagnia, non hanno insegnato proprio nulla, vero?

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