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Attacco ai videogiocatori in diretta TV: “Sono come cocainomani”. È ora di darci un taglio

di Lorenzo Fazio

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Noi videogiocatori, ormai, siamo abituati a sentirci ripetere gli stessi pregiudizi e luoghi comuni. Negli anni, il numero di giornalisti che si sono accaniti, tra l’altro senza reale conoscenza dell’argomento, contro questo nuovo medium è cresciuto esponenzialmente, seppur portando sempre le stesse accuse. “I videogiochi fanno male!” oppure “Creano dipendenza!”, o ancora “Rendono violenti!”. E proprio quest’ultimo attacco è spesso il più ricorrente: quante volte abbiamo sentito l’accostamento dei videogiochi ad atti di violenza scellerata? Come se un tragico episodio quale, per esempio, un omicidio possa essere causato dalla passione del criminale per giochi come Call of Duty o Doom.

Un’ignoranza, insomma, gravemente dilagante, la quale, però, sta venendo fortunatamente contrastata dai numerosi studi riguardanti proprio il fenomeno videoludico. L’ultimo di questi è quello condotto dall’OMS, che a marzo 2021 ha confermato come i videogiochi siano stati una vera e propria “terapia” durante la quarantena e i lockdown. Questa informazione è stata poi corroborata anche dall’Università di Oxford, che ha dimostrato come lunghe sessioni di gaming possano diminuire il livello di stress individuale, con un aumento di una sensazione di benessere. Se volete approfondire questo interessante argomento, vi lasciamo direttamente l’articolo a riguardo del magazine online di Oxford.

videogiochi

Gamer (@ShutterStock)

Le tesi a favore dei videogiochi e dei loro benefici, dunque, sembrano abbondare. Ciononostante, il nostro Paese (e non solo) è ancora ricolmo di confusione ed errori di forma. L’ignoranza in materia dilaga e l’ultima riprova l’abbiamo avuta proprio pochi giorni fa, il 12 aprile, per l’esattezza, durante l’edizione giornaliera del TG1 Diretta. Invitato direttamente in studio, il senatore di Forza Italia, componente della commissione istruzione senato, giornalista e scrittore Andre Cangini è intervenuto in una disamina di “quella roba lì“. Sono state proprio queste le parole usate dal senatore per riferirsi ai videogiochi e ai social network, come se fossero un unico grande nemico. Capiamo insieme, dunque, quali siano state le dichiarazioni di Cangini e perché, secondo lui, noi videogiocatori saremmo tutti drogati, dei veri e propri “cocainomani”.

Una grande confusione

Prima ancora di parlare di questa strana associazione droga/videogiochi, dobbiamo fare un po’ di chiarezza di forma e di contenuto. Per tutto il suo intervento, infatti, il senatore Cangini ha parlato di videogiochi e social senza fare particolari distinzioni, un atteggiamento errato sotto ogni punto di vista. Seppur ad occhi inesperti queste due realtà, quella videoludica e quella social, possano sembrare accostabili, questo è completamente sbagliato. Per giunta, il senatore ha scritto addirittura un libro su questo tema (dal titolo CocaWeb), e dunque non dovrebbe essere così “inesperto”.

Questi due mondi, anche se spesso si incontrano in realtà come quella di Twitch, rappresentano due fenomeni sociali del tutto differenti, anche nel caso in cui si considerino solo videogiochi multiplayer (il che sarebbe un atteggiamento sbagliato già di suo). I media moderni sono caratterizzati da disagi, come il cyberbullismo, che nei videogiochi hanno molta meno diffusione. In più, i problemi dei social non sono altro che l’amplificazione dei problemi della società. Xenofobia e bodyshaming esistono da molto prima di Facebook, semplicemente la Rete ha permesso ai “leoni da tastiera” di scagliarsi contro le proprie prede senza limiti e nel completo anonimato.

“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.” diceva Umberto Eco, scrittore italiano di fama mondiale. Gli imbecilli ci sono sempre stati: non sono nati con i social, né tantomeno con i videogiochi.

Gamer (@Shutterstock)

Videogiocatori come cocainomani

Ma entriamo ora nel vivo del discorso, nelle dichiarazioni più preoccupanti di Cangini. “I meccanismi chimici cerebrali generati dall’uso, che non può non degenerare in abuso, di social e videogiochi sulla mente umana, soprattutto sulla mente dei più giovani, sono letteralmente identici a quelli della cocaina. Si secerne l’ormone che trasmette la sensazione del piacere“. Non ci vuole una laurea in Medicina o Psicologia per sapere l’inutilità di questa affermazione. Si chiama dopamina ed è anche chiamata, appunto, “l’ormone del piacere”. Per chi non lo sapesse, questo ormone viene secreto dal nostro corpo come “premio” quando compiamo attività volte alla sopravvivenza. Così, provando questa sensazione di piacere, siamo indotti a ripetere quella attività. Ciò avviene anche quando si mangia della cioccolata, durante il sesso e, guarda caso, anche quando si videogioca. Quindi, caro senatore, bisogna limitare o mettere fuori legge anche cioccolata e sesso? Ci sembra francamente abbastanza impraticabile.

E cosa c’entra la cocaina? Questa droga ha proprio l’effetto di aumentare la concentrazione di dopamina a livello cerebrale, e dunque di aumentare a dismisura le nostre sensazioni di piacere. Il paragone del senatore, dunque, non è solamente fuori luogo, è anche sbagliato a livello tecnico. La cocaina non porta alla secrezione di dopamina, ma all’inibizione del recupero di essa. Senza cadere in un discorso troppo complicato e fuori dalla nostra portata, basta capire come accusare i videogiochi come una droga non è semplicemente sbagliato e generalista, ma inaccurato scientificamente. In soldoni? Una boiata.

Qualunque attività, anche la più innocente, se abusata, può portare alla dipendenza. Anche mangiare del buon cibo, appunto, porta a un rilascio di dopamina. Eppure, non ci sembra di vedere alcun attacco nei confronti degli chef, che non vengono accusati di rendere i propri clienti dipendenti dalle loro pietanze.

A quanto pare, inoltre, secondo il ragionamento di Cangini, qualunque videogiocatore non può che diventare dipendente, e dunque simile a un cocainomane. Nessuna via di mezzo, i videogames sono un pozzo senza fine: mettici un piede dentro e non ne uscirai più. Perché mai il web dovrebbe avere un quid in più rispetto a queste altre cause di dipendenza? Il punto è sempre lo stesso: il problema non è l’oggetto, ma l’uso che se ne fa.

Gamer (@Shutterstock)

I videogiochi come causa di tutti i mali di questa generazione

Non solo, però, i videogiochi sarebbero come una droga, ma sarebbero anche la causa di tutta una serie interminabile di problemi sociali. Rieccoci, dunque, alla solita vecchia accusa retrograda e qualunquista: i videogames rendono i giovani violenti. E non solo: secondo Cangini e l’equipe di “esperti” con cui dice di aver lavorato, “tutte le malattie mentali, disagi, disturbi alimentari, autolesionismo, l’aggressione, sono in crescita vertiginosa da quando le console dei videogiochi sono entrate nelle stanze dei nostri figli“.

Più volte, nel corso degli anni, molti studiosi hanno dimostrato proprio il contrario. Abbiamo già riportato lo studio dell’Università di Oxford, ma se ne possono citare molti altri simili. L’Università di Rochester, per esempio, ha rilevato un aumento del 25% delle capacità decisionali nei giocatori di action game. La Society for Researchin Child Development ha dimostrato come molti videogiochi abbiano l’effetto contrario di quello che molti pensano: questi non isolano i ragazzi, ma li rendono addirittura più sociali.

Dovremmo dunque leggere il libro di Cangini, naturalmente pubblicizzato ad hoc durante l’intervista, per capire questa sua affermazione. Noi non neghiamo a priori, infatti, che ci possa essere un fondamento di verità: vorremmo solo capire quale. In alternativa, proponiamo al senatore un punto di vista diverso. Senza dubbio, negli ultimi decenni abbiamo avuto un aumento dei problemi mentali tra i giovani, ma forse non è colpa delle “console”.

Forse è colpa di una situazione sociale sempre più in bilico, in un precario equilibrio tra crisi economiche, pandemie e guerre, che danno a questa generazione una visione del futuro tutt’altro che rosea e certa. E forse, chi lo sa, i videogiochi potrebbero invece essere il migliore dei modi per fuggire da questa spaventosa realtà e l’unica via per resistere alle dure giornate che siamo costretti a vivere.

Gamer (@Shutterstock)

L’assurda proposta di legge contro i videogiochi

C’è pure un motivo, in particolare, per cui abbiamo voluto spendere così tante parole su questo intervento. Abbiamo iniziato l’articolo, infatti, dicendo che ormai noi giocatori siamo abituati agli attacchi dei giornalisti. Perché dare così tanta importanza a queste parole? Perché chi le ha pronunciate è un politico, un membro del Senato della Repubblica Italiana che ha più volte proposto delle leggi in merito all’argomento. Nel corso di una presentazione del suo libro CocaWeb è intervenuto addirittura il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.

Arriverà un momento, come per il tabacco: ci si è accorti che fumare fa male. Io fumo, e so che fa male, e credo che sia giusto che le compagnie del tabacco investano per dire che il tabacco fa male. Vorrei che le compagnie del web destinassero parte del loro fatturato a dire che il web fa male ai giovani.” Questa sarebbe la proposta per risolvere i problemi dei giovani. Un pop-up che, all’apertura di un gioco o di un social, ci avvisi che il web fa male. Una proposta ai limiti della distopia orwelliana.

Un metodo sbagliato su tutti i fronti. Come se con le sigarette, che il senatore cita in causa, essere consapevoli che quello che stiamo facendo ci danneggi ci possa fermare. Quando si parla di dipendenza, il nostro bisogno di dopamina è più forte della responsabilità. Sui pacchetti di sigarette c’è scritto chiaro e tondo che il fumo causa tumori, eppure il consumatore ne abusa senza badare alle conseguenze. Ed è francamente eccessivo paragonare l’assuefazione da tabacco a quella per una console. Anzi è totalmente privo di senso

Non si vuole in nessun modo attaccare le persone citate, solo invitarle a fare delle ricerche molto più approfondite sull’argomento. A non fare di tutta l’erba un fascio e a non puntare il dito senza prima aver toccato con mano e aver compreso a fondo la materia. Come detto giustamente dallo stesso Cangini, quella che sta vivendo la generazione dei più giovani è una situazione molto delicata e proprio per questo non può essere trattata con questa sommarietà. Il qualunquismo non aiuta nessuno, tanto meno incolpare le nuove tecnologie senza cognizione di causa. Bisogna comprendere il fenomeno e tutte le sue sfaccettature, così da poter aiutare i ragazzi che ne hanno davvero bisogno. La legge proposta dal senatore, per esempio, non avrebbe alcun effetto.

E per favore, basta accusare di tutti i mali del mondo ciò che non si conosce. Additare i videogiochi non porta a nulla. Complicherebbe solo la vita a milioni di ragazzi. Peggio ancora il limitarli o il proibirli. Proibire qualcosa non fa che peggiorare le cose, perché ne aumenta il desiderio e la richiesta. Perciò perché non concentrarsi sui veri problemi che affliggono il pianeta e l’Italia e non cercare un capro espiatorio che non c’entra obbiettivamente nulla?

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