Disponibile da mercoledì 9 novembre 2022 su Netflix, “The Crown” è una serie TV formata da 10 episodi. Come avvenuto precedentemente per ogni due stagioni, in questa nuova quinta parte ci viene presentato un cast totalmente nuovo, e infatti troviamo Imelda Staunton, Jonathan Pryce, Lesley Manville, Jonny Lee Miller, Dominic West ,Elizabeth Debicki, Andrew Havill, Marcia Warren e Olivia Williams.
Lo show che per queste ultime due stagioni sarà capitanato da Imelda Staunton (“Harry Potter e l’Ordine della Fenice”) e Jonathan Pryce (“The Two Popes”, “Il Trono di Spade”), ha subìto diverse difficoltà durante le riprese sia della quinta che della sesta stagione; si sono infatti verificati diversi furti di oggetti di scena per un ammontare di circa 200.000 dollari che, fortunatamente, non hanno comportato alcuno stop importante dei lavori. La seconda difficoltà, più importante, si è verificata durante la registrazione della sesta stagione: infatti, Netflix aveva ordinato uno stop temporaneo dopo la morte della Regina Elisabetta II a settembre…
Con la quinta e la sesta stagione di “The Crown“, ci addentriamo nell’epoca più moderna e vicina ai nostri tempi. La Staunton e Pryce infatti, ci introdurranno nell’Inghilterra degli anni ’90 e del nuovo millennio. Ma prima ancora di parlarvi di questa attesissima nuova stagione, vorremmo proporvi un breve riassunto dei momenti più importanti delle parti passate.
Nelle prime due stagioni dello show britannico abbiamo visto Claire Foy e Matt Smith interpretare rispettivamente la Regina d’Inghilterra e il Principe Filippo. I primi episodi ci hanno presentato una Elisabetta alle prime armi che, dopo la morte inaspettata del padre Giorgio VI, si è ritrovata alla guida di uno dei Regni più grandi del mondo. Nel corso dei venti episodi abbiamo potuto assistere ai vari eventi importanti che hanno segnato la monarchia; tra questi troviamo l’importantissimo e significativo Governo Churchill, gli scandali interni alla famiglia Windsor e l’importante e discusso incontro tra i reali e il Presidente Kennedy, insieme alla moglie Jackie.
La terza e la quarta stagione hanno visto un grande cambiamento a livello di interpreti. Infatti, con un importante salto temporale di diversi decenni, troviamo Olivia Colman e Tobias Menzies come protagonisti. Gli episodi vedono una Elisabetta ormai più che matura dopo una lunga permanenza sul trono. Ma gli scandali per la famiglia non finiscono di certo; infatti, tra un Primo Ministro rivoluzionario ma con un rapporto più che complicato con la Regina e i primi problemi matrimoniali tra Carlo e Diana, la figura regnante si troverà in uno dei periodi monarchici britannici più chiacchierati dalla sua incoronazione.
Inghilterra, anni ’90: la Regina Elisabetta è ormai sul trono da più di 40 anni e, dopo aver attraversato i molti eventi importanti che hanno segnato la corona in vari modi, Elizabeth Windsor è diventata una monarca più che matura, sempre pronta ad affrontare le peggiori disavventure e ostacoli per lei e il suo popolo.
I dieci episodi si concentrano su alcuni lati della corona molto distanti tra loro; tra questi, come anticipato, spiccano i primi problemi coniugali (introdotti nella precedente stagione), tra Carlo e Diana. Infatti, nell’apertura della serie troviamo il “momento prima del disastro” che ci trasporta in Italia, durante la seconda luna di miele della coppia.
Con il passare delle puntate e con un ormai evidente rapporto compromesso tra i due, ci vengono presentati diversi altri casi importanti che scandalizzano l’intera popolazione; si parte da una vecchia telefonata intercettata tra Carlo e Camilla, per poi arrivare alla separazione ufficiale e autorizzata dalla Regina. Oltre ciò, si aggiungono i famosi momenti “scandalosi” di Diana, come l’aver indossato il famoso “abito della vendetta” e la nota intervista rilasciata alla BBC.
Con questa nuova stagione, siamo spesso e ripetutamente trasportati in moltissimi flashback che vanno a ritrarre momenti importanti della famiglia Windsor. Si parte da quelli che ci reintroducono le performance passate di Elizabeth e della contessa Margaret, per poi passare a uno dei casi più delicati della storia rivoluzionaria russa, ovvero l’omicidio della famiglia Romanov; l’episodio attraverserà poi la sanguinosa relazione tra i Windsor e la stessa famiglia russa.
Questa stagione si allontanerà dal tipo di dramma familiare presentato nelle stagioni passate per mostrarci un dramma più politico. E tra i tanti eventi, il caso dei Romanov sembra essere la descrizione perfetta per spiegare questo tipo di cambiamento. L’episodio in questione si apre durante uno degli eventi che hanno cambiato definitivamente il popolo e lo Stato russo, ovvero la Rivoluzione Russa. Nei primi momenti della puntata vediamo Re Giorgio V ricevere una lettera dal Primo Ministro britannico, che chiede asilo politico per la famiglia Romanov e per suo cugino Nicola II. Successivamente ci si sposta in Russia, precisamente a Casa Ipat’ev, la villa dove Nicola II fu assassinato insieme alla sua stessa famiglia.
Questa sequenza cerca di non presentarci molti fatti intricati e intrecciati, ma si dirige direttamente verso uno dei momenti più accurati storicamente e allo stesso tempo più brutali nella storia di “The Crown“. Certamente questa parte è più che apprezzabile per la scoperta della storia e delle varie connessioni che vediamo tra i Windsor e i Romanov, ma questo ci viene presentato, comunque, secondo le varie facce della medaglia; a partire dalla citata lettera a Giorgio V e dall’impressione vista attraverso gli occhi della Regina, per arrivare alla successiva e ultima conversazione di Elisabetta con il Presidente russo Eltsin che ci presenta un’opinione che sembrerebbe incolpare l’Inghilterra della morte della famiglia.
Come già accennato, “The Crown” si prende la libertà di proporci il tema della digressione. Spesso, infatti, assistiamo a storie non necessariamente importanti come il caso Romanov, che si discostano molto dalle consuete vicende della corona. Questo tema dei tempi, se costruito appositamente con una buona tecnica e una sceneggiatura studiata a dovere, potrebbe essere molto interessante, se andasse anche a esporci il tema politico che nelle ultime quattro stagioni è stato meno presente rispetto alla storia del family-drama.
Il problema di questa quinta stagione di “The Crown” è che il prodotto, a volte, non convince. Infatti, ci vengono proposti alcuni episodi superflui con una sceneggiatura che spesso non è all’altezza; questa tende a portare lo spettatore a pensare che lo scopo ultimo dei produttori fosse quello di voler raggiungere assolutamente il numero di dieci episodi, trascurando la qualità del prodotto.
Imelda Staunton e Jonathan Pryce sono due attori che nel corso delle loro carriere decennali nel mondo di Hollywood hanno lasciato un segno importante. E in “The Crown” offrono una performance perfetta, più che promossa, che ci introduce nel migliore dei modi a una coppia che ha saputo e saprà gestire al meglio la corona britannica.
È inoltre difficile per tutti i fan di Harry Potter togliersi dalla testa la voce stridula di Dolores Umbridge, ma in questo “The Crown” scopriamo un lato completamente nuovo dell’attrice. Difatti, vediamo una Regina quasi identica in ogni suo lato all’originale, e tra un’interpretazione perfetta e un ottimo lavoro con i costumi, possiamo ammirare un personaggio più che apprezzato dal pubblico. Forse, l’unico difetto che si potrebbe attribuire alla Elisabetta della Staunton è l’essersi calata troppo nella parte, con un’espressività forse eccessiva.
Un altro personaggio che ha stupito tutti, a partire dalla stampa fino al pubblico medio, è stato quello del Duca di Edimburgo. Infatti, uno splendido e più che identico Jonathan Pryce riesce a portarci anche il consorte della sovrana alla perfezione. Ma la quinta stagione sembrava inizialmente portarci un’analisi del Duca che nelle ultime quattro stagioni non è mai stato messo al centro delle tante, troppe vicende. Anzi, nei primi episodi sembrerebbe quasi essere lui al centro delle varie circostanze; ma questo, purtroppo, va a sfumare con i tanti elementi che poi si presentano.
Uno dei tanti elementi che caratterizzano lo show è il tanto e tuttora discusso matrimonio tra Carlo III e Lady Diana. Come già accennato, il primo episodio della stagione si apre con uno degli ultimi momenti tra i due; la loro seconda luna di miele in Italia. Ma dopo diversi alti e bassi, la coppia convoca una riunione speciale per chiedere la separazione; da qui iniziamo a vedere la “rinascita” di Diana, che passa per l’iconico “abito della vendetta” e l’intervista con la BBC, senza tralasciare la relazione con Hasnat Khan e Dodi Al-Fayed. Nel corso dei vari episodi, il personaggio di Diana diventa così sempre più centrale e anche l’australiana Elizabeth Debicki riesce a regalarci un’ottima interpretazione di un personaggio altrettanto ben caratterizzato.
Sebbene abbiamo potuto vedere e assistere a diversi episodi con una trama poco utile per la caratterizzazione della serie TV, uno dei maggiori problemi della quinta stagione è anche il personaggio di Carlo III. Sebbene il personaggio sia stato ben presentato nella relazione tra Diana e Camilla, oltre questo punto Carlo diventa superfluo ai fini della trama. Infatti, come figura politica non viene quasi mai presentato, e su questo influisce anche la pessima scelta del casting con un attore non perfetto e per nulla somigliante al suo personaggio.
“Il vostro partito ha vinto le elezioni. È con immenso piacere che la invito a formare un Governo a mio nome. Congratulazioni, Primo Ministro“; queste sono le parole che abbiamo sentito ripetutamente nel corso delle quattro stagioni di “The Crown“. E in effetti, con i personaggi di Claire Foy e Olivia Colman, abbiamo potuto vedere diversi Primi Ministri che hanno segnato la storia della Gran Bretagna e non solo; a partire dal famigerato Winston Churchill e da Harold Wilson, fino al Primo Ministro donna Margaret Thatcher.
Ma in questa stagione non vediamo una vera e propria figura di Primo Ministro, anzi; il John Major di Jonny Lee Miller non convince affatto attraverso lo schermo. A partire da una caratterizzazione non degna di rappresentare un Premier e nonostante anche un piccolo screen-time, ci viene rappresentato un personaggio che non riflette in alcun modo la sua storia politica, costruita durante i suoi sei anni di Governo. Ma non solo; infatti, ci viene rappresentato come un semplice Segretario della Regina pronto a offrire i suoi servizi esclusivamente ai problemi familiari della corona. Sarebbe quindi lecito sperare in una futura e buona caratterizzazione del già anticipato Tony Blair, che vedremo nella sesta stagione.
Le passate stagioni di “The Crown” hanno ricevuto il plauso di gran parte del pubblico per molti aspetti dello show, tra i quali spicca l’aspetto tecnico del prodotto; con questa quinta stagione ritroviamo la stessa tecnica che abbiamo potuto apprezzare negli anni passati.
A funzionare sono diversi aspetti, a partire da una fotografia perfetta che va a raccontare e anche ad attraversare i momenti che la monarca sta affrontando, specialmente grazie all’aiuto di un perfetto dosaggio dei colori; da rimarcare è anche l’uso più che promosso e migliorato delle scenografie, fino all’adeguato uso dei costumi.
Ciò che spicca maggiormente sono questi ultimi due aspetti; le scenografie sono curate nei minimi dettagli più della scorsa, e ci trasportano in un’Inghilterra in perfetto stile anni ’90. A spiccare maggiormente è anche uno dei primi episodi che ci racconta dell’incendio del castello di Windsor promosso ancora di più con un uso incredibile degli effetti speciali.
“The Crown” è sempre stata una delle serie televisive più apprezzate su Netflix in termini di qualità, e nel corso degli anni si è fatta notare anche nella corsa agli Emmy Awards. Anche questa quinta stagione continua ad affermarsi come una sicurezza, ma certamente con alcuni dettagli che la fanno collocano in ultima posizione, se paragonata alle passate stagioni con Claire Foy e Olivia Colman. A non funzionare sono soprattutto episodi con una trama e una caratterizzazione inesistente, influenzata anche da un casting non dei migliori; tra queste spicca la scelta dell’interprete di Carlo III, che risulta tutt’altro che azzeccata. A contribuire positivamente, però, sono le magistrali interpretazioni di Imelda Staunton e Jonathan Pryce, un lato tecnico ancora apprezzabile e un cambio di genere che delle volte funziona.
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