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Solskjær e quella incredibile, pazza finale di Champions del 1999

di Federico Minelli

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26 maggio 1999, è il giorno di Manchester United-Bayern Monaco. È l’ultima finale del millennio, una finale dal sapore già squisitamente storico. Come se non bastasse, altri fattori contribuiscono ad arricchire il gusto di questo ultimo atto. In primis, entrambe le squadre concorrono per coronare il triplete, e sia i tedeschi che gli inglesi, all’epoca, non avevano mai vinto la moderna Champions League. Nel 50° compleanno di Ole Gunnar Solsjkær, ripercorriamo le emozioni di una delle finale più iconiche ed imprevedibili della storia del calcio europeo.

Il cammino verso la finale

Il destino accoppia le due finaliste già dalla fase a gironi: inserite nel gruppo D insieme al Barcellona e al Brøndby, il Bayern passa il turno da prima e lo United da seconda. La doppia sfida termina in parità: 2-2 all’andata a Monaco di Baviera, 1-1 il ritorno all’Old Trafford, con Solsjkær che rimane a secco in entrambe le occasioni.

Il Bayern fa fuori prima gli allora campioni di Germania del Kaiserslauten ai quarti di finale (6-0 il totale), poi con un complessivo 4-3 elimina anche la Dinamo Kiev, volando in finale. Lo United, invece, ha un ruolino di marcia tutto italiano: ai quarti affronta e sconfigge l’Inter (3-1 in totale), poi in semifinale è la Juve che deve arrendersi ai Red Devils con un 4-3 di aggregato.

Per la “finale del Millennio” che chiude un cerchio partito già dai gironi serve lo stadio delle grande occasioni: quale migliore scenario del Camp Nou? Sono previsti 25mila inglesi “contro” 28mila tedeschi; una finale pronta ai fuochi d’artificio, sia sul campo che sugli spalti. E dei pronostici, che si diceva all’epoca? Se lo United era più “bello”, con un tasso tecnico maggiore, il Bayern rispondeva a tono con compattezza e stabilità in campo. Uno scontro, almeno sulla carta, alla pari, tutto da gustare.

La “Finale del Millennio”: un match imprevedibile

Ferguson, oltre all’infortunato Berg in difesa, ha due squalifiche pesanti come macigni, entrambe in mezzo al campo: Roy Keane e Paul Scholes, non i primi due arrivati. Il modulo, però, non cambia: nel 4-4-2 disegnato dallo scozzese, c’è Schmeichel tra i pali, Iriwin, Johnsen, Staam, Gary Neville in difesa, Butt e Beckham in mediana con Giggs e Blomqvist sulle fasce, a supportare le due punte Yorke e Cole. Anche se i veri eroi, Sheringham e Solskjær, partiranno dalla panchina.

Anche Hitzfield ha delle defezioni: out, per infortunio, il difensore Lizarazu e l’attaccante Elber. La forza del Bayern sta però nel proprio pragmatismo: Kahn in porta, Matthaus a fare il libero con possibilità di avanzare a centrocampo, con Linke e Kouffour che prendono a uomo i due attaccanti dello United. Sulle fasce ecco Babbel e Tarnat, supportati anche dalle ali Basler e Zickler, con Effenberg e Jeremies sulla mediana a sostenere l’unica punta Jancker.

La cronaca della partita

C’è anche un po’ di Italia: ad arbitrare, infatti, è il 39enne Pierluigi Collina. Il match si gioca a una porta sola, ed è quella difesa da Peter Schmeichel: il Bayern è più determinato, parte meglio e dopo sei minuti passa in vantaggio. Fallo di Johnsen su Jancker e punizione dal limite; la batte Basler, che indirzza verso il palo lontano e infila l’angolino sorprendendo Schemichel. 0-1, ma i tedeschi azzannano la sola fonte di gioco dello United: con Beckham, virato in mediana e unico promotore di gioco, braccato da un asfissiante Jeremies, i Red Devils faticano. La loro reazione è inefficace, ridotta a qualche calcio d’angolo e pochissimi veri tiri nello specchio avversario.

Il Bayern fa il suo, chiudendosi con ordine e mettendo la testa fuori quando può, chiudendo il primo tempo in vantaggio. Come racconterà Schmeichel in un’intervista rilasciata alla UEFA qualche anno dopo, Ferguson nello spogliatoio carica i suoi con una frase semplice ma sicuramente pregna di significato: “Se giochiamo così non possiamo vincere. Quando tornate in campo la coppa è lì, guardatela, perché è il momento in cui la vedrete più da vicino se non cominciate a giocare meglio.”

 

Ferguson e Schmeichel

Ferguson e Schmeichel (via Youtube @UEFA)

Solskjær, l’assassino con il volto da bambino colpisce sul più bello la vittima perfetta

Dopo una spaccata finita alta sulla traversa di Blomqvist e un velleitario tentativo da 70 metri di Basler, Sir Alex rileva proprio Blomqvist per Sheringham al 67°, spostando Giggs a sinistra e mischiando un po’ le carte. Gli uomini di Hitzfield dominano comunque il match, sfiorando il raddoppio a più riprese, colpendo anche un palo e una traversa. Ancora Schmeichel, in quell’intervista di cui sopra, dirà che “dopo il palo di Scholl ho capito che avremmo vinto, ne ero sicuro.”

Così è stato: Ferguson getta nella mischia anche Solskjær per Cole, scardinando il solito 4-4-2 e passando al 4-3-3. I minuti finali sono da epica classica, un tripudio di emozioni che poche volte abbiamo potuto ammirare. Al 91° Beckham guadagna e batte un corner dalla sinistra, i bavaresi allontanano solo fino al limite dell’area dove Giggs colpisce servendo di fatto un assist a Sheringham, che da due passi batte Kahn e mette tutto in parità. Non è assolutamente finita qui: passano due minuti, ancora Beckham a battere il corner, questa volta Sheringham prolunga di testa verso il secondo palo dove Solskjær piazza la zampata vincente. È 2-1, nessuno ci crede, nessuno se lo sarebbe immaginato.

Curiosità e ammissioni di colpa

Anche l’allora presidente della UEFA Johansson rimase stupito: “Spuntai sul campo [per la premiazione, ndr] e rimasi confuso. Pensai: “Non è possibile, chi ha vinto sta piangendo e chi ha perso sta ballando“. Johansson, infatti, entrò in ascensore a 2′ dalla fine, con il Bayern Monaco in vantaggio per 1-0, e spuntò sul campo poco dopo il fischio finale, quando il punteggio era stato ribaltato 2-1 dal Manchester Utd.

Anche Matthaus dichiarerà la sua incredulità: “È raro per una squadra perdere una finale di Champions in maniera così immeritata, abbiamo dominato per 89 minuti. Dalla panchina eravamo convinti di averla già vinta, e questa sensazione ci ha insegnato diverse cose.” Ci fidiamo, Lothar, anche perché il Bayern vinse l’edizione successiva della Champions League. Ma questa è un’altra storia, oggi si festeggia “The baby-faced assassin”: Ole Gunnar Solskjær.

In collaborazione con Thomas Novello.

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