di Alessandro Colepio
Sandro Mazzola è stato uno dei calciatori italiani più rappresentativi ad aver vestito la maglia dell’Inter. Figlio di Valentino Mazzola, leggendario numero 10 del Torino e deceduto nella tragedia di Superga, il giovane Sandro si fa strada nelle giovanili granata per poi approdare all’Inter. Nato come centrocampista, sotto la guida di Helenio Herrera divenne attaccante con ottimi risultati, salvo poi tornare in mediana. La sua grande tecnica e le sue capacità tattiche gli permettevano di interpretare molto bene entrambi i ruoli.
Oggi vive fuori Monza, lontano dalla frenetica vita di Milano, ed è stato recentemente intervistato da Revista Libero, un quotidiano spagnolo; le sue parole, specialmente nei riguardi del Mondiale del ’66, potrebbero creare scompiglio in Federazione.
L’intervista a Mazzola
Di seguito riportiamo alcuni passaggi dell’intervista del quotidiano all’ex giocatore dell’Inter.
“Lei ha vissuto la trasformazione dal calcio in bianco e nero a quello a colori, con l’esposizione mediatica. Cosa ne pensa?“
“Oltre a questa, ho vissuto un’altra transizione. Nel ’58 l’Italia non si qualificò ai mondiali in Svezia e mi trovai al centro del progetto di rinnovo della Nazionale, che ci portò a vincere gli Europei del ’68 e l’argento al mondiale del ’70”.
“Lei fu un pilastro della Grande Inter. Pensa sia migliore la sua squadra che quella del Triplete con Mourinho?“
“Uff, erano altri tempi… però siamo stati i primi a vincere la Coppa dei Campioni con l’Inter. Ci concentravamo dal venerdì al lunedì mattina, ma spesso dovevamo giocare la coppa di lunedì sera. A fine anno eravamo distrutti”.
“Nel ’70 avete giocato la finale dei mondiali in Messico contro il Brasile, terminata male per voi…“
“Un’esperienza indimenticabile. Abbiamo sofferto tutti. Giocavamo a 2700 metri d’altura, ma io avevo la fortuna di aver già giocato in Messico con l’Inter. Dopo 10 minuti eravamo già senza fiato, ricordo che dissi ai miei compagni: ‘Non giochiamo all’Italiana, con palla lunga e corsa, o non reggeremo’. Capii che era meglio giocare con passaggi corti, alla sudamericana diciamo”.
“Come vivevi il dualismo con Rivera, l’altro 10 dell’Italia?“
“Noi odiavamo la situazione. Vedevamo il Brasile giocare con 3 o 4 mezze punte e avere comunque un gran gioco, dicevamo: ‘Vedi, solo noi non riusciamo a farlo’. L’Italia era così, c’era posto per un solo 8 e un solo 10. Noi soffrivamo molto per non poter condividere minuti in campo”.
Le dichiarazioni shock dell’ex giocatore
“Quella Coppa del Mondo è da ricordare. Quattro anni prima hai provato sulla tua pelle la terribile disfatta contro la Corea del Nord…“. Con questa frase, Mazzola si riferisce al Mondiale del ’66, in Inghilterra, quando l’Italia venne eliminata ai gironi da terza classificata, dietro all’URSS e alla Corea del Nord, con cui uscì sconfitta per 1 a 0 nello scontro decisivo; solo il Cile riuscì a far peggio. Mazzola, però, ha svelato un retroscena importante e veramente inquietante:
“Mamma mia, una tragedia. Ma la verità è che fu una situazione misteriosa. Quando tornammo in Italia, dopo la sconfitta, non volevo far niente, né uscire, né fare l’amore con mia moglie, ero sempre stanco. Un giorno venne il CT Edmondo Fabbri e mi chiese di fare delle prove. In quel periodo tutti lo volevano picchiare, era una situazione insostenibile.
Dopo le analisi scoprimmo che eravamo stati drogati da qualcuno della Federazione che voleva tagliare fuori l’allenatore. Nelle mie urine c’erano ansiolitici… io e i miei compagni di Nazionale ci ritrovammo tutti con Fabbri. Tutti avevamo gli stessi sintomi, capimmo che eravamo stati vittime di qualche direttore che voleva fare la rivoluzione. Provammo ad affrontare la situazione, ma ormai Fabbri era troppo odiato e lo fecero passare per pazzo”.
Parole veramente dure, quelle dell’ex giocatore nerazzurro. Se la Federazione ha veramente drogato i propri calciatori al fine di condizionarne le prestazioni, il calcio italiano potrebbe subire un grosso colpo, anche a distanza di anni; vedremo solo con il tempo che effetto avranno le dichiarazioni di Mazzola.
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di Alessandro Colepio
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