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Marlon Brando: l’uomo, l’attore, il mito

di Lorenzo Procopio

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Considerato uno dei maggiori interpreti della storia del cinema, la fama e la figura di Marlon Brando hanno segnato in modo indelebile l’immaginario della settima arte. La sua carriera e i suoi personaggi, tra i più memorabili che ancora oggi si ricordino, nonché il suo carisma e la sua personalità fuori dalle righe hanno fatto di lui un’icona, un fenomeno di costume, un vero e proprio mito della cultura popolare del XX secolo.

Anatomia di una stella: quando un attore diviene personaggio

Un uomo di mezza età, dai capelli elegantemente pettinati all’indietro, con indosso uno smoking e una rosa rossa all’occhiello. Un volto tirato, glabro se non per un paio di baffi sottili, il tutto evidenziato da una mascella prominente. Probabilmente è questa l’immagine che la maggior parte di noi associa a Marlon Brando, ossia quella della sua maschera più celebre, il don Vito Corleone protagonista de “Il Padrino”. Ruolo che, si può ben dire, da solo farebbe la carriera di un attore, e che di fatto ha consegnato Brando ad una fama che ancora oggi, dopo cinquant’anni, non sembra scemare. E così le due immagini, quella dell’attore e quella del personaggio, finiscono per apparire sbiadite, ambigue, mischiando l’una i propri tratti nell’altra. Perché è questo il processo a cui è andata incontro la figura di Marlon Brando: la trasformazione da uomo a icona, da persona a personaggio.

Il teatro: la leva che lo trasportò al successo hollywoodiano

Eppure la carriera dell’attore americano, a ben guardare, pullula di interpretazioni superbe. Una filmografia da capogiro che vanta la partecipazione ad alcune delle più notevoli pellicole del Novecento cinematografico. Nato nel 1924 in Nebraska, Marlon Brando iniziò la sua carriera da attore negli anni Quaranta, quando cominciò a calcare i palchi teatrali a seguito della sua formazione attoriale nel celebre Actor’s Studio di Lee Strasberg.

Il passaggio al grande schermo arrivò proprio grazie ad un successo teatrale, quello per “Un tram chiamato desiderio”. Nella celebre opera di Tennessee Williams, Brando interpretava Stanley Kowalski, il primo dei suoi iconici ruoli. La trasposizione cinematografica dell’opera nel 1951, che segnò la nascita del sodalizio tra Brando e il regista Elia Kazan, traghettò l’attore al successo hollywoodiano. Da lì una scalata inarrestabile: prima “Il ribelle” (1953), con il ruolo di un ribelle in sella alla sua motocicletta, il giubbotto di pelle e lo sguardo da duro che lo ha reso un sex symbol; poi la definitiva consacrazione con “Fronte del porto” (1954), ancora una volta diretto da Elia Kazan, che valse a Brando il suo primo Oscar come miglior attore protagonista.

 

il padrino

Una carriera complessa per un uomo dai mille volti

La sua carriera è stata costellata da diverse interpretazioni che gli sono valse numerose candidature all’Oscar. Egli infatti era particolarmente noto per la sua adattabilità tale da poter impersonare i ruoli più disparati senza perdere la sue straordinarie doti attoriali. Un esempio è “Un tram chiamato Desiderio“, il cui protagonista, Stanley Kowalski, è un uomo dominato dagli impulsi più brutali, compiendo delle gesta positive ma al tempo stesso anche immorali. Come non ricordare poi il film “Apocalypse Now” del 1979 e il suo protagonista, il colonnello Kurtz. Questi durante la guerra del Vietnam decide di disertare, rifugiandosi nelle foreste della Cambogia e conducendo una vita spietata come semidio, adorato da dei nativi. Per questo ruolo Marlon Brando dovette rasarsi, e, dato che aveva dei chili di troppo, il regista Francis Coppola decise di inquadragli solo la testa e in condizioni di penombra, conferendogli un aspetto di mistero e di straniamento.

Non solo attore, ma anche idealista

Brando, sebbene noto prevalentemente per la sua straordinaria carriera, è stato anche un grande umanitario. Sempre a sostegno delle minoranze e degli ultimi, partecipò alla famosa marca su Washington del 1963 per il lavoro e i diritti civili, e fu attivista del movimento Freedom Riders. Oltre alle sue attività filantropiche, un evento simbolo fu il rifiuto del premio Oscar nel 1973 per il suo ruolo ne “Il Padrino“. Venuto a sapere della sua vittoria, invece di ritirare il meritato premio, fece salire sul palco la nativa americana Sacheen Littlefeather che fece un discorso a difesa del suo popolo per il suo trattamento nel mondo cinematografico americano. Qui il video che testimonia tale evento.

Il suo percorso professionale e di vita è quello di un’icona poliedrica e incisiva sul set, e profondamente altruista e filantropa nella vita pubblica. Un connubio plasmato da un carattere ribelle, misterioso e controverso, ma che sicuramente ha forgiato un simbolo nel mondo del cinema. Per questo motivo abbiamo deciso di omaggiarlo in occasione dell’anniversario della sua morte, avvenuta nel 2004.

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Di Lorenzo Peratoner e Lorenzo Procopio

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