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Luther: Verso l’inferno, la recensione: a mali estremi, estremi rimedi

di Gabriele Di Nuovo

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Disponibile su Netflix dal 10 marzo, “Luther: Verso l’inferno” è un film diretto da Jamie Payne. Il cast della pellicola sequel dell’omonima serie BBC vede nel cast Idris Elba, Cynthia Erivo, Andy Serkis e Dermot Crowley.

Creata nel 2010 da Neil Cross, “Luther” è una serie crime che lanciò definitivamente la carriera di Idris Elba. Dopo la conclusione della quinta stagione, Neil Cross e Idris Elba hanno cercato di fare il possibile per permettere il ritorno del personaggio su schermo, e tra i vari impegni dell’attore e la ricerca di una storia che riportasse al meglio l’investigatore della polizia di Londra, finalmente arriva sui nostri schermi grazie a Netflix “Luther: Verso l’inferno”. Ma il ritorno dell’attore britannico nei panni del protagonista che dà il titolo alla serie, si è rivelato soddisfacente?

La risposta purtroppo non è completamente positiva… Offrendo la classica e inconfondibile struttura “alla rovescia” (per scoprirne di più, leggete il nostro NCS Consiglia dedicato alla serie), la pellicola che vede John Luther alle prese con quella che forse è la sua più grande e pericolosa nemesi, non brilla nell’esecuzione. Nonostante le ottime interpretazioni del cast e una regia curata, “Luther: Verso l’inferno” non riesce a colpire al 100% i fan della serie e non solo…

Una minaccia spietata e tecnologica

Dopo non aver risolto un caso di omicidio ed essere finito in carcere, John Luther (Idris Elba) si ritroverà costretto a evadere per fermare un pericoloso cybercriminale (Andy Serkis) che sta gettando nel panico tutta Londra. Oltre ad affrontare il pericoloso killer, l’ex ispettore capo Luther si ritrova ad affrontare la Polizia e il suo successore Odette Raine (Cynthia Erivo). Nonostante la sua intelligenza e le sue abilità che spesso lo hanno messo nei guai, riuscirà a fermare a qualunque costo il folle assassino? “Luther: Verso l’inferno” mette in scena quella che è la più grande minaccia mai affrontata dal protagonista; la dinamica creata tra il killer interpretato da un grandissimo Andy Serkis e il John Luther di Idris Elba, lasciava presagire un racconto dal grande respiro che riportasse in auge le atmosfere dello show BBC

Sfortunatamente per i fan della serie e per chi cerca un thriller valido però, la pellicola diretta da Jamie Payne non riesce a brillare del tutto nella sua esecuzione. Il lavoro svolto in fase di scrittura da parte dello stesso Neil Cross, ideatore dello show televisivo, non riesce a spiccare come le passate cinque stagioni, che tra alti e bassi offrivano un solido approfondimento psicologico del protagonista e della sua nemesi. Infatti, a venir meno sono proprio le reali motivazioni dietro le azioni del serial killer, che si rivelano in un paio di battute nel terzo atto della pellicola. Che il formato cinematografico non sia la strada giusta per i casi di John Luther? Forse, ma analizzando gli elementi positivi dell’opera in questione, possiamo vedere come un lungometraggio dedicato al personaggio non sia stato sfruttato al meglio.

Analogico contro digitale: uno scontro tra menti e tecnologia

“Luther: Verso l’inferno”, attraverso il suo villain interpretato da uno strepitoso Andy Serkis, mette in evidenza un aspetto molto attuale nella vita di tutti i giorni: la tecnologia; internet e svariati dispositivi elettronici sono le armi in più del killer per poter mettere in atto il suo folle piano, e soprattutto battere il suo rivale Luther. Quest’ultimo, come i fan della serie hanno imparato benissimo, sanno che non è un amante della tecnologia attuale. Infatti, è grazie alla sua intelligenza e conoscenza dell’animo umano che John risolve i suoi casi. Questo dualismo non solo funziona nel contrapporre all’investigatore una minaccia che adotta tattiche diametralmente opposte alle sue, ma tenta di mettere in scena anche una sorta di critica sociale; critica che entra a far parte delle dinamiche che collegano le vittime al killer e rendono il suo piano folle ed esibizionista.

 

luther: verso l'inferno

 

A rendere questo dualismo in parte interessante, il merito va a Idris Elba e Andy Serkis. I due attori offrono una performance a dir poco impeccabile e il primo mostra che può dare ancora tanto al personaggio di John Luther; nota di merito va anche all’interpretazione di Cynthia Erivo e al ritorno di Dermot Crowley nei panni di Martin Schenck, ex capo di Luther. Nonostante questo, la scrittura dei personaggi non si rivela brillante come in passato. Lo stesso protagonista sembra aver fatto passi indietro rispetto alle stagioni precedenti e la crescita interiore di John sembra essersi fermata; così, lo spettatore si ritrova con un personaggio già “conosciuto”. Inoltre, la caratterizzazione dei vari protagonisti della pellicola non vede uno sviluppo valido, rendendo di fatto il formato cinematografico in parte inadatto a raccontare i casi di John Luther.

Un mistero che non riesce mai a decollare

Oltre al problema di scrittura che penalizza in piccola parte le interpretazioni e rende “Luther: Verso l’inferno” imperfetto, a non eccellere è anche la costruzione della ricerca del serial killer. Sin dalla prima stagione, la serie creata da Neil Cross ha presentato una struttura quasi atipica per il genere crime; conoscendo da subito il volto del colpevole, le cinque stagioni di “Luther” vedevano il protagonista dare la caccia all’assassino e scoprire le motivazioni dietro le azioni di quest’ultimo. Anche in “Luther: Verso l’inferno” vediamo questa costruzione narrativa prendere vita su schermo. Nonostante la brutalità delle azioni commesse dal killer e il mistero dietro le motivazioni delle sue azioni, il film diretto da Jamie Payne prende una strana deriva; tra una narrazione che alterna il protagonista e il villain, lo spettatore si ritrova davanti ad alcune sequenze action.

Nonostante siano ben girate, come approfondiremo meglio in seguito, queste stonano col tono dei racconti visti in passato con protagonista John Luther. La svolta action delle indagini dell’investigatore londinese potrebbero far storcere il naso ai fan della serie, mentre i neofiti possono facilmente notare come queste sequenze più frenetiche sacrificano parte della narrazione; ma come viene sacrificata nel corso delle due ore di durata della pellicola? Utilizzando sequenze action per rendere più movimentata la storia, l’opera non riesce mai a far decollare al meglio il mistero dietro il serial killer. Questo approccio ha portato Neil Cross a scrivere una storia che non rende giustizia alla sua creazione. Tutto questo è evidente nel terzo atto, dove le motivazioni del personaggio di Serkis e la risoluzione finale del caso, si rivelano semplici e prevedibili, elementi che nella serie erano completamente assenti.

Un racconto dal respiro cinematografico

“Luther: Verso l’inferno” è l’esordio in forma cinematografica della serie ideata da Neil Cross, che insieme allo stesso Idris Elba, per anni ha tentato di portare sul grande schermo il suo investigatore; sfortunatamente però, per via degli impegni dell’attore protagonista e la pandemia, non hanno permesso all’autore di sbarcare sul grande schermo. Nonostante questo, il progetto viene acquisito e prodotto da Netflix, portando così la prima pellicola dedicata a John Luther sui schermi di tutto il mondo. Negli Stati Uniti e in UK è stato distribuito per pochi giorni nelle sale cinematografiche, e il tocco cinematografico è evidente sin da subito nella regia di Jamie Payne.

 

luther: verso l'inferno

 

La componente action per quanto è ben messa in scena, si mostra un’arma a doppio taglio da un punto di vista narrativo. Non solo destabilizza il tono visto nelle cinque stagioni della serie che precede la pellicola, ma porta tante situazioni al limite del surreale che rendono John Luther, ironia della sorte, più simile che mai a James Bond. A supportare l’ottima regia di Jamie Payne, troviamo una fotografia davvero ben realizzata da Larry Smith, che riesce ad alternare al meglio sequenze molto buie con i colori freddi di una Londra invernale, per passare poi alla sequenza innevata finale; unica nota dolente dell’aspetto tecnico della pellicola è l’utilizzo della CGI, molto discutibile e lontana dall’essere sullo stesso piano qualitativo dell’intera produzione.

Considerazioni finali

“Luther: Verso l’inferno” è il tentativo di riportare in auge il celebre investigatore interpretato da Idris Elba. Forte della performance del suo protagonista e di un Andy Serkis impeccabile, la pellicola scritta dal creatore della serie e diretta da Jamie Payne, non riesce a spiccare il volo. Con una critica sociale non poco velata, il mistero e le motivazioni dietro il killer vengono risolte in modo molto repentino e sempliciotto. L’azione inoltre, prevale sul modo di indagare che ha reso celebre il personaggio interpretato da Elba, trasformandolo in una sorta di James Bond.

Nonostante l’azione sia un contro da un punto di vista della scrittura, penalizzando così tutti i personaggi, la messa in scena è ben curata e molto cinematografica. La regia di Jamie Payne insieme alla fotografia di Larry Smith, regalano sequenze molto interessanti e godibili da vedere. In conclusione, “Luther: Verso l’inferno” è un thriller imperfetto che non soddisferà fino in fondo i fan della serie televisiva, ma che nonostante alcune pecche, regala due ore di puro intrattenimento.

Pro

  • Le interpretazioni del cast, su tutti Idris Elba e Andy Serkis;
  • Il raccontare la nuova minaccia di Luther integrandola nella vita di tutti i giorni;
  • La regia di Jamie Payne, davvero curata e fedele al tono della serie;
  • La fotografia di Larry Smith.

Contro

  • Una scrittura prevedibile e poco brillante che penalizza tutti i personaggi della storia;
  • L’approccio action che porta a snaturare in parte il suo protagonista;
  • Motivazioni più complesse dietro il villain, avrebbero giovato all’intero racconto.

 

 

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