di Gabriele Di Nuovo
È disponibile su Netflix dal 9 dicembre la seconda parte de “La Casa di Carta: Corea“. Il remake dell’omonima serie spagnola di successo è diretto da Kim Hong-sun e scritto da Ryu Yong-jae. Nel cast troviamo Yoo Ji-tae, Kim Yunjin, Park Hae-soo, Jun Jong-seo, Lee Won-jong, Park Myung-hoon, Kim Seung-o, Kim Ji-hun, Jang Yoon-ju, Lee Joobeen, Lee Hyun-woo, Kim Ji-hoon e Lee Kyu-ho.
Dopo una prima parte che, nonostante le moltissime analogie con lo show originale si è rivelata con molto potenziale, “La Casa di Carta: Corea” ritorna sui nostri schermi con i restanti sei episodi. Nonostante i frequenti punti in comune con la serie madre, la seconda parte presenta degli elementi sorprendenti che cambiano la prospettiva del racconto. L’aspetto politico solo accennato nella prima parte (trovate qui la nostra recensione), torna prepotentemente in questi episodi; ed è proprio questo lato e non solo, a rendere la serie scritta da Ryu Yong-jae decisamente migliore della sua controparte spagnola. Anche i personaggi e le situazioni tendono a non superare un limite di surrealismo esagerato, portando ad avere dei protagonisti fallibili e decisamente più umani…
Il colpo continua
La rapina alla Zecca di stato coreana continua; tra intrighi politici e colpi di scena, il Professore (Yoo Ji-tae) e il resto della banda si districheranno tra svariati pericoli e colpi di scena. “La Casa di Carta: Corea” prosegue da dove abbiamo lasciato i nostri protagonisti e nei restanti episodi, mette una parola fine alla rapina, facendo anche emergere le motivazioni dietro il colpo. Se siete rimasti delusi da quanto scoperto nella serie originale, lo show coreano mette sul banco delle solide motivazioni dietro il colpo più grande della storia.
Ma le sorprese non finiscono qui; nonostante il suo restare aggrappato al prodotto originale, pecca che la serie si porta dietro sin dalla prima parte, la sceneggiatura presenta alcuni risvolti che passano da un lato politico interessante e sempre attuale, fino ad arrivare alla presenza di alcuni personaggi.
“La Casa di Carta: Corea” con gli ultimi sei episodi, conferma tutti gli elementi positivi della prima parte e migliorando anche le sequenze action, che nella prima parte non erano impeccabili. L’unico elemento che non renderà lo show un successo planetario è il suo essere troppo legato al materiale di partenza; situazioni, dinamiche e strizzate d’occhio allo show originale, vanificano in parte il significato di remake che è stato appellato a questo prodotto. Fortunatamente però, possiamo dire di essere davanti ad un prodotto solido, con una scrittura coerente a quanto vuole raccontare e alla riduzione ai minimi termini dei momenti da soap opera della serie originale. Questo infatti, ci consegna dei membri della banda molto più maturi, umani e meno scellerati nelle scelte che prendono nel corso del racconto.
Una banda con cui empatizzare
“La Casa di Carta: Corea” con la seconda parte, dedica più spazio alla banda. Infatti, lo spettatore ha la possibilità di conoscere meglio le nuove interazioni dei rapinatori più noti della piattaforma streaming; questo permette quindi di empatizzare con la nuova banda. Ma a sorprendere e a differenziarsi dalla versione originale, sono i loro caratteri e le loro azioni.
Come anticipato infatti, se la serie spagnola adotta un approccio da soap opera per le relazioni, “La Casa di Carta: Corea” le rende più reali. Ad essere anche reali, sono buona parte delle azioni commesse, al netto di alcune esagerazioni che la magia del cinema e della TV permettono. Il Professore non appare infallibile e sempre con un piano pronto per portare a termine la sua missione, ma sfrutta semplicemente la sua intelligenza per rimediare agli errori; anche l’aspetto caratteriale si dissocia dalla serie originale.
Il Berlino di Park Hae-soo vi potrà sembrare meno carismatico rispetto alla controparte spagnola, ma nasconde un background molto più accattivante, che lo rendono protagonista di vari colpi di scena dello show. Stesso discorso può venire applicato al resto della banda che, a scapito della versione spagnola, cerca di farsi volere bene sul serio dal pubblico.
Se con il passare del tempo lo show del 2017 ha portato moltissimi spettatori a tifare la polizia spagnola, la banda coreana si rende molto più simpatica al pubblico. Ma qual è il grande segreto che rende i protagonisti di questo remake superiori alla versione originale? Tecnicamente non è presente nessun segreto, ma la scrittura dei protagonisti tende a dare a ciascuno di loro un background semplice ed efficace. Ma a colpire sopra ogni cosa, è lo scopo della rapina che affronta politica e vendetta sullo stesso piano.
Vendetta e politica: due aghi della stessa bilancia
“La Casa di Carta: Corea” sin dal suo primo episodio, ha presentato una sottotrama politica. Se la prima parte l’ha introdotta, i restanti episodi la rendono parte integrante della narrazione. Come si è scoperto nel corso della prima parte, a ideare il piano economico che avrebbe favorito il boom economico della Corea è stato lo stesso Professore. Questa rivelazione nella prima parte, oltre a differenziare il remake dalla serie madre, porta a galla due temi portanti dell’intera serie; stiamo parlando della politica e della vendetta. Per quanto possano sembrare distaccati come temi, si rivelano essere pesantemente collegati alla riuscita del colpo alla Zecca. Oltre a rivelare meglio le motivazioni dietro il colpo, “La Casa di Carta: Corea” mette in mostra un lato intrigante e completamente assente nello show spagnolo.
La presenza del tema politico, rende lo scopo della rapina molto reale, nonostante la portata del colpo. Il tutto è condito da un’ottima narrazione che non fa sentire la lunga durata degli episodi e anzi, sorprende lo spettatore con alcune scelte narrative a dir poco vincenti. Anche se abbiamo temi e situazioni che allontanano “La Casa di Carta: Corea” dalla versione originale, alcune sequenze sono riprodotte 1:1. Ribadiamo quindi che l’unico difetto dello show scritto da Ryu Yong-jae è il suo non osare eccessivamente. Un’altra pecca che abbiamo evidenziato nella recensione della prima parte, è il montaggio; infatti, nonostante una regia buona, nei momenti più concitati, questo non era tra i migliori in assoluto.
Un comparto tecnico in miglioramento
“La Casa di Carta: Corea” sin dal suo primissimo episodio, ha mostrato una regia decisamente valida. A peccare invece era, appunto, il montaggio. Lasciando alle spalle la prima parte e con la fiducia che questa pecca tecnica venisse colmata, le aspettative non sono state deluse. La regia è sempre di buon livello e il montaggio nelle sequenze action, si mostra molto valido e funzionale alla situazione su schermo grazie ad alcune scelte stilistiche inaspettate; una di queste la si può trovare in una sequenza dove lo spettatore vede tutto dal punto di vista di una body cam, rendendo la situazione simile a un videogioco. Il resto delle sequenze action sfrutta in alcuni momenti lo slow motion, mentre in altri la frenesia e la tensione del momento raccontato.
A non restare ancora ottima, è la fotografia. Era prevedibile non aspettarsi un cambiamento e l’effetto di “finto” resta ugualmente; nonostante ciò, il prodotto non perde di valore e anche se la presenza di varie sequenze copiate interamente dalla versione spagnola può deludere in parte lo spettatore, alcuni colpi di scena e alcune dinamiche, rendono “La Casa di Carta: Corea” un prodotto con una scrittura solida e che intrattiene fino alla fine, aprendo in modo sensato ad una potenziale seconda stagione.
Considerazioni finali
“La Casa di Carta: Corea” con la sua seconda parte, cura una pecca dei sei episodi precedenti e porta maggiore respiro alla sua storia. A guadagnarci sono tutti i protagonisti, che si rivelano molto più solidi e umani della versione originale dello show e l’effetto soap opera viene sacrificato per offrire una narrazione che affronta tematiche politiche e con colpi di scena che rendono la serie un remake a tutti gli effetti. Il cast fa del suo meglio e grazie al lavoro di scrittura, riescono ad interpretare egregiamente i loro personaggi.
Per quanto riguarda il lato tecnico, i problemi di montaggio visti nella prima parte sono stati colmati, mentre la fotografia non tra le migliori, è rimasta intatta senza offrire immagini interessanti. In conclusione, “La Casa di Carta: Corea” funziona e offre allo spettatore un prodotto più maturo rispetto alla serie madre, nonostante molte sequenze e alcune dinamiche siano identiche allo show del 2017.
Pro
- Le interpretazioni del cast;
- La scrittura dei personaggi, molto più credibili rispetto alle loro controparti spagnole;
- L’aspetto politico che emerge al meglio in questa seconda parte, collegandosi così alla storia;
- La regia di Kim Hong-sun e alcune scelte registiche inerenti l’azione.
Contro
- Il basarsi troppo sulla versione originale della serie;
- Fotografia non al meglio.
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