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Glass Onion – Knives Out, la recensione: il ritorno di Benoit Blanc

di Gabriele Di Nuovo

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Disponibile su Netflix dal 23 dicembre, “Glass Onion – Knives Out” è un film scritto e diretto da Rian Johnson. Il cast della pellicola vede il ritorno di Daniel Craig nei panni del detective Benoit Blanc. Insieme all’attore inglese troviamo Janelle Monáe, Kathryn Hahn, Leslie Odom Jr., Jessica Henwick, Madelyn Cline, Kate Hudson, Dave Bautista e Edward Norton.

Dopo il successo del primo film arrivato al cinema nel 2019 e il conseguente acquisto dei diritti da parte di Netflix, Rian Johnson riporta su schermo il detective Benoit Blanc. “Glass Onion – Knives Out” è un giallo come il capitolo precedente, ma riesce a prendere una strada tutta sua. Nuova ambientazione, nuovi personaggi e un nuovo caso, rendono il lavoro di Johnson un prodotto completamente differente. Ma il cambio di tono ha giovato alla nuova indagine del personaggio interpretato da Daniel Craig? La risposta è sì, ed è evidente sin da subito nel corso delle 2 ore e 10 di durata della pellicola. Nonostante il cambiamento, “Glass Onion – Knives Out” non è una pellicola perfetta, complice una costruzione dell’intreccio che presenta alcune analogie con il primo capitolo e una durata forse eccessiva per quanto la storia voglia raccontare.

Un nuovo mistero per Benoit Blanc

Durante il primo lockdown causato dal COVID-19 nel 2020, Benoit Blanc (Daniel Craig), alle prese con il periodo che ha colpito il mondo intero, si ritrova coinvolto in un nuovo caso. Questa volta l’investigatore viene invitato sull’isola privata di Miles Bron (Edward Norton), dove partecipa alla cena con delitto organizzata dal magnante proprietario del “terreno di gioco”. Qui Blanc farà la conoscenza degli altri partecipanti, fino a quando il gioco diventa realtà. “Glass Onion – Knives Out” a differenza del capitolo precedente che prende a grandi mani dai classici gialli, punta su uno stile più pop, sopra le righe e che strizza l’occhio al celebre gioco da tavolo (citato nella pellicola) Cluedo. La combinazione dei vari elementi citati, porta il nuovo caso di Benoit Blanc al livello successivo, mettendo alla prova l’arguzia e l’intelligenza del detective.

Se vi aspettate una pellicola completamene differente rispetto al predecessore, potreste restarne delusi in parte. “Glass Onion – Knives Out” presenta una struttura narrativa simile al prequel, rendendo incompleta la rivoluzione messa in atto da Rian Johnson con questo secondo capitolo. Il presentare un approccio sopra le righe e un prodotto decisamente più pop, dettato dai cameo inaspettati che vedrete nel corso del racconto, non rende “Glass Onion – Knives Out” rivoluzionario come ci si aspettava. Ma nonostante questo, il secondo caso di Benoit Blanc porta con sé molti elementi di valore.

Meno critica sociale, più cultura pop

Se il primo capitolo presentava una critica sociale messa in scena in modo intelligente, “Glass Onion – Knives Out” preferisce concentrarsi su altro. Se alcune tematiche e parti di background dei vari invitati alla cena con delitto possono offrire spunti di riflessione, Rian Johnson preferisce concentrarsi sul caso da risolvere e soprattutto far divertire il suo pubblico. La punta di diamante di questi due elementi è per l’appunto il detective Benoit Blanc. Con un minutaggio maggiore rispetto al capitolo precedente, l’investigatore interpretato da Daniel Craig ruba la scena all’intero cast della pellicola. Geniale, irriverente e sopra le righe quanto il tono del racconto, Blanc è il vero punto di forza del nuovo whodunit di Rian Johnson. Il nuovo personaggio di Craig, dopo aver abbandonato definitivamente i panni di James Bond in “No Time To Die” (trovate qui la nostra recensione), ritorna con un personaggio che ama e soprattutto amato dal pubblico, entrando di diritto nell’immaginario collettivo pop.

 

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Ma ad essere vicini alla nostra cultura pop e non solo, sono i vari personaggi presenti nella pellicola. Citando vari elementi e tematiche attualissime, su tutti un Edward Norton simil Elon Musk, i personaggi non sono caratterizzati per mettere in atto una critica sociale, come per il primo capitolo, ma sono definiti a fini narrativi e per ricordare il Cluedo. Il gioco da tavolo, che sin dal trailer si scopre essere avverso a Benoit Blanc, è una grande fonte di ispirazione per la pellicola. I personaggi sono strutturati in modo da essere attuali e soprattutto dei potenziali assassini, dove Blanc e lo spettatore si ritroveranno a risolvere un caso con non pochi colpi di scena. Ed è proprio tra un colpo di scena e un cameo che “Glass Onion – Knives Out” presenta un tono differente rispetto al film precedente.

Un caso sopra le righe

“Glass Onion – Knives Out” non punta sulla eleganza mostrata dal primo capitolo, ma porta su schermo un racconto sopra le righe. Questo è evidente nella costruzione dei vari personaggi, che sono molto estremizzati, e nella sua ambientazione. L’isola di Miles Bron, con tutti i suoi strumenti high tech e la sfrontatezza del classico “amante” dell’arte, sono i simboli di questo cambio di tono del lavoro di Johnson. Le atmosfere quasi surreali, nonostante il contesto realistico della pandemia, distaccano e rendono differente “Glass Onion – Knives Out”. Ma nonostante i colori sgargianti e le situazioni esagerate, la pellicola non brilla di ritmo nella prima parte. Sezione difficile da giudicare perché se da una parte porta i personaggi a venire approfonditi al meglio, dall’altra abbiamo una pellicola che parte molto lentamente e allunga il tutto. Questo rende “Glass Onion – Knives Out” eccessivamente lungo rispetto a quello che principalmente vuole raccontare. Inoltre l’intreccio della storia sorprende, rendendo il tutto imprevedibile, ma la costruzione della rivelazione si rivela per la maggior parte fin troppo simile al film del 2019.

Purtroppo su questo punto, Rian Johnson non ha osato, non offrendo un sequel/nuovo caso rivoluzionario rispetto a quanto promesso. I rapporti tra i protagonisti invece sono molto più ingarbugliati tra loro, offrendo dinamiche sorprendentemente migliori al precedente capitolo “familiare”. Infine arriviamo ai cameo; la presenza di vari volti noti del cinema e non solo, oltre a rendere la storia vicina al pubblico, porta la pellicola ad essere meta cinematografica. In questo 2022 essere meta cinematografici sembrerebbe essere un mantra e Rian Johnson si unisce a questo club ristretto di autori che hanno optato per questo approccio. Per quanto possa sembrare fuori luogo, l’aspetto meta di “Glass Onion – Knives Out” funziona. Alcuni dei momenti più divertenti del racconto derivano proprio da questo aspetto, oltre a mostrare alcune lacune del geniale detective.

Squadra che vince non si cambia

Nonostante l’approdo su Netflix, “Glass Onion – Knives Out” vede il ritorno dello stesso team creativo dietro la pellicola del 2019. Rian Johnson oltre alla regia, ha curato la sceneggiatura con tutti i suoi pro e contro che abbiamo potuto evidenziare in precedenza. Se la pellicola soffre un primo atto troppo prolisso, nonostante approfondisca i vari personaggi, dal secondo atto fino alla conclusione, il film cambia passo. Con un colpo di scena sorprendente, Johnson prende in mano il ritmo del racconto e lo rende incalzante e intrigante, spingendo lo spettatore verso la risoluzione finale. Come già menzionato, anche se efficace, la risoluzione rimanda fin troppo al capitolo precedente. Non nello svolgimento e nella risoluzione, bensì nella messa in scena in fase di montaggio.

 

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Infatti ad occuparsi del montaggio è Bob Ducsay, già dietro il primo film. Oltre al montatore, tornano al fianco di Rian Johnson e Daniel Craig il DoP Steve Yedlin e il compositore Nathan Johnson. I lavori che risaltano al meglio sono proprio quelli svolti da Yedlin e Nathan Johnson. Il direttore della fotografia porta su schermo una fotografia completamente agli antipodi rispetto al lavoro del 2019. Il sole della Grecia e l’ambientazione estiva, sono esattamente l’opposto dell’autunno americano del primo capitolo. Anche le musiche si differenziano rispetto al passato. Lo “stravolgere” il lato audiovisivo della pellicola, va di pari passo con il cambio di tono ideato dal regista e sceneggiatore. Questo rende “Glass Onion – Knives Out” un prodotto con una sua identità, unica nel genere e differente dal caso passato del suo protagonista.

Considerazioni finali

“Glass Onion – Knives Out” è un film differente sotto molti punti di vista rispetto al predecessore. Forte di una costruzione dei background dei vari personaggi e di un maggiore minutaggio per il Benoit Blanc interpretato da un Daniel Craig al top, rendono questo nuovo caso più articolato rispetto al passato. Ma nonostante questo, un primo atto eccessivamente lento e una costruzione del caso molto simile a quanto fatto nella pellicola del 2019, vanificano l’aspetto rivoluzionario del nuovo lavoro di Rian Johnson.

La presenza di cameo inaspettati e l’aspetto meta cinematografico del racconto, che lo porta ad essere sopra le righe, distaccano “Glass Onion – Knives Out” dal prequel. Nel complesso, il nuovo caso di Benoit Blanc funziona, il cast e la costruzione del loro background sono ben scritti, ma la voglia di osare non è sufficiente. Il cambiamento drastico del racconto è evidente solo nell’ambientazione e nel tono della pellicola, ma non nella sua narrazione. In conclusione, “Glass Onion – Knives Out” è un whodunit che funziona ma che non stravolge il genere come promesso da Rian Johnson.

Pro

  • Le interpretazioni del cast, su tutti Daniel Craig;
  • Il team produttivo che si riunisce e consegna un lavoro differente al prequel;
  • La presenza di alcuni cameo inaspettati e dal sapore meta cinematografico;
  • Il tono diverso dal titolo arrivato al cinema nel 2019.

Contro

  • La costruzione della risoluzione del mistero è fin troppo simile al primo capitolo;
  • La prima parte è eccessivamente lenta nel raccontare i protagonisti.

 

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