di Federico Minelli

Di pazzie nel mondo del calcio se ne sono viste tante, ma è sempre bello quando c’è qualcuno che ci ricorda la vera essenza di questo sport. È il caso di Diego, super tifoso di Messi che è partito dal Perù, suo paese natale, affrontando un viaggio di ben 10.000 chilometri solo per vedere la “Pulce”, suo idolo. Il 26enne peruviano si è poi raccontato a “Le Parisien”, noto quotidiano francese molto vicino al Paris Saint Germain.

Diego, un sogno realizzato

“Mi chiamo come Maradona”. Si è presentato così al Camp des Loges, quartier generale del PSG, il giorno della ripresa degli allenamenti dopo la delusione in Champions contro il Real Madrid. Nella vita fa l’ingegnere, ma il suo sogno nel cassetto è sempre stato quello di poter vedere dal vivo Leo Messi.

E domenica scorsa c’è riuscito: era in prima fila al Parco dei Principi nonostante il biglietto fosse “Carissimo, ho speso quasi 300 euro”, a festeggiare il 3-0 dei parigini sul Bordeaux. Nonostante la netta vittoria, non sono mancate le contestazioni anche nei confronti di Messi, cosa che Diego non capisce.

“Nessuno ha il diritto di fare un qualcosa del genere. Né a Messi, ma neanche a CR7, Ronaldinho, o a Ronaldo. Anzi dovremmo essergli grati e goderci i loro ultimi anni. Non va bene, non credo sia un qualcosa di giusto. Mi dispiace per i francesi, forse potrebbero essere delusi da queste parole, ma la penso così”.

Maradona (@Shutterstock)

Il tour continua, destinazione Napoli

Allora Diego ha deciso di rimandare di qualche giorno la partenza, inizialmente programmata il giorno dopo la partita.

È rimasto per poter assaporare ancora un po’ tutta la magia di Messi, anche in allenamento, e magari per rincuorarlo: “Volevo dirgli di non mollare, di non ascoltare. Non è giusto fischiare Messi”.

Dopo un viaggio così lungo, però, Diego non ha intenzione di tornare in Sud America senza prima aver girato un altro po’ in Europa. La prossima tappa è Napoli, il 4 aprile. La motivazione è semplice: “Voglio vedere lo stadio Diego Armando Maradona ”.

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di Federico Minelli

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