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Dampyr, la recensione: tra guerra, vampiri e ricerca della propria identità

Al cinema dal 28 ottobre, “Dampyr” è un film diretto da Riccardo Chemello basato sull’omonimo fumetto della Sergio Bonelli Editore. Il cast è formato da Wade Briggs, Stuart Martin, Frida Gustavsson, Sebastian Croft e David Morrissey.

Primo progetto di quello che sarà il Bonelli Cinematic Universe, “Dampyr” dopo essere stato annunciato in pompa magna a Lucca Comics & Games del 2019, finalmente arriva nelle sale italiane. La scelta di iniziare questo nuovo universo cinematografico con forse uno dei personaggi meno noti della casa editoriale, rende sin da subito il lavoro diretto da Riccardo Chemello, al suo primo lungometraggio, molto interessante. Infatti è la prima volta che un racconto dai toni dark fantasy, viene prodotto in Italia. Con un budget da 15 milioni di euro, “Dampyr” punta ad essere non solo l’inizio di un nuovo universo, ma un nuovo standard per il blockbuster italiano. Sarà riuscito in questa impresa “impossibile”? La risposta è molto più articolata di quello che vi potreste aspettare.

Combattere la vera guerra

Balcani, anni ’90. In piena zona di guerra, Emil Kurjak (Stuart Martin) insieme ai suoi uomini, fanno una terribile scoperta nel paese di Yorvolak. I soldati trovano l’intero villaggio massacrato da misteriosi e sovrannaturali assassini. La pericolosa scoperta farà sì che Kurjak ricorra all’aiuto di Harlan Draka (Wade Briggs), un truffatore che si spaccia per Dampyr, un cacciatore di vampiri che nasce dall’unione tra un’umana e un Maestro della Notte. Quando i due si ritrovano nel paese devastato, le loro vite cambieranno per sempre e insieme alla vampira disertrice Tesla (Frida Gustavsson), andranno a caccia del Maestro della Notte Gorka (David Morrissey).

Queste sono le premesse di “Dampyr” e dei primi due albi a fumetti da cui la pellicola è tratta. Scritto da Mauro Boselli, co-creatore del personaggio che ha esordito nelle nostre edicole nell’ormai lontano 2000, consegna allo spettatore un film molto fedele alla sua controparte cartacea. Per quanto questo sia un valore aggiunto al prodotto, allo stesso tempo si rivela un’arma a doppio taglio, consegnandoci un film decisamente imperfetto e anche “anziano” nella sua struttura narrativa.

Essere un Dampyr

Il film diretto dall’esordiente Riccardo Chemello, vede un cast internazionale. Su carta questo potrebbe portare molti vantaggi alla pellicola; da una visibilità all’estero, infatti il film sarà distribuito da Sony, fino ad arrivare all’avere un taglio hollywoodiano per quello che è un blockbuster ad alto budget per gli standard italiani. Sfortunatamente a non funzionare del tutto è proprio il protagonista. Wade Briggs non riesce a portare su schermo un Harlan credibile e tormentato. Proprio su quest’ultimo punto è dove l’attore pecca, non riuscendo a mostrare allo spettatore il tormento causato dagli incubi che affliggono il protagonista. La direzione degli attori di Chemello, per essere al suo primo lungometraggio, è valida. Questo infatti è evidente da parte dei co-protagonisti interpretati da Stuart Martin e Frida Gustavsson.

 

 

Gli interpreti di Kurjak e Tesla, oltre a essere molto credibili nei rispettivi ruoli, mostrano un’ottima chimica tra loro e lo stesso Briggs. Infatti Martin e Gustavsson sono i migliori del cast della pellicola e a vanificare parte del loro lavoro, ci pensano dei dialoghi non sempre brillanti, ma su questo punto ci torneremo a breve. Infine nei panni del villain troviamo David Morrissey. Celebre per il suo ruolo dello spietato Governatore in “The Walking Dead”, Morrissey interpreta il Maestro della Notte Gorka. Il villain in questione non brilla di originalità e complice le classiche motivazioni da cattivo, a funzionare della performance dell’attore è la presenza scenica di Gorka. I problemi evidenziati sui protagonisti è dettato da uno standard narrativo “vecchio” che danneggia soprattutto il ritmo della pellicola.

Una narrazione basilare e altalenante

Il problema più grande di “Dampyr” è la sua sceneggiatura. Nonostante il lavoro svolto per poter adattare al meglio i primi due albi del fumetto, a pagarne le conseguenze sono lo script e il ritmo della pellicola. La storia non offre niente di nuovo in un panorama cinematografico globale, nonostante l’ambientazione sia poco utilizzata e decisamente accattivante, offrendo un parallelo tra la guerra dei Balcani e la guerra contro i Maestri della Notte che non viene però approfondito al meglio, “Dampyr” è un film che nella narrazione non brilla di innovazione. A risentirne sopra ogni cosa sono i dialoghi. Molto numerosi e poco brillanti, portano ad un calo del ritmo narrativo esagerato, rendendo i 102 minuti di durata forse un pochino più lunghi di quello che dovrebbero essere.

Oltre ai dialoghi, è evidente come il film di Chemello sia radicato a stilemi narrativi ormai obsoleti. Ma per quanto siano obsoleti, se ben gestiti, possono funzionare al meglio. Se da una parte i dialoghi non aiutano, dall’altra un setting narrativo accattivante come quello offerto da “Dampyr”, rende uno schema narrativo proveniente dagli anni ’90/inizi anni 2000 decisamente interessante. Perché a funzionare al meglio in “Dampyr” è il suo mondo. Un dark fantasy radicato nel mondo reale, basti pensare all’ambientazione del racconto, con elementi provenienti dal mondo dei vampiri ma con un background differente dettato dalla presenza dei Maestri della Notte, rende una parte di questo universo narrativo molto interessante e soprattutto inedito.

Dampyr è l’inizio di qualcosa di più grande?

Con il logo animato dedicato alle produzioni Bonelli Editore a inizio film, “Dampyr” vuole essere l’inizio di un vasto universo cinematografico. Con storie di vario genere, dal western con Tex all’horror mistery di Dylan Dog, per arrivare al puro fantasy di Dragonero che avrà una serie animata targata Rai, la Bonelli Editore è pronta a portare le sue storie sul piccolo e grande schermo. Anticipato sin dal principio, “Dampyr” è l’inizio di questo vasto universo cinematografico e sarà interessante vedere come opere diverse tra loro, collideranno in un unico cinematic universe. Il film diretto da Riccardo Chemello è solo l’inizio non solo per la storia di Harlan e dei suoi improbabili alleati, ma di un qualcosa che punterà a stravolgere le carte in tavola del cinema italiano.

 

 

Quando in Italia vediamo ambizione, quindi puntare a proporre qualcosa di diverso al pubblico, non dobbiamo restare fermi o partire col mero pregiudizio. “Dampyr” adesso e prima di lui “Diabolik” dei Manetti Bros. (trovate qui la nostra recensione), è la prova di come un cinema pop e commerciale sia possibile nel nostro paese. La pellicola targata Bonelli è costata ben 15 milioni di euro e grazie a Sony riceverà una distribuzione globale; sono elementi sufficienti per comprendere al meglio la portata e l’ambizione del progetto nostrano. Infatti “Dampyr” nonostante le sue pecche, è un progetto che mette la prima mattonella per qualcosa di ambizioso e di respiro internazionale targato Made in Italy.

Un comparto tecnico sorprendentemente buono

A sorprendere più di ogni altra cosa in “Dampyr”, è il lavoro dietro la macchina da presa. La regia di Riccardo Chemello riesce a consegnare un prodotto action difficile da trovare nel nostro paese. Se la regia dell’azione è buona, in alcuni momenti più concitati è il montaggio a mostrarsi in piccola parte confusionario. Nonostante questo, le poche sequenze action funzionano e mostrano anche un utilizzo impressionante di VFX in una produzione italiana. Ed è proprio questo a rivelarsi a dir poco clamoroso. Infatti tutti gli effetti visivi sono sorprendentemente di buon livello, nonostante il budget non sia minimamente ai livelli di una pellicola USA. La resa visiva dei rapidi movimenti dei vampiri e dell’energia sprigionata dal villain, è ottima per una produzione di questo livello.

La fotografia della pellicola è molto valida, regalando paesaggi spettrali e consegnando allo spettatore un racconto dark fantasy ancorato alla dura realtà della guerra dei Balcani. Oltre a mostrare alcune immagini suggestive, la fotografia di “Dampyr” a opera di Vittorio Omodei Zorini, riesce a colmare al meglio il gap produttivo tra la pellicola italiana e i lavori USA. Questo lavoro non penalizza la pellicola, anzi riesce a nascondere alcuni limiti dettati dal budget con una cura avuta sin da subito sul set, confezionando così un prodotto valido da un punto di vista tecnico. Infine il trucco utilizzato per i vampiri e Gorka, è ben realizzato e su schermo rende al meglio consolidando il buon livello della pellicola sul proprio comparto tecnico.

Considerazioni finali

“Dampyr” non è un cinecomic perfetto. Con un interprete protagonista meno carismatico e credibile rispetto ai suoi co-protagonisti, il tutto culminato in dialoghi non proprio brillanti e una struttura narrativa “vecchia”, la pellicola di Riccardo Chemello riesce a prendere una sufficienza dell’ultimo secondo. Il resto del cast è valido, la regia dell’esordiente italiano e tutto quello che concerne il lato tecnico anche. Un mondo narrativo inedito nel cinema italiano e non solo, rendono “Dampyr” l’inizio di un qualcosa di più grande. Nonostante le sue imperfezioni, il progetto meriterebbe una possibilità soprattutto per il quadro più grande dietro l’idea della Bonelli, in modo tale da poter garantire il futuro di un nuovo universo cinematografico e un sequel di “Dampyr” che ha imparato dagli errori passati e perché no, con un budget maggiore.

Pro

  • Le interpretazioni di Stuart Martin e Frida Gustavsson;
  • Il background del mondo di “Dampyr”;
  • L’ambizione dietro questo progetto per il futuro multimediale di Bonelli Editore;
  • Regia, fotografia e VFX della pellicola.

Contro

  • Uno schema narrativo “vecchio”, penalizzando così dialoghi e ritmo della pellicola;
  • La scelta dell’attore protagonista che non rispecchia al meglio la controparte cartacea sotto ogni punto di vista;
  • In alcune sequenze concitate, il montaggio non è ottimale.

 

 

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Ecco a voi alcune delle nostre ultime recensioni:

Gabriele Di Nuovo

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