La prima edizione del torneo si giocò nel ’55/56 e si impose subito il dominio del Real Madrid, che addirittura ne vinse 5 di fila. A strappare il trofeo dalle mani dei blancos ci pensò, contro tutti i pronostici, il Benfica. I portoghesi si imposero per due edizioni di fila, dal ’60 al ’62, e superarono in finale sia il Barcellona che il Real Madrid.
La seconda impresa si registra nel ’66/67: a trionfare è il Celtic di Glasgow, che a Lisbona supera l’Inter per 2 a 1. Si tratta dell’unico successo di una squadra scozzese in Champions League, che con la vittoria diventò anche la prima squadra in assoluto a mettere a segno il Treble. I biancoverdi torneranno in finale 3 anni più tardi, ma dovranno arrendersi di fronte ad un’altra favola di quell’edizione: il Feyenoord.
Il calcio olandese a livello europeo è sempre stato rappresentato dall’Ajax, che ha vinto molto e ci ha regalato alcuni fra i più grandi campioni della storia. Nell’annata ’69/70, però, il Feyenoord si è ritagliato il suo momento di gloria e ha alzato al cielo la sua unica Coppa dei Campioni sul prato di San Siro.
Il periodo che va dal ’76 all’82 segna un dominio incontrastato delle squadre inglesi. Il Liverpool vince le sue prime due Champions League e poi passa il testimone al…Nottingham Forest. I biancorossi vincono per ben due anni di fila, nel ’79 e nell’80, portandosi a casa entrambe le finali per uno a zero. Un’impresa incredibile, e pensare che attualmente i Tricky Trees navigano fra Premier League e seconda divisione senza riuscire a tornare agli splendori di un tempo.
Il monopolio d’oltremanica non è ancora finito, e le soprese nemmeno: l’82 è l’anno dei miracoli probabilmente, perché ad alzare la coppa è l’Aston Villa. Il club di Birmingham supera il Bayern Monaco per 1 a 0 e tocca il punto più alto della sua storia. Qualche mese più tardi, in estate, i Mondiali in Spagna li vincerà un’altra squadra sfavorita che ben conosciamo…
Un salto nel tempo di 4 anni ci porta all’edizione ’85/86: sale sul tetto d’Europa la Steaua Bucarest, che milita nel campionato rumeno. Si tratta della prima volta che una squadra di una lega così secondaria riesce a portarsi a casa il trofeo più prestigioso di tutti. Evidentemente quella vittoria fu d’ispirazione per molti, in quanto nelle due successive stagioni vinsero il trofeo il Porto prima e il PSV poi. La Steaua, tra l’altro, tornò in finale qualche anno dopo, contro il Milan degli olandesi, ma si arrese alla classe dei rossoneri.
Tornando alla nostra narrazione ci spostiamo in zona Balcani, precisamente all’annata ’90/91. La guerra civile jugoslava è ormai alle porte e in tutta la nazione si respira un area tesissima. La situazione politica è ormai allo sbaraglio, ma sul campo è un altra storia: la Stella Rossa di Belgrado alza al cielo la sua prima e unica Coppa dei Campioni. La tifoseria è in delirio e la città si riempie di cittadini felici che hanno solo voglia di festeggiare. Peccato che, qualche mese più tardi, gran parte di quei tifosi imbraccerà i fucili e darà inizio a una delle guerre più sanguinose della storia.
L’ultima favola che la Champions League ci ha regalato, togliendo il Chelsea di cui abbiamo già parlato, si divide in due parti ed ha uno stesso protagonista: José Mourinho. Il portoghese ha regalato ai posteri due incredibili storie di calcio, la prima delle quali ha luogo nel 2003/04. Il Porto, guidato da un Mou alle prime armi, si laurea campione d’Europa con un secco 3 a 0 ai danni del Monaco. Quella squadra contava giusto qualche individualità, come il fantasista Deco, ma la differenza l’ha fatta l’organizzazione e la solidità che lo Special One è riuscito a dare.
Chiudiamo con l’ultimo trionfo di un’italiana in Champions League: stagione ’09/10, l’Inter di Mourinho si porta a casa la Coppa e il triplete dopo aver superato per 2 a 0 il Bayern Monaco. Sui nerazzurri c’è poco da dire, ormai i nomi di quell’impresa sono più che noti a tutti gli appassionati di calcio del nostro paese. Milito, Sneijder, Zanetti, Eto’o… e, ovviamente, José Mourinho. Perché se quel gruppo di giocatori è riuscito ad arrivare fino in fondo anche davanti a squadre nettamente superiori, lo deve in gran parte parte al carisma e all’intelligenza del suo condottiero. Battere quel Chelsea agli ottavi e quel Barcellona in semifinale fu un’impresa clamorosa.
Questo era il racconto degli outsider, o Dark Horses (cavalli neri), che hanno vinto la Champions League. Favole di un calcio diverso, che speriamo potremo presto tornare a vedere. Perché, citando un profeta olandese con la maglia numero 14, alla fine non si è mai visto un sacco di soldi riuscire a fare goal.
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