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Blonde, la recensione: la decostruzione di una stella del cinema

di Gabriele Di Nuovo

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Disponibile su Netflix dal 28 settembre, “Blonde” è un film scritto e diretto da Andrew Dominik. Il cast è formato da Ana De Armas, Bobby Cannavale, Adrien Brody, Xavier Samuel, Evan Williams e Julianne Nicholson. La pellicola è basata sull’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates.

Dopo una lunga produzione e l’anteprima in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 2022, “Blonde” finalmente arriva sui nostri schermi. La pellicola scritta e diretta da Andrew Dominik basata sull’omonimo romanzo del 1999 di Joyce Carol Oates, racconta in chiave drammatizzata momenti della vita di Marilyn Monroe. Non prendete però il progetto per un classico biopic, perché al netto degli eventi e personaggi reali che appaiono nel racconto, “Blonde” racconta un lato sconosciuto a molti della celebre attrice. Il focus non è la carriera di una delle icone pop del cinema e non solo, ma il fulcro del racconto è la doppia vita condotta da Norma Jeane Mortenson.

La difficile vita di una donna da due identità

Partendo da Los Angeles del 1933, “Blonde” inizia la sua storia mostrando la vita di una piccola Norma Jeane insieme a sua madre Gladys (Julianne Nicholson). Il difficile rapporto tra le due proietterà lo spettatore 10 anni dopo, mostrando gli inizi della carriera di colei che diventerà Marilyn Monroe (Ana De Armas). Da qui la storia inizia a raccontare l’ascesa nel cinema dell’attrice, la ricerca di una figura paterna, gli aborti e la scissione delle due identità: Norma e Marilyn. “Blonde” per quanto possa apparire un biopic con dei stilemi narrativi classici, si discosta dal genere grazie a quello che racconta.

Basandosi sull’omonimo e discusso romanzo di Joyce Carol Oates, il film racconta attraverso una drammatizzazione molto libera e distante dalla realtà (sta a voi capire quanto è distante dalla vera storia), l’ascesa e la storia dietro il successo della celebre attrice. Uno dei temi portanti della storia, menzionato e mostrato in modo crudo e diretto nelle 2 ore e 37 minuti di durata, è la netta divisione fatta tra Norma Jeane e Marilyn. Come due personaggi completamente differenti, le azioni e i sentimenti delle due identità, porteranno la donna a compiere delle scelte che avranno ripercussioni sulla sua vita.

Lo spietato mondo di Hollywood

“Blonde” mostra l’arrivo a Hollywood di Norma, dove poi diventerà Marilyn Monroe. I successi al cinema sono numerosi, ma il dietro le quinte di questo successo, viene mostrato senza filtri nella pellicola. Il trattare la donna come “carne” da vendere, espressione usata dal presente ma mai chiamato col suo nome Joe DiMaggio (Bobby Cannavale), e abusarne per farle ottenere il tanto agognato successo, è il primo pezzo del puzzle che porta Norma alla sua crisi d’identità. I ritmi e la dominante presenza maschile nel settore cinematografico, portano all’interno di Norma una scissione tra sé stessa e il suo nome d’arte. Questa crepa, porterà il declino dal punto di vista umano dell’attrice, tanto che determinate scelte prese nel corso della sua vita, sono state “pilotate” da una delle due personalità.

 

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La complessa figura psicologica di Norma/Marilyn, viene trasposta su schermo al meglio, grazie alla sceneggiatura scritta dallo stesso Andrew Dominik e dalla interpretazione da Oscar di Ana De Armas. L’attrice cubana riesce a calarsi al meglio nei panni della tormentata star del cinema, regalando una performance da premi. Che possa essere la consacrazione definitiva per la De Armas? Inoltre, la somiglianza con la Monroe in alcuni frame della pellicola è a dir poco impressionante e il tutto senza aver bisogno di grossi lavori col trucco e tutto quello che concerne l’aspetto dell’interprete in un set. Ma “Blonde” non si ferma qui, perché la pellicola mette in evidenza altri aspetti della vita dell’attrice, come la ricerca di una figura paterna e la questione aborto che ha diviso la critica oltreoceano e non solo.

La ricerca di un amore mai avuto 

Uno dei punti che ha influenzato i sentimenti e la psicologia di Norma Jeane, è l’assenza di una figura paterna. Mostrato in foto dalla madre all’inizio della pellicola, questa è una figura quasi onnipresente nel corso della sua vita. Potrà sembrarvi contradittorio, ma nonostante l’assenza, il padre di Norma è presente nei suoi pensieri e soprattutto nella concezione di amore per la donna. Dividendo la pellicola nei suoi tre atti, possiamo evidenziare le tre relazioni più importanti di Norma/Marilyn. La prima è quella avuta con Cass Chaplin (Xavier Samuel) e Eddy Robinson Jr. (Evan Williams). In questo triangolo, Norma scopre che può essere amata per chi è davvero e no per il suo essere Marilyn. Il lavoro e altri eventi però, allontanerà l’attrice dai due figli d’arte.

La seconda relazione e primo matrimonio di Marilyn fu con il famoso giocatore di baseball Joe DiMaggio. Mostrando amore sincero per la donna, DiMaggio sposò Norma per cercarle di dare la vita che desiderava, ma il lavoro e la voglia di emergere di Marilyn, portò a violenze domestiche e alla fine del matrimonio. Ma cosa accomuna questo matrimonio e il successivo con Arthur Miller (Adrien Brody)? Oltre al conseguente divorzio, ad accomunare i due rapporti è il nominativo dato ai due: daddy (paparino). Il chiamare i suoi mariti “daddy”, mostra come Norma vedeva in loro una figura paterna, quella immagine e quell’amore mai avuto in tutta la sua vita. A rovinare però il tutto, ci ha pensato la sua carriera da attrice e l’incidente in spiaggia che ha portato al secondo aborto di Norma Jeane.

L’aborto e la sua influenza nella vita di Norma Jeane

Tema affrontato nella pellicola, generando lo sdegno di buona parte della critica oltreoceano, è l’aborto. Norma Jean ha affrontato in tutta la sua vita ben tre aborti, di cui l’ultimo è ipotesi nata da varie voci che la vedevano come amante del presidente Kennedy. Se il primo aborto è stato deciso dalla stessa attrice, il secondo avvenne a causa di una caduta in spiaggia, portando così alla perdita del figlio che avrebbe avuto con Arthur Miller. I due eventi sono stati cruciali nella vita di Norma. Il primo aborto ha portato la definitiva scissione tra Norma e Marilyn, rendendo di fatto le due identità persone completamente differenti. Il secondo aborto avvenuto a causa di una caduta, ha spezzato definitivamente le speranze di Norma di vivere una vita normale e mettere su famiglia.

 

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Un tema spinoso come quello dell’aborto, viene utilizzato da Andrew Dominik per poter raccontare e mostrare le debolezze di una donna che nonostante il successo, ha sofferto tanto dietro le quinte. A dare man forte a questa tematica, ci pensa tutta la sequenza che mostra l’ipotetico rapporto con il presidente degli USA Kennedy. Oltre al mostrare alcune delle scene più crude di tutta la pellicola, “Blonde” mette in evidenza come l’amore sia un “premio” impossibile da ottenere, mostrando come agli uomini sia importato di Norma solo per la sua bellezza e niente di più. Infatti nel corso della pellicola, l’intelligenza della donna viene messa in evidenza tanto quanto la sua fragilità, fragilità che l’ha portata poi alla totale solitudine e successiva morte.

Una fiaba dark in 4:3

“Blonde” come già menzionato in precedenza, non è un biopic. La pellicola di Andrew Dominik in realtà è una fiaba con toni cupi, dove la protagonista non ha un lieto fine. Arriva in alto, ma a caro prezzo; questa è l’essenza della storia o per essere precisi, un focus drammatizzato sulla vita di Marilyn Monroe. Sfruttando il bianco e nero e vari formati cinematografici, dove prevale e spicca il 4:3, “Blonde” mette in mostra, attraverso immagini crude e alcuni momenti quasi surreali, la decostruzione di una figura iconica della cultura pop e della sua vera identità. La sceneggiatura palleggia molto su questa scissione nata col passare degli anni all’interno di Norma, consegnando così un approfondimento psicologico molto diretto e interessante.

Ad essere meno interessante però, è la gestione di alcuni rapporti che la donna ebbe nel corso degli anni. L’approfondire alcune dinamiche avrebbe aiutato ancora meglio a comprendere la scissione interiore della protagonista. A rendere visivamente potenti le immagini, ci pensa non solo la regia di Dominik, ma anche la fotografia di Chayse Irvin. L’utilizzo del bianco e nero non è tra i lavori più facili, ma Irvin riesce a gestirlo al meglio. Infine parliamo della scorrevolezza della storia raccontata da “Blonde”. Nonostante l’intreccio intrigante e una De Armas da Oscar, la pellicola con le sue 2 ore e 37 minuti di durata, non scorre al meglio.

Considerazioni finali

“Blonde” entra senza problemi tra le migliori pellicole dell’anno. Con un lavoro di regia e scrittura dei personaggi di altissimo livello, Andrew Dominik ritorna su schermo con un no-biopic che dopo la critica, farà sicuramente discutere il pubblico. A rendere di valore il lavoro svolto, ci pensa Ana De Armas con la migliore interpretazione della sua giovane carriera. Grazie alla sua performance, la fragilità e la scissione interiore di Norma Jeane, vengono messe in evidenza al meglio. I temi affrontati nella pellicola vengono mostrati al pubblico con un approccio crudo, ben evidenziato dalle immagini forti presenti in alcuni momenti. Va evidenziato però l’assenza di approfondimento di alcune dinamiche e la scorrevolezza del prodotto che porta a far “sentire” allo spettatore l’intera durata della pellicola.

Pro

  • L’interpretazione da Oscar di Ana De Armas;
  • La regia e la decostruzione del mito di Marilyn attuato da Andrew Dominik;
  • Il coraggio di trattare in modo crudo e diretto la vita di un’icona pop;
  • La fotografia e la gestione dei formati, dove spicca il 4:3.

Contro

  • La durata della pellicola si fa “sentire” per tutto il tempo;
  • Alcuni aspetti andavano approfonditi per comprende meglio alcune scelte di Norma.

 

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