fbpx "Barbie", la recensione - Bizzarra metafora rosa per una psicanalisi di stampo freudiano!
Cinema & Serie TV

“Barbie”, la recensione – Bizzarra metafora rosa per una psicanalisi di stampo freudiano!

di Domenico Scala

Condividi con chi vuoi

“Barbie” è indubbiamente uno dei titoli più attesi dell’anno. Fin dall’annuncio la pellicola con protagonisti Margot Robbie e Ryan Gosling ha destato curiosità ed interesse, tanto da rendersi protagonista di un esordio al box-office italiano a dir poco clamoroso. Co-scritto e diretto dalla talentuosa Greta Gerwig per Warner Bros., il film è nelle sale dal 20 luglio e vede tra le sue fila un nutrito cast di attori tra cui anche: Will Ferrell, Simu Liu, America Ferrera, Kate McKinnon, Issa Rae, Emma Mackey, Connor Swindells, Michael Cera, Kingsley Ben-Adir, Ncuti Gatwa, Dua Lipa, John Cena e tanti altri.

 

“Barbie” – Solo una bambola?

Le bambole sono soltanto oggetti, un infantile punto d’incontro tra le proiezioni di sé stessi per il futuro e le aspettative che l’opprimente società ci impone ogni giorno. A prescindere dal genere d’appartenenza, ognuno di noi vive un’esistenza fatta di etichette da autoimporci presto in funzione di un presunto posto nel mondo da idealizzare all’inverosimile. Ma se la bambola fosse invece qualcosa di più? Se invece fosse un concetto base dal quale prendere coscienza di sé e della propria identità sociale in maniera del tutto autonoma e indipendente? Può una bambola davvero introdurci a possibilità infinite per capire chi desideriamo essere? “Barbie”, al di là dell’apparenza spiccatamente glamour, prova a rispondere proprio a questi complessi interrogativi…

 

Barbie

 

Quella che ad un occhio meno attento sembrava essere soltanto un’operazione di stampo pop-parodistico si è presto rivelata una pellicola impostasi nell’immaginario collettivo ancor prima del rilascio in sala, tanto per la natura apparentemente bizzarra del progetto quanto per lo straordinario, straniante ed irresistibile fascino rosa rappresentato a schermo, che ben si presta alle dinamiche social del nostro tempo.

 

Il ruolo di Barbie nella società

Barbie è un’icona, di arretratezza culturale secondo alcuni. Di becero consumismo di stampo capitalista secondo altri. Di uno sfiancante “politicamente corretto” secondo altri ancora. Ma la sceneggiatura in esame prova invece a raccontarci una verità diversa, che presuppone un fraintendimento generale sul vero ruolo della bambola per eccellenza nella società moderna. Barbie è un simbolo femminista o la rappresentazione stereotipata di una dinamica vecchia di almeno sessant’anni? E che ruolo ha Ken in tutto questo?

Per provare a rispondere a tutti questi interrogativi “Barbie” ci propone una lampante dicotomia: da un lato il mondo immaginario di Barbieland in cui tutto sembra perfetto, dall’altro l’imperfetto Mondo Reale. Entrambi sono a conoscenza l’uno dell’altro, e anzi Barbieland è in effetti parte integrante del Mondo Reale, da cui in qualche modo dipende. Vita vera e finzione arrivano dunque a mescolarsi generando dinamiche a dir poco surreali in un racconto metacinematografico su più livelli.

 

“Barbie” – Una trama in bilico tra realtà e finzione

La Barbie protagonista vive una vita fittizia, scandita dalla monotona ma rassicurante routine che sembra soddisfarla e tenerla al sicuro da qualunque tipo di preoccupazione. Tutto cambia quando subentra uno spiazzante pensiero di morte, una sorta di presa di coscienza di sé che la porta ad una vera e propria crisi esistenziale; improvvisamente non è più perfetta come credeva e perfino i suoi classici piedi inarcati tornano d’un tratto completamente piatti tra lo shock generale. Senza scadere nello spoiler, a Barbie non resta altra scelta che recarsi nel Mondo Reale per provare a risolvere la situazione…

 

Barbie

 

Ma il Mondo Reale è esattamente l’opposto di Barbieland, nell’estetica e nelle dinamiche; la dolce bambola bionda deve infatti subito confrontarsi con una società fortemente maschilista, forgiata da un patriarcato latente ma radicato nel profondo, che sembra invece affascinare il tenero Ken in maniera a dir poco esilarante. Lo storico partner di Barbie interpretato dall’ispiratissimo Ryan Gosling è forse motivo d’interesse addirittura maggiore della celebratissima controparte femminile. A Barbieland quasi non c’è spazio per i maschi e le rispettive aspirazioni ma nel Mondo Reale i ruoli sono completamente ribaltati, portando entrambe le bambole a riflettere su sé stessi e sugli interrogativi dei paragrafi precedenti.

 

Modelli psico-filosofici e citazionismo sopraffino

Seguendo il modello psicanalitico di Freud, un mondo totalmente asessuato e “anaffettivo” come quello di Barbie e Ken non permette la definizione di sé stessi. I protagonisti sono ingabbiati in un mondo caratterizzato da dinamiche di plastica che ignorano totalmente aspetti fondamentali per la crescita personale e l’affermazione di sé, possibile solo attraverso un moto liberatorio di consapevolezza. I tanti riferimenti alla sfera sessuale e all’assenza di organi genitali per i nostri eroi non sono mera casualità, ma rappresentano anzi un insospettabile filo conduttore utile a portare avanti il concetto di emancipazione insito nel tipo di narrazione scelta dagli autori. L’ultimissima sequenza della pellicola è piuttosto emblematica in questo senso…

 

Barbie

 

Eppure il girato si addentra anche in altri discorsi esistenziali. Si passa da un parallelo piuttosto evidente con la Creazione all’interrogarsi sul senso stesso della propria esistenza, in un percorso costellato di riferimenti, citazioni e omaggi cinematografici che spaziano da “2001: Odissea nello spazio” a “Matrix”, solo per citarne un paio tra i più evidenti. Valorizzato anche da sequenze particolarmente degne di nota, tutto è funzionale al viaggio intrapreso da Barbie e Ken, inevitabilmente diversi al termine delle quasi due ore di visione, che li proiettano verso prospettive future completamente inedite.

 

Note tecnico-attoriali

Un plauso doveroso va all’intero cast di interpreti, convinti ed evidentemente divertiti all’idea di dare vita ad un progetto così particolare ed ambizioso. Su tutti ovviamente Margot Robbie e Ryan Gosling, già in odore di candidatura ai prossimi premi Oscar e il cui nome verrà associato a lungo a “Barbie”. Degno di nota anche il solito istrionico Will Ferrell nei panni del CEO di Mattel, così come non sfigurano Simu Liu né tutti i comprimari a schermo, cameo compresi. Ma è l’intero impianto tecnico a convincere!

Lo studio sui colori è stato particolarmente ben dosato dal direttore della fotografia, che ha saputo valorizzare Barbieland passando da toni pastello al rosa shocking senza colpo ferire. Discorso analogo per le scenografie, che riescono ad esaltare il contrasto tra entrambi i mondi portati in scena. Anche l’impianto registico non si limita al compitino come ci si potrebbe aspettare ma propone invece sequenze citazionistiche unite ad altre particolarmente ispirate come la già iconica “I’m Just Ken”, cantata e ballata da Ryan Gosling in un montaggio a mo’ di videoclip musicale.

 

Considerazioni finali

Greta Gerwig e suo marito Noah Baumbach hanno quindi congegnato un prodotto che va ben oltre le frivole apparenze, dimostrandosi ben più di una simpatica parodia. “Barbie” è molto altro, una pellicola per pochi e che stimola a riflessioni profonde che poco hanno a che fare con le grandi masse che invadono le sale di tutto il mondo in questi giorni. La vera sfida pertanto non sembra essere sbancare al box-office internazionale ma semmai convincere il grande pubblico che ciò che si ha davanti è un vero e proprio film d’autore che brilla grazie all’intramontabile bellezza di un’icona immortale.

 

Pro:

  • Regia, scenografia, fotografia, interpretazioni e costumi. Ognuna di queste componenti riesce a brillare nonostante lo svolgimento un po’ didascalico dell’intera vicenda;
  • La complessità delle tematiche di fondo;
  • Margot Robbie e Ryan Gosling. Quest’ultimo in particolare sembra già in odore di candidatura ai prossimi premi Oscar, che certamente vedranno “Barbie” protagonista;
  • La tipologia di umorismo messa in gioco dagli autori: metacinematografica, sferzante e cinica fino a sfiorare il black humor. Inaspettata per un prodotto di questo tipo!
  • Le musiche e la colonna sonora in generale, commento perfetto alla narrazione di stampo pop-culturale dilagante durante tutto il racconto.

 

Contro:

  • La complessità delle tematiche di fondo, che rende il film per pochi;
  • Alcuni passaggi di sceneggiatura. In alcuni momenti si ha la sensazione di perdersi un po’ per strada, lasciando da parte aspetti che forse avrebbero meritato nel complesso un’attenzione maggiore.
  • L’adattamento italiano, non impeccabile stavolta. Qualche scelta “stilistica” ci ha perplesso abbastanza, per quanto non fosse comunque semplice lavorare ad un titolo così particolare.

 

Ecco a voi il trailer ufficiale italiano di “Barbie”:

 

 

Per altre recensioni come questa continuate sempre a seguirci su tutti i nostri canali social e sul sito Internet di Nasce, Cresce, Streamma!

Potrebbe interessarvi anche:

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi con chi vuoi