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“Indiana Jones e Il Quadrante del Destino” – La Recensione: un ritorno al… passato?

di Domenico Scala

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“Indiana Jones e Il Quadrante del Destino” è il nuovo capitolo del franchise legato alle avventure dell’archeologo più famoso del cinema interpretato dall’inossidabile Harrison Ford. Dopo la storica trilogia iniziale, già ci fu un primo tentativo di rilanciare la saga presso il grande pubblico con “Il Regno del Teschio di Cristallo” nel 2008, che però non venne particolarmente apprezzato da critica e pubblico. Stavolta Disney e Lucasfilm ci riprovano con il “film più costoso della serie”, che coinvolge anche attori del calibro di Mads Mikkelsen, Phoebe Waller-Bridge, Antonio Banderas e Toby Jones, oltre al gradito ritorno di John Rhys-Davies nei panni di Sallah. Per la regia di James Mangold, il film sarà in tutte le sale italiane dal 28 Giugno.

 

Indiana Jones, breve storia del franchise

Quello di Indiana Jones è un franchise storico che col passare del tempo si è rivelato il più delle volte di non semplice gestione. Dopo la trilogia originale composta da “I predatori dell’Arca perduta” (1981), “Il Tempio Maledetto” (1984) e “L’Ultima Crociata” (1989) i continui apprezzamenti di critica e pubblico spinsero la produzione a mettere in conto fin da subito la realizzazione di un quarto capitolo. Passarono tuttavia ben diciannove anni prima che “Il Regno del Teschio di Cristallo” vedesse effettivamente la luce e il risultato assunse così i contorni di un’inevitabile operazione nostalgia.

 

Indiana Jones e Il Quadrante del Destino

 

La pellicola si rivolgeva di fatto ad un pubblico principalmente di adulti, che ben conosceva Indy e le sue avventure, ma che in sostanza non popolava più da anni le sale in giro per il mondo. E “Il Quadrante del Destino”, arrivato dopo altri quindici anni, va ad inserirsi in quello stesso contesto che vi abbiamo raccontato finora: l’impressione generale è di un’operazione sostanzialmente fotocopia della precedente, da cui non a caso sembra voler prendere un minimo le distanze.

 

Indiana Jones torna ancora una volta al cinema, ma con quali risultati?

“Indiana Jones e Il Quadrante del Destino” è un film dall’impianto scenico piuttosto semplice ed estremamente classico, forse fin troppo; il canovaccio è di quelli ben consolidati, che attinge a piene mani dalle atmosfere e dinamiche tipiche del personaggio protagonista. Abbiamo (lunghe!) sequenze d’azione ben girate, una certa comicità di fondo e quell’elemento sovrannaturale latente che proprio non può mancare in storie avventurose come questa. Eppure la sensazione restituita allo spettatore è quella di un film “già visto”, di un film “vecchio”, che trascina stancamente i suoi spettatori fino ad un terzo atto quantomeno discutibile, di cui parleremo più avanti.

Difficilmente la pellicola riuscirà ad attirare nuovo pubblico in sala, e si limiterà molto più probabilmente a portare al cinema chi già conosce ed ama il personaggio, che qui si avvia però alla pensione non soltanto nella finzione narrativa ma anche nella realtà dell’iconico interprete. Alla luce di questa non scontata considerazione, il primo possibile obiettivo del titolo in esame può perciò considerarsi fallito nonostante i tentativi. E sì, perché in questo quinto capitolo (così come già nel quarto) si vorrebbe “passare il testimone” dall’anziano e stanco Indy a qualcuno di molto più giovane, ben più adatto alle adrenaliniche missioni intorno al globo che il noto archeologo si ritrova ancora ad affrontare.

 

I tentativi di “passaggio di testimone”

Nel 2008 l’indiziato ad ereditarne frusta e cappello sembrava essere suo figlio Mutt (Shia LaBeouf). Come detto, questo quinto capitolo sembra però volersi un minimo allontanare da quanto fatto in precedenza e, non a caso, ci viene anche chiarita brevemente la triste sorte del giovane personaggio. Stavolta tutte le fiches sembrano perciò puntate sulla new entry Helena Shaw (Phoebe Waller-Bridge), brillante figlioccia dell’archeologo dal carattere piuttosto scaltro e impertinente. Nonostante la performance attoriale di quest’ultima sia stata più che convincente, anche in questo caso riteniamo che il tentativo non sia andato a buon fine, per un semplice motivo: Harrison Ford è insostituibile! Inutile girarci attorno, Indiana Jones è Harrison Ford. Qualunque proposta, seppur valida, per proseguire o magari espandere il franchise è, a nostro avviso, persa in partenza.

 

Indiana Jones e Il Quadrante del Destino

 

Il celebrato divo di Hollywood, prossimo agli ottantuno anni di età, dà il meglio di sé dimostrando di poter ancora dire la sua, seppur affiancato da stuntmen di livello nelle sequenze più concitate. Ford ci regala un professor Jones prossimo alla pensione, ormai stanco di una vita che si sta pian piano arenando, oltre che ferito dai propri drammi personali. La nostalgia dell’avventura prende tuttavia il sopravvento non appena se ne presenta l’occasione; ecco quindi che un caso irrisolto del passato diviene motore di una storia che arriva poi a toccare anche la nostra Italia, più precisamente Siracusa, raggiunta sulle tracce del quadrante che dà il titolo al film.

 

Una svolta narrativa di non poco conto

Al centro del contendere c’è proprio l’artefatto ad invenzione del matematico e fisico siceliota Archimede, vissuto in epoca romana. Si arriva così a quello che a nostro avviso è il tasto dolente della pellicola. Senza scadere nello spoiler, possiamo dirvi che nel corso delle due ore e mezza di durata spesso si gioca con il concetto di tempo, che aleggia sui protagonisti come spettro di un qualcosa d’intangibile, ma che diventa del tutto concreto prima che ci si riesca a credere.

Mai avremmo immaginato di assistere ad un Indiana Jones alle prese con una situazione simile, ben oltre le piacevoli assurdità che hanno sempre caratterizzato tutti i suoi film; avremmo certamente preferito che il concetto alla base si limitasse a “tentare” i protagonisti senza realizzarsi mai per davvero, andando anche un po’ a snaturare il senso stesso del personaggio, che non sembra sposarsi bene con l’elemento messo in scena in questo modo.

 

Considerazioni finali

Il giudizio su “Indiana Jones e Il Quadrante del Destino” è pertanto condizionato da una svolta narrativa quantomeno inaspettata. Come detto, il titolo gode però di buone performance attoriali: oltre ad Harrison Ford e Phoebe Waller-Bridge, degno di nota è anche Mads Mikkelsen, che ben si presta al ruolo di un villain estremamente “classico” ma funzionale; molto deludente invece la partecipazione di Antonio Banderas

Da un punto di vista prettamente tecnico il film offre poi una certa cura nella realizzazione generale: buone la fotografia e la regia di Mangold, sempre ottime le musiche di John Williams, ma una menzione speciale va anche a tutto il comparto degli effetti visivi, particolarmente apprezzabili nel ringiovanimento facciale applicato al giovane Indiana nella sequenza d’apertura in flashback.

Penalizzata da una durata eccessiva, la pellicola soffre anche un’impostazione poco fresca in termini di ritmo e di personalità, che purtroppo rende il girato non soltanto un seguito inutile, ma anche e soprattutto un film facilmente dimenticabile.

 

Pro:

  • Le performances attoriali di Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge e Mads Mikkelsen;
  • Tutto il comparto tecnico della pellicola, particolarmente curato.

 

Contro:

  • L’inaspettata e scellerata svolta narrativa;
  • I problemi di ritmo ed eccessiva durata.

 

Ecco a voi il trailer ufficiale italiano di “Indiana Jones e Il Quadrante del Destino”:

 

 

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