Anonymous ha scelto di riassaltare digitalmente la Cina per darle un nuovo avvertimento. L’organizzazione ha hackerato il sito del Partito Comunista Cinese del Comitato distrettuale di Chengdu Pidu, più precisamente il ramo relativo alla Conferenza Consultiva Politica del popolo cinese. L’attacco virtuale è stato condotto contro tale sezione amministrativa poiché è l’organo che formalizza le decisioni prese dal Presidente e dai vertici del Partito.
Secondo quanto riportato da Taiwan News, l’atto si sarebbe concretizzato con la creazione di una nuova pagina html sul sito, nella data del 2 maggio. Anonymous si è firmata come autrice dell’opera, inserendo il proprio logo nell’interfaccia e aggiungendo la foto di una persona indossante i capi caratteristici del gruppo. In seguito all’accaduto, Anonymous ha lanciato una prepotente avvisaglia alla Cina, raccomandandole di non fare “qualcosa di stupido contro Taiwan”.
L’associazione di informatici ha agito preventivamente per scongiurare un futuro attacco della Cina nei confronti dei territori con lei confinanti. Anonymous teme che il Paese asiatico desideri, come la Russia, annettere le circoscrizioni vicine così da espandere la propria area di dominio. Taiwan è considerata dalla Terra del Dragone una “provincia ribelle” e una parte “inalienabile” di sé.
Nella pagina attaccata sono apparsi gli stendardi del Tibet, del Taiwan, del Turkestan orientale e della Mongolia; tutti perimetri a rischio di separatismo. Con un altro valore simbolico è stata aggregata anche la bandiera Black Bauhinia. Questa era diventata un emblema popolare nel corso delle manifestazioni a Hong Kong del 2019 a favore della democrazia.
Il collettivo attivista ha poi minacciato la portaerei Liaoning, la prima della flotta cinese, insinuando potrebbe essere ridotta come la nave Moskva, nel caso in cui le loro richieste non venissero ascoltate. Un parallelismo particolare, sicuramente non “buttato lì” casualmente. Non è la prima volta che Anonymous viola le difese virtuali cinesi: “Cyber Anakin”, un membro del movimento, aveva viaggiato indisturbato per ben cinque giorni nei sistemi informatici di Pechino, ottenendo l’accesso persino alle interfacce delle centrali nucleari.
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