Le proteste degli agricoltori stanno, in queste settimane, imperversando in tutta Europa e nell’ultimo periodo anche in Italia sono largamente diffuse da nord a su; ma quale motivo si cela dietro questo malcontento? Scopri le ragioni per cui migliaia di piccoli imprenditori hanno deciso di rinunciare a giorni di lavoro e di profitti per far sentire la propria voce a tutte le istituzioni del continente.
In Francia, Germania, Romania, Belgio, Polonia e da poco anche in Italia decine di migliaia di agricoltori hanno riposto gli attrezzi e bloccato snodi fondamentali di città ed autostrade con i loro trattori, in risposta ad una situazione ritenuta insostenibile. Il caro vita e l’inflazione crescente degli ultimi anni post-pandemia avevano già infatti messo a dura prova il settore agroalimentare, che si trova a combattere anche con una legislazione europea oppressiva che ha come effetto un vantaggio competitivo evidente per i produttori extracomunitari.
Come detto, il malcontento è spesso dovuto alle politiche UE ed in particolare per le misure da 55 miliardi di euro introdotte per rinnovare la Politica Agricola Comune. Il tentativo di renderla più sostenibile ha rappresentato la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un settore così in crisi che già dal 2019, data dell’inizio di alcune proteste, era messo alle strette, oggi si troverà a fare i conti ad esempio con l’obbligo di destinare almeno il 4% dei terreni coltivabili a funzioni non produttive. Le normative europee impongono di effettuare rotazioni delle colture e di ridurre l’uso di fertilizzanti di almeno il 20%, fornendo un importante vantaggio ai competitor stranieri che non hanno queste limitazioni.
Ad aggravare il quadro complessivo c’è chiaramente la delicata situazione ucraina, che esporta in zone comunitarie prodotti come pollo cereali e grano a prezzi ben al di sotto della media, oltre al caro prezzi sul gasolio che ha un impatto evidente nell’economia delle produzioni agricole.
Danilo Calvani, presidente del Comitato degli Agricoltori Traditi, alla manifestazione “a difesa dell’agricoltura italiana” ha dichiarato: “Stiamo paralizzando il Paese ed andremo a Roma. Tra ieri e oggi sono nati altre centinaia di comitati, siamo l’Italia buona e non molleremo mai. Dal 22 gennaio abbiamo iniziato una mobilitazione a oltranza, da Nord a Sud, del mondo agricolo, in rivolta contro la politica della Ue e dello Stato italiano che fa accordi con la Ue ma soprattutto contro Coldiretti, Cia e Confagricoltura: non ci rappresentano, anzi sono il cancro principale di noi agricoltori. La nostra è una battaglia che appartiene a tutti i consumatori, contro i vergognosi diktat che stiamo subendo dalla Ue. Invito tutti gli italiani ad appoggiarci in una guerra che vinceremo“.
Sul palco sono seguiti gli interventi di altri leader di associazioni del settore da tutta Europa, dimostrando ancora una volta come gli esponenti del settore facciano fronte comune per una situazione di disagio largamente diffusa e ritenuta insostenibile.
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