di Federica Caiafa
Sono passati esattamente 70 anni dal giorno in cui l’uomo ha conquistato per la prima volta la vetta del monte Everest; il 29 maggio 1953 il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay riescono ad arrivare dove nessun uomo era mai arrivato prima: il punto più alto del pianeta.
Everest, la storia della sfida lanciata dall’uomo alla vetta più alta del mondo
La sfida che vede contrapposti l’Everest e l’uomo ha inizio molto prima del 1953. È infatti il 1921 quando giunge alle autorità britanniche in India un telegramma con cui il Dalai Lama dà il suo consenso per l’inizio dei tentativi di raggiungere la vetta del monte, obiettivo degli inglesi.
Negli anni ’20 furono organizzati tre spedizioni ma in questa prima fase della sfida la montagna dimostra tutta la sua imponenza. Nonostante infatti l’uomo non manchi di raggiungere traguardi importanti (i 7.000 metri furono raggiunti già nell’ambito della prima spedizione, proprio nel 1921), il monte dimostra fin dall’inizio che non ha intenzione di farsi conquistare facilmente. Il tentativo del 1924, difatti, portò alla morte degli esploratori Mallory e Irvine.
Seguirono poi altre quattro spedizioni, tutte senza successo. Nel 1952, poi, abbiamo la svolta fondamentale: agli esploratori è concesso di entrare in Nepal, e provare a conquistare la montagna partendo dal versante meridionale. Il tentativo di quell’anno portò al raggiungimento degli 8.595 m, massima altezza mai raggiunta fino a quel momento. Tra gli esploratori arrivati a tale quote vi fu pure Tenzing Norgay, che, soltanto l’anno successivo, passerà poi alla storia.
1953: finalmente il trionfo dell’uomo
Il comando della spedizione del 1953 fu affidato a John Hunt. Il gruppo, allestendo 7 campi, riuscì a raggiungere il 21 maggio, il Colle Sud, a 7,900 m.
A questo punto il piano prevedeva che gli esploratori, a gruppi di due, tentassero di raggiungere la vetta finale. I primi a provare furono Tom Bourdillon and Charles Evans. Questi riuscirono ad arrivare a 8,748 metri, a soli 101 metri dalla vetta, il 26 maggio. I due alpinisti, però, si resero conto di non disporre delle scorte di ossigeno necessarie, e decisero di tornare indietro. La seconda coppia di scalatori era quella composta da Edmund Hillary e Tenzing Norgay.
Il primo era nato in Nuova Zelanda ed aveva 33 anni. Nel 1948 aveva raggiunto per la prima volta nella storia, insieme ai suoi connazionali Ruth Adams, Harry Ayres e Mick Sullivan, la vetta più alta del suo Paese. Aveva poi attirato l’attenzione di John Hunt grazie alle sue tre spedizioni himalayane in poco più di due anni.
Il secondo, invece, era originario del Nepal. Aveva, come già detto, partecipato alla spedizione dell’anno prima, e ad altre cinque dal 1935. La sua esperienza fu fondamentale per finalmente raggiungere il traguardo, come riconobbe anche John Hunt.
I due raggiunsero, il 29 maggio 1953, la vetta del monte Everest, a 8,848 m. Quando poi scenderanno saranno acclamati, otterranno fama e celebrità (Hillary diventerà sir Hillary) e il loro nome entrerà nella storia; ma prima di tutto ciò, quando giungono al punto più alto del pianeta, i due si danno la mano, Norgay spinge Hillary a rompere la sua freddezza e lo abbraccia, e rimangono insieme a contemplare l’orizzonte per 15 minuti. Poi, prima di tornare giù tra gli umani, ringraziano i loro dei a modo loro: lo sherpa lascia a 8,000 m biscotti e cioccolato, il neozelandese una croce.
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