di Michele Foti
È stato un sabato sera tragico nel mondo del calcio. Almeno 174 persone sono morte in seguito agli scontri in uno stadio in Indonesia. Ci troviamo a Malang, nell’isola di Giava, in un impianto dalla capienza massima di 42000 posti. Allo stadio Kanjuruhan si gioca quello che da quelle parti si potrebbe definire un big match: l’Arema FC, squadra di casa, deve affrontare i rivali storici del Persebaya Surabaya, che negli ultimi vent’anni non sono mai usciti vincitori dall’incontro. Fino a oggi…
Le dinamiche della tragedia in Indonesia
La clamorosa sconfitta dell’Arema per 3-2 spinge i tifosi di casa a mettere in atto una vera e propria rivolta. Tremila tifosi decidono infatti di invadere il campo; due agenti di polizia vengono uccisi, e le forze dell’ordine sono allora costrette a reagire: lo stadio, da quanto mostrano le telecamere sul luogo, si riempie di gas lacrimogeni. Le persone sono nel panico e tentano in ogni modo di fuggire, aggrappandosi alle barriere e spingendosi a vicenda.
Una ressa che ha prodotto un tragico bilancio che per ora è fermo a 174 vittime, ma pare purtroppo destinato a salire. Nel frattempo il presidente dell’Indonesia Widodo, dopo aver ordinato alla federazione di sospendere tutte le partite sul territorio nazionale, ha espresso il proprio dolore in un discorso televisivo rivolto alla nazione: “Sono profondamente dispiaciuto, e spero che questa tragedia legata al calcio sia l’ultima”.
Il problema della violenza degli stadi non è qualcosa di nuovo in Indonesia. Alcuni match possono trasformarsi in veri e propri scontri mortali tra le tifoserie, tant’è vero che i calciatori sono talvolta costretti a entrare allo stadio scortati dalle forze di polizia. In vista di questa partita ai tifosi della squadra in trasferta era stata addirittura negata la possibilità di acquistare i biglietti per il match, per evitare possibili atti di violenza. Purtroppo ciò non è bastato.
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