di Alessandro Lucchini
In quest’estate 2022, tra guerre, pandemie e siccità, l’Italia ha aggiunto anche una crisi di Governo. Dopo settimane tumultuose, il cui epilogo ha portato alle dimissioni di Draghi, è arrivato il momento di iniziare a confrontarsi con le conseguenze concrete, generate dal ribaltone politico. Oltre al periodo storico costellato di problematiche, l’interruzione anzitempo del Governo Draghi lascia dei dubbi in sospeso su molte situazioni in corso d’opera. Tra queste, quella che genera più curiosità è il famoso Superbonus 110%.
Cessione del credito e superbonus al 110%, come cambieranno?
Innanzitutto, i fondi stanziati per il superbonus sono terminati. Nonostante ciò, la corsa all’incentivo non accenna a placarsi, anzi. Secondo gli ultimi numeri, solo nel mese di giugno sono stati approvati investimenti con detrazione al 110% per un totale di 4,6 miliardi. La cifre totali, finora, ammontano a 35,2 miliardi. Ora che il governo è caduto e l’esecutivo è rimasto in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, cosa succederà al Superbonus?
Le dichiarazioni dell’ex Premier del 20 luglio, in cui aveva evidenziato delle criticità causate dall’assenza di normative d’accesso più stringenti, hanno delineato una probabile stretta. Come riportato da Skytg24, Draghi aveva sottolineato come il vero problema riguardasse il meccanismo di cessione dei crediti, ritenuto senza discrimine o discernimento. Secondo le stime i 38,7 miliardi di euro investiti dallo Stato per il superbonus dovrebbero generare 124,8 miliardi. Però, l’assenza di discriminanti ha fatto sì che parte di quei soldi finissero nelle mani sbagliate (associazioni a delinquere, carcerati…). Il sistema, ad oggi, risulta fermo. Le banche sono diventate più esigenti, alimentando la situazione di stallo e incertezza.
A riguardo, è intervenuto in presidente della CNA, Dario Costantini, dichiarando di essere al lavoro per garantire che le imprese, che hanno anticipato i soldi per conto dello Stato, vengano tutelate e rimborsate. Una questione molto importante da considerare, in caso contrario 30mila imprese rischierebbero la chiusura.
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