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Ultima notte a Soho, la recensione: un mistero del passato

di Gabriele Di Nuovo

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Al cinema dal 4 Novembre, “Ultima notte a Soho” è il nuovo film diretto dal regista Edgar Wright. Nel cast troviamo Thomasin McKenzie, Anya Taylor-Joy, Matt Smith e Diana Rigg.

Dopo tanti rinvii dovuti alla pandemia di Covid-19 ancora in corso, “Ultima notte a Soho” arriva nelle sale di tutto il mondo. Il nuovo film scritto e diretto dal regista inglese Edgar Wright è una lettera d’amore ai thriller di fine anni ’60 e ’70. Ma la sua ultima fatica riesce a colpire nel segno e sorprendere lo spettatore?

ultima notte a soho

Londra non è una città per tutti

Eloise (Thomasin McKenzie) è una giovane ragazza che aspira a diventare una stilista. Cercando di realizzare il suo sogno, si trasferirà a Londra per studiare moda. Ma una volta stabilita in un monolocale nel quartiere di Soho, Eloise scoprirà di avere una misteriosa connessione con Sandy (Anya Taylor-Joy), una ragazza che ha vissuto negli anni ’60. Nonostante la sua passione per il periodo, Eloise, vivendo la vita di Sandy, comprenderà che niente è come sembra e si ritroverà a risolvere un mistero passato nel presente.

Con questa premessa, “Ultima notte a Soho” cerca di omaggiare un genere molto in voga tra gli anni ’60 e ’70. Ma nonostante un ottimo comparto tecnico e un cast in formissima, il finale della pellicola vanifica tutto il lavoro fatto per tutta la durata del racconto.

Un cast di altissima qualità

Uno dei punti forti di “Ultima notte a Soho” è il suo cast. Tutti gli attori sono a loro agio nei rispettivi ruoli. Ma a prevalere su tutti sono le due protagoniste interpretate da Thomasin McKenzie e Anya Taylor-Joy. La Eloise interpretata dalla McKenzie è una ragazza normale, sognatrice e con un lutto alle spalle. Mentre Sandy, interpretata da Anya Taylor-Joy, è sicura di se e farebbe di tutto pur di raggiungere il suo obiettivo. Infatti un punto di forza della sceneggiatura, scritta dallo stesso Wright insieme a Krysty Wilson-Cairns, è il dualismo delle due protagoniste che viene mostrato perfettamente con l’alternare il passato al presente.

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Due note di merito vanno spese per l’ultima perfomance sul grande schermo di Diana Rigg, nei panni della signora Collins, e al talento canoro di Anya Taylor-Joy. La grande attrice inglese, scomparsa a Settembre 2020, regala una grandissima perfomance dopo la sua presenza nei panni della “Regina di Spine” nella serie cult di HBO “Il Trono di Spade”. Parlare di più dell’interpretazione della Rigg, potrebbe però rovinare la visione della pellicola. Infine arriviamo alla bellissima perfomance sonora di Anya Taylor-Joy. L’attrice canta una sua versione di “Downtown” di Petula Clark. Inoltre questa cover è stata registrata in studio ed è disponibile su tutte le piattaforme digitali.

Un comparto tecnico vistoso

“Ultima notte a Soho” presenta un grandissimo comparto tecnico. La ricostruzione della Londra degli anni ’60 è fatta con amore, mostrando una fedeltà impressionante. Mentre sul fronte regia, Edgar Wright regala delle sequenze visivamente spettacolari. Ispirandosi al stile utilizzato dal genere negli ’60/’70 e alle pellicole di Dario Argento, il regista inglese si diverte ad omaggiare e modernizzare queste influenze, mettendole al servizio del suo racconto. Come ogni buona regia, abbiamo una buona fotografia. Il lavoro svolto dal DOP Chung Chung-Hoon, che in passato ha lavorato con il grandissimo regista sudcoreano Park Chan-Wook, è un mix di colori e luci. Dalla moderna Londra si passa ai colori neon e scuri della Soho degli anni ’60.

Infine arriviamo alla musica. Grazie alla passione per gli anni ’60 della protagonista, sin dall’inizio della pellicola possiamo ascoltare pezzi classici del periodo. Non è solo funzionale nelle sequenze ambientate nel passato, ma anche nel presente, mostrando una connessione a doppio filo con quanto visto su schermo. Con tutti questi elementi positivi, sembrerebbe parlare di un film perfetto. Ma “Ultima notte a Soho” ha un unico e grande difetto: il finale.

Un finale “surreale”

“Ultima notte a Soho” purtroppo presenta un grandissimo difetto e lo si può riscontrare nel suo finale. Non solo frettoloso, ma incoerente e senza un senso logico. Se per 2/3 la pellicola diretta da Edgar Wright funziona quasi perfettamente, è proprio con la sua conclusione, che tutto quello fatto di buono in precedenza dal punto di vista della scrittura, crolla vistosamente. La storia ovviamente si conclude, chiudendo il cerchio, ma lascia delle domande senza risposta. In alcuni casi questa situazione funziona per mettere in “crisi” lo spettatore, ma nel contesto di “Ultima notte a Soho” appare come una “semplice” dimenticanza in fase di scrittura.

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Arrivando alla struttura del finale e al conseguente sviluppo della protagonista interpretata da Thomasin McKenzie, è facilmente intuibile la fretta con cui si è arrivati alla conclusione e al rendere Eloise non buona e ingenua, ma stupida. Forzando la risoluzione negli ultimi 10 minuti della pellicola, lo spettatore comprende facilmente una certa “stupidità” nella protagonista, caratteristica praticamente inesistente per tutta la durata del film, dove vediamo una Eloise che rischia tutto pur di risolvere il mistero che fa da sfondo al racconto. Un vero peccato questo finale, perché ha vanificato un grandissimo lavoro fatto su tutti i fronti, danneggiando così anche il giudizio complessivo dell’intero film.

Considerazioni finali

“Ultima notte a Soho” è un gran thriller psicologico fino al suo deludente e poco sensato finale. Comparto tecnico di grandissima qualità e visivamente uno dei migliori film del 2021. Il cast di grandissima qualità conferma il talento delle due giovani attrici protagoniste, con la fiducia di rivederle in più pellicole di prossima uscita possibili.

Pro

  • Regia e fotografia;
  • La musica attinente non solo alle immagini, ma anche al racconto;
  • Il cast, su tutti le due protagoniste

Contro

  • Nonostante sia l’unico contro, il finale molto discutibile purtroppo vanifica quello che poteva essere uno dei migliori film del 2021.

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di Gabriele Di Nuovo

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