di Gabriele Di Nuovo
Conclusa il 12 febbraio su Paramount+, “Tulsa King” è un gangster drama ideato da Taylor Sheridan. Il cast della serie vede protagonista assoluto Sylvester Stallone alla sua prima esperienza sul piccolo schermo. Insieme al celebre attore troviamo Andrea Savage, Jay Will, Martin Starr, Max Casella, Domenick Lombardozzi, Ritchie Coster e Garrett Hedlund. La serie è scritta dallo stesso Sheridan e in veste di showrunner troviamo il celebre sceneggiatore Terence Winter.
Alla sua prima da protagonista assoluto sul piccolo schermo, Sylvester Stallone interpreta un personaggio differente rispetto ai celebri Rocky e John Rambo. “Tulsa King” infatti è un gangster drama creato da Taylor Sheridan, che consolida il suo sodalizio con Paramount dopo il successo di “Yellowstone”, cucito sulla pelle di Sly. Nonostante l’attore vesta gli inediti panni di un mafioso, lo show già rinnovato per una seconda stagione dopo soli tre episodi, ci offre uno Stallone in una delle sue migliori performance. Ma cosa rende “Tulsa King” un prodotto differente da altri del suo genere a tema gangster? La risposta risiede non solo nel suo protagonista, ma soprattutto nel mondo in cui si muove. Utilizzare un contesto e determinate scelte narrative, rendono il nuovo show di Taylor Sheridan un prodotto assolutamente da non perdere.
Ricominciare nel migliore dei modi
Dopo aver scontato 25 anni di pena detentiva, Dwight “Il Generale” Manfredi (Sylvester Stallone), si ritroverà catapultato per la seconda volta nel mondo della criminalità organizzata. Ritornato a New York, il suo capo Pete Invernizzi e suo figlio Chickie (Domenick Lombardozzi) mandano Dwight a Tulsa, in Oklahoma. La missione è semplice: stabilire nella città la propria organizzazione criminale. Sarà proprio nella calda Tulsa che Dwight conoscerà nuovi alleati, un nuovo amore, nuovi nemici e soprattutto una seconda possibilità per la propria vita. “Tulsa King” è sicuramente uno dei prodotti meno complessi tra quelli scritti da Taylor Sheridan. Ma come ogni prodotto dell’autore, anche lo show con Sylvester Stallone porta con sé una narrazione molto intrigante e anche divertente in molti punti nel corso dei vari episodi.
Nelle prime battute, la serie riesce a mantenere un tono da comedy dettato dalla “scoperte” del nuovo mondo da parte di Dwight. Smartphone, internet e la cannabis legale, sono alcune delle cose che si scontreranno con i metodi da gangster del protagonista. Ma la serie col passare degli episodi perde questo tono comedy per spostarsi su altri lidi più consoni. L’approccio narrativo, che sfrutta al meglio la presenza fisica e la performance di Stallone, rende il racconto molto scorrevole e intrigante, ma non esente da ingenuità che influiscono in parte sulla riuscita dell’intero progetto.
Il re di Tulsa è Sylvester Stallone
Il più grande pregio di “Tulsa King” è il suo protagonista. Per la prima volta protagonista di una serie televisiva, Sylvester Stallone regala ai suoi fan e non solo, una delle sue migliori interpretazioni. Il personaggio di Dwight si discosta completamente dai suoi ruoli più celebri, consegnandoci però una performance ottima da parte dell’attore. I modi da gangster si scontrano con una ricerca di redenzione e riavvicinamento alla sua famiglia. Gli eventi lo aiuteranno in questo e al tempo stesso metteranno in pericolo lui stesso, i suoi nuovi amici e quella che è la sua vera famiglia. Oltre ad un Stallone mattatore, “Tulsa King” presenta al pubblico una galleria di personaggi con un determinato background e pronto ad approcciarsi al protagonista.
Tyson, interpretato da Jay Will, è la prima persona che Dwight conosce a Tulsa. Il giovane tassista diventerà il braccio destro del gangster, aprendo così anche alla sua storia all’interno dello show. Successivamente, il gangster conoscerà Bohdi (Martin Starr), proprietario di un negozio adibito alla vendita di cannabis, e Mitch (Garrett Hedlund), gestore di un bar country. Questa insolita squadra, formerà la nuova organizzazione criminale gestita da Dwight. A mettere in difficoltà i piani del Generale, troviamo i federali, il pericoloso capo di una gang di motociclisti ricercato dalla ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives) e alcune minacce dal passato. “Tulsa King” sfrutta questa insolita galleria di personaggi per rivoluzionare il gangster drama.
Le caratteristiche che compongono gli insoliti alleati del protagonista, sono una delle fondamenta dello show ideato da Taylor Sheridan. Questa combinazione, formata dal classico racconto gangster e nuove attività da compiere in ambito criminale, porta su schermo non solo dei personaggi ben scritti, ma un prodotto confezionato al meglio. Oltre al già menzionato ed elogiato Sylvester Stallone, anche il resto del cast porta su schermo ottime interpretazioni, offrendo così al pubblico dei personaggi a cui affezionarsi e per cui persino preoccuparsi. A rendere però “Tulsa King” un prodotto diverso dal solito è la sua ambientazione, che rispecchia al meglio il genere di storie raccontate da Taylor Sheridan sul grande e sul piccolo schermo.
Tulsa: una città che non fa da semplice sfondo
Oltre ai vari personaggi di cui vi abbiamo brevemente parlato in precedenza, “Tulsa King” ha dalla sua un’altra protagonista. Stiamo parlando della città in cui sono ambientate le vicende raccontate: Tulsa, Oklahoma. Questa scelta non è stata del tutto casuale. Taylor Sheridan ha riportato il genere western su schermo, raccontando storie radicate nel presente. Basti pensare alla serie di successo “Yellowstone”, family drama con forti influenze del genere western, e alle pellicole scritte e dirette da lui per il grande schermo. Il regista e sceneggiatore è il rappresentante del neo-western nella Hollywood degli ultimi anni. “Tulsa King” rientra infatti in questa famiglia, ed è proprio il tono dello show a far risaltare sin da subito la penna di Sheridan. Ma torniamo alla città protagonista della serie. Perché Tulsa è perfetta per raccontare una storia che combina gangster e western?
La risposta risiede semplicemente nella cultura e nella collocazione geografica della città. Sin dalle prime battute, Tulsa viene definita una città di cowboy dal protagonista. Come sarà evidente in un secondo momento, è proprio così. La natura della città dell’Oklahoma è l’elemento cardine del tono western dello show. Ma ad unirsi allo sfondo, ci sono svariati momenti della storia che riportano su schermo l’atmosfera e il tono conferito da Taylor Sheridan al racconto. Questa combinazione tra il gangster drama e il western, rende “Tulsa King” un prodotto unico nel suo genere, quasi creandone un altro tutto suo. La scrittura, sotto questo punto di vista, è brillante e mostra ancora una volta il talento di Sheridan. Ma a non far luccicare completamente “Tulsa King”, ci sono due elementi che rendono imperfetti due pregi dell’intero progetto.
Una serie quasi da grande schermo
“Tulsa King” è un prodotto tecnicamente valido. Con ottime interpretazioni e una regia molto cinematografica con un aspect ratio di 2.39:1. Il classico formato cinematografico si contrappone al 16:9 durante le sequenze ambientate a New York. Una scelta che a lungo andare può estraniare molto lo spettatore e soprattutto un occhio più attento. Fortunatamente, questo alternare in determinati momenti due formati completamente agli antipodi, non danneggia la riuscita tecnica complessiva del prodotto. Nel corso dei 9 episodi che compongono la prima stagione di “Tulsa King”, lo spettatore si trova davanti ad un ottimo lavoro di fotografia e soprattutto regia. Il già citato taglio cinematografico, è evidente anche in questi aspetti. Il consueto alternare registi per i vari episodi riesce ad offrire un livello qualitativamente alto all’intero progetto.
Ma se il lato tecnico è validissimo, al netto di una scelta stilistica strana, “Tulsa King” riesce a colpire lo spettatore sin da subito con la sua scrittura. Se da una parte troviamo dei personaggi ben scritti e interpretati, dall’altra troviamo una costruzione narrativa molto solida. La scorrevolezza della narrazione è consolidata da una durata non eccessiva degli episodi, che oscillano tra i 35/45 minuti di durata. Nonostante questo, determinate dinamiche all’interno dello show si rivelano risolte troppo velocemente. Questa velocità porta in parte una perdita della tensione in alcuni momenti che dovrebbero essere concitati. Se questo aspetto negativo vi preoccupa, non spaventatevi. “Tulsa King” è un prodotto che colpisce il pubblico con il suo ritmo narrativo e la presenza di personaggi ben caratterizzati. In breve possiamo dire che Taylor Sheridan ha dimostrato ancora una volta il suo talento da sceneggiatore.
Considerazioni finali
La prima stagione di “Tulsa King” è l’ennesimo prodotto televisivo di successo firmato da Taylor Sheridan. La serie che presenta al pubblico un Sylvester Stallone inedito sul piccolo schermo e in ruolo differente rispetto ai suoi canoni, riesce a colpire sin da subito lo spettatore. Forte delle performance dell’intero cast, su tutti Sly, e di una scrittura che porta in scena una combinazione insolita tra il gangster drama e il western, “Tulsa King” è uno dei must watch di questo inizio del 2023. Ed è proprio la fusione tra due generi diversi tra loro e una galleria insolita di personaggi, a rendere lo show ideato da Taylor Sheridan un prodotto solido sotto molti punti di vista. Da un punto di vista tecnico siamo davanti ad un prodotto cinematografico.
L’utilizzo del formato cinematografico 2.39:1 si alterna, in una scelta registica discutibile, con un 16:9 nelle sequenze ambientate a New York e nel passato. Se la narrazione è molto fluida, grazie anche alla durata degli episodi, a risentirne in piccola parte sono alcuni risvolti narrativi, che si ritrovano chiusi in modo molto repentino. Nel complesso, “Tulsa King” vede un Taylor Sheridan fare ancora una volta centro nel mondo televisivo, dopo “Yellowstone”, una storia intrigante e un Sylvester Stallone al top in una delle sue interpretazioni più interessanti di tutta la sua carriera.
Pro
- Le interpretazioni del cast, su tutti Sylvester Stallone;
- La combinazione insolita tra gangster drama e western;
- La regia dei 9 episodi della prima stagione;
- La durata non eccessiva degli episodi.
Contro
- Un cambio di formato dell’immagine in determinati momenti inspiegabile;
- In alcuni momenti la scrittura risulta molto frettolosa.
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