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“The Bear”, la recensione: la caotica realtà dietro i fornelli

di Lorenzo Procopio

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Passato forse in secondo piano rispetto a titoli di maggior grido, su Disney+ ha trovato posto un’opera che spicca tra i prodotti seriali dell’ultimo periodo. Si tratta di “The Bear“, creata da Christopher Storer e ambientata nel mondo della cucina. Andiamola a scoprire insieme.

“The Bear”: una dinamica narrazione tra cucina e vita

Con un’energia vorticosa e travolgente “The Bear” ci porta nella caotica cucina di una tavola calda di Chicago, dove tra i vari ingredienti si mescolano le storie della brigata che ci lavora. Potrebbe essere questa una concisa sinossi della sorprendente serie disponibile su Disney+, che fa di dinamismo e frammentarietà la ricetta della sua narrazione coinvolgente. Ma dietro un ritmo che, nell’arco degli otto episodi, non sembra voler tirare il fiato, si nascondono temi ben più profondi, veicolati dal lavoro di squadra di un gruppo di cuochi che ne è metafora.

La storia è quella di Carmen Berzatto, per gli amici Carmy, giovane chef di alta cucina tornato a gestire la tavola calda della sua famiglia italoamericana. Dietro una scelta tanto drastica si nasconde però un avvenimento traumatico: il suicidio del suo fratello maggiore. La causa scatenante dell’intero intreccio rimane una presenza costante dietro le vicende a cui assistiamo, come un fantasma che pesa sulla coscienza del protagonista. La tormentosa memoria di un fratello che per lui è stato fonte di ispirazione; l’eredità (il ristorante stesso) di una persona cara che Carmy non può deludere.

 

The Bear

Uno squisito vortice di contrasti e nevrosi

Se questo è il presupposto psicologico che corre in via sotterranea durante la serie, nel frattempo le fenomenologia degli eventi è tanto movimentata quanto trascinante. Carmy vorrebbe trasformare la tavola calda in un ristorante rispettabile, ma il suo tentativo si scontra con la caotica realtà della cucina: problemi economici e attrezzature carenti si mischiano con le dinamiche degli eccentrici membri dello staff. Il risultato è una miscela esplosiva, a livello visivo ed emotivo, che travolge lo spettatore anche grazie ad una regia e ad un montaggio estremamente dinamici.

La nevrosi del protagonista sembra contagiare sempre più, dopo ogni episodio, la struttura della serie stessa. Ne deriva un ritmo forsennato che testimonia in modo esemplare tutto lo stress e la fatica richiesta per portare avanti una cucina. In questo va fatto un plauso a Jeremy Allen White (interprete di Carmy), in grado di restituire al personaggio tutta la credibilità di cui la sua storia ha bisogno. Il suo sguardo vacuo e la sua mimica silenziosa trasmettono perfettamente un animo fragile e allo stesso tempo energico, con cui lo spettatore è facilmente portato ad empatizzare.

 

The Bear

“The Bear”: la finzione da reality vs la realtà della finzione

L’elemento che caratterizza “The Bear” sopra ogni altro è l’efficacia con cui raffigura una realtà come quella di una cucina. In un certo senso potremmo dire che la serie rappresenta un ribaltamento di segno rispetto ai tanti reality tematici che affollano la televisione. Il risultato è però anch’esso capovolto. Se spesso si ha l’impressione che dietro un programma di cucina sia “tutto scritto” e finto, la finzione che mette in scena “The Bear” è di una genuinità sconvolgente. Per tutta la durata della narrazione si ha l’impressione di assistere a dinamiche reali, che portano lo spettatore a convivere con le ansie e i sentimenti provati dietro i fornelli.

Il tutto è retto da una ben dosata scelta degli ingredienti. In primis è innegabile l’alchimia tra i vari personaggi, che più volte mutano nel corso della storia. Particolare efficace è il rapporto tra Carmy e Sydney (Ayo Edebiri), una intraprendente ragazza desiderosa di accrescere (e mettere in mostra) le sue abilità culinarie. A complicare le vicende interviene poi Richie (Ebon Moss-Bachrach), figura comica sempre in contrasto con il protagonista. Da menzionare infine l’evanescente apparizione di Jon Bernthal nel ruolo di Mickey Berzatto, il fratello morto del protagonista. Le vicende di questi personaggi sono messe in scena in modo frammentario, tale che ogni episodio vada poi a comporre un quadro eterogeneo che è la vita del ristorante.

 

Conclusione

Come gli ingredienti di una ricetta complessa, “The Bear” porta sullo schermo elementi eterogenei che fa interagire con abilità ed efficienza. La serie, in un continuo vorticare di vicende, mette in scena il realismo e le dinamiche dietro il lavoro in cucina. Grazie ad una narrazione sempre tesa e personaggi ben scritti, lo spettatore non può che subire il fascino magnetico di un’opera che si differenzia di gran lungo dalla miriade di prodotti televisivi attuali. In definitiva “The Bear” si afferma come una delle serie tv più potenti e coinvolgenti dell’ultimo periodo, una vera e propria perla da recuperare nel catalogo di Disney+.

Pro

  • Narrazione frammentata e dinamica che trascina lo spettatore con il suo ritmo elevato;
  • Personaggi ben scritti che si amalgamano tra loro in modo armonico;
  • Lavoro di squadra in cucina come metafora di temi universali più complessi;
  • Una delle migliori serie dell’anno.

Contro

  • A volte la serie dà l’impressione di andare così veloce da poter lasciare qualcuno indietro.

 

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