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The Adam Project, la recensione: a spasso nel tempo con te stesso

di Gabriele Di Nuovo

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Disponibile su Netflix dall’11 marzo, “The Adam Project” è un film diretto da Shawn Levy. Nel cast troviamo Ryan Reynolds, Walker Scobell, Jennifer Garner, Mark Ruffalo e Zoe Saldana.

Dopo il successo ottenuto al cinema con “Free Guy”, Shawn Levy e Ryan Reynolds ritornano a collaborare per lo sci-fi “The Adam Project”. Se i lavori precedenti degli ultimi mesi con protagonista l’interprete di Deadpool non sono tra i suoi migliori film, la nuova pellicola targata Netflix fortunatamente non rientra in questa categoria. Il lavoro di Levy è una lettera d’amore ad un certo genere di pellicole arrivate nelle sale durante gli anni ’80. Infatti oltre a condividere l’ottimo intrattenimento e alcune tematiche trattate in passato, porta con sé anche alcune ingenuità che da sempre contraddistinguono questi film.

La salvezza è nel passato

Adam Reed (Ryan Reynolds) è un pilota di caccia nel 2050 e atterra per errore nel 2022, grazie ad una tecnologia che permette il viaggio nel tempo. Qui Adam incontrerà la sua versione dodicenne (Walker Scobell) e la loro unione porterà i due ad affrontare la missione più importante della loro vita: salvare il mondo. Questo metterà i due davanti non solo la fine del mondo, ma anche il rapporto con la loro madre Ellie (Jennifer Garner) e il defunto padre Louis (Mark Ruffalo).

“The Adam Project” non è solo uno sci-fi che viaggia nel tempo, ma è in primis una pellicola con tanto cuore. Ad emergere infatti sono le dinamiche create dai due Adam e il rapporto con la loro famiglia, che permettono al film diretto da Levy di essere qualcosa di più rispetto alla classica pellicola d’intrattenimento. Questo perché “The Adam Project” è un omaggio al cinema di genere degli anni ’80 dove commedia, azione e cuore erano un’unica cosa.

Un modo di raccontare ormai svanito

Il lavoro di Shawn Levy mette su schermo una pellicola che alcuni potrebbero definire fuori tempo massimo. Il piano infatti, è proprio quello di mostrare allo spettatore un vecchio modo di creare storie. “The Adam Project” proprio per questo non brilla di originalità, ma complice una storia semplice, ben raccontata e condensata nel giusto minutaggio, riesce alla grande nel suo intento. L’obiettivo principale è regalare un film d’intrattenimento che non annoi e diverta lo spettatore.

the adam project

Ricordando molti titoli arrivati nelle sale negli anni ’80, “The Adam Project” riporta su schermo una commedia sci-fi che affronta il rapporto con la famiglia. Facendo leva su questa tematica, Levy riesce a bilanciare un lavoro che si sarebbe potuto rivelare senza alcun problema un blando blockbuster targato Netflix. Ma a rendere il tutto su schermo ottimo, ci pensa il suo cast. Questo perché è grazie a loro se i sentimenti presenti in sceneggiatura, riescono ad arrivare senza alcuna difficoltà al pubblico.

Un cast divertente e con cuore

Il punto di forza di “The Adam Project” è il suo cast. Dopo tante pellicole, finalmente Ryan Reynolds riesce ad essere meno Deadpool rispetto al solito. Ma a sorprendere più di tutti è il giovanissimo Walker Scobell. Oltre a mostrare una grandissima chimica con Reynolds, Scobell mette in mostra un’ottima interpretazione e nel vero senso della parola, una versione dodicenne dello stesso Reynolds (attenzione alle citazioni). Ma ad aiutare alcune dinamiche presenti all’interno della pellicola, ci pensano i genitori di Adam interpretati da Jennifer Garner e Mark Ruffalo.

I due, soprattutto la Garner, funzionano molto bene nei panni dei genitori dei due Adam. Nonostante lo scarso minutaggio offerto ai due attori, riescono nel loro intento. Ma se credete di essere davanti ad un capolavoro, non è così. Come scritto in precedenza, “The Adam Project” deve moltissimo agli anni ’80. Come i pro risiedono in un certo modo di fare storie, anche i contro sono molto simili ai titoli del passato. A risentirne di questo sono appunto alcuni personaggi e alcune dinamiche che danno il via alla storia.

Ingenuità facili da perdonare

Dopo avervi elencato quelli che sono i pregi di “The Adam Project”, passiamo ai suoi contro o ingenuità. Essendo una pellicola che attinge dagli anni ’80 sotto ogni punto di vista, a risentirne è la sceneggiatura. Infatti oltre a non avere un approfondimento di alcune situazioni che mettono in moto l’intera storia, abbiamo davanti personaggi molto basilari. Nonostante tutti loro, ad esclusione della villain interpretata da Catherine Keener e la compagna di Adam nel 2050 (Zoe Saldana), funzionano, siamo comunque davanti a dei protagonisti prevedibili e “già visti”.

the adam project

Ma la sensazione di già visto non si ferma solo ai suoi protagonisti. Infatti il focus di “The Adam Project” è l’amato/odiato viaggio nel tempo. Amato perché è presente in cult come “Ritorno al futuro”, odiato perché ormai è un tema abusato da ogni genere negli ultimi anni. Nonostante una discreta gestione di questo, senza creare regole complesse e incoerenti tra di loro, il tema è già noto e il pubblico che ricerca qualcosa di più in un film d’intrattenimento, potrebbe non apprezzare.

Un comparto tecnico sorprendente

Uno degli elementi più sorprendenti di “The Adam Project”, è il suo comparto tecnico. Oltre alla buona regia di Shawn Levy, troviamo un character design molto interessante. Questo non si riscontra nei personaggi del presente, ma nei cattivoni provenienti dal futuro. Jet, armature e armi sono davvero molto belle da vedere (la spada “laser” regalerà gioie e assist per una citazione molto nota). A spiccare però sono le scene action. A differenza del lavoro precedente di Levy (“Free Guy”), qui i combattimenti funzionano benissimo e soprattutto riescono a bilanciare al meglio la CGI presente in scena.

the adam project

Ed è proprio questa ad essere nel complesso buona (non è tra i film più cari della piattaforma), ma in un determinato momento, la CGI è decisamente di un livello inferiore rispetto a quella vista per tutta la sua durata. Per evitare spoiler, questa pecca non verrà analizzata in modo approfondito. Ma nonostante questo, “The Adam Project” è una pellicola visivamente ben fatta e persino più accattivante di “Free Guy”.

Considerazioni finali

“The Adam Project” è una pellicola d’intrattenimento di buona qualità. Con un cast completamente in parte, a spiccare è la chimica tra Ryan Reynolds e la sua “versione” dodicenne interpretata da Walker Scobell. Ricordando tanti lavori degli anni ’80, Levy porta indietro nel tempo lo spettatore raccontando un genere di storie ormai svanito. Ma se cast, storia e azione funzionano, non si può dire lo stesso di alcuni elementi. La bontà e l’ingenuità narrativa anni ’80, porta ad avere dei personaggi già visti e poco sviluppati. Oltre questo, la questione viaggi nel tempo può disturbare lo spettatore ormai stufo di questa tematica. Ma nonostante tutto, “The Adam Project” è un prodotto godibile per tutta la famiglia.

Pro

  • Il cast, su tutti il giovanissimo Walker Scobell;
  • La regia e l’azione della pellicola;
  • La capacità di Shawn Levy nel giocare con un modo di raccontare ormai inesistente.

Contro

  • Le ingenuità anni ’80 lo rendono prevedibile, offrendo così un villain piatto;
  • La CGI in un determinato momento è completamente da bocciare.

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di Gabriele Di Nuovo

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