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Spiderhead, la recensione: definizione di libero arbitrio

di Simone De Mattia

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Il 17 giugno 2022 è stato rilasciato su NetflixSpiderhead“, fanta-thriller diretto da Joseph Kosinski. Attualmente Kosinski è al cinema con la pellicola dall’enorme successo “Top Gun: Maverick“, presentato durante la 75esima edizione del Festival di Cannes. “Spiderhead” rappresenta il ritorno al fantascientifico per il regista, che nella sua carriera vanta titoli del calibro di “Oblivion” (2013) e “Tron: Legacy” (2010).

 

Spiderhead – La trama

In una prigione all’avanguardia vengono sperimentati farmaci sui detenuti. Questi farmaci, molto più simili a droghe che a medicinali, hanno la capacità di alterare le emozioni portando a innaturale allegria o tristezza. Steve Abnesti (Chris Hemsworth) porta avanti questo progetto, dando molta importanza ad un detenuto nello specifico: Jeff (Miles Teller). L’uomo però inizia piano piano a comprendere cosa succede realmente a Spiderhead, dubitando della realtà.

La pellicola è l’adattamento cinematografico del libro “Escape from Spiderhead” di George Saunders. La sceneggiatura è nata dalle menti di Paul Wernick e Rhett Reese, produttore insieme a Chris Hemsworth.

 

Un’ottima idea sfruttata male

L’idea di fondo è tanto semplice quanto interessante: un dispositivo sul retro della schiena permette la somministrazione di droghe a distanza. L’osservazione dei cambiamenti comportamentali permette l’approvazione o meno del farmaco. Purtroppo “Spiderhead” pecca dal punto di vista narrativo. Si nota l’intento di creare un alone di mistero intorno al penitenziario sperduto, gli avvenimenti passati dei detenuti ed il progetto stesso. Ma momenti comici quasi grotteschi spezzano tale alone di mistero, creando scene in cui Chris Hemsworth sembra non essere mai uscito dai panni di Thor. Sin dai titoli di testa il film non si prende sul serio davvero, con questa canzone anni ’70 “The logical song” e le scritte rosa che sembrano fatte a mano. Un punto a favore va al passato di Jeff, che si svela passo dopo passo per tutta la durata della pellicola inserendo un pezzo alla volta. Se non fosse stato venduto come thriller, o quantomeno con uno spessore drammaturgico più sottile, il pubblico l’avrebbe guardato con occhi diversi.

L’opera originale è una finestra sulla distopia, riflettendo sul rapporto fra carceriere e detenuto e sul libero arbitrio. Quest’ultimo è un tema effettivamente toccato in “Spiderhead“, soprattutto nel momento in cui Jeff viene messo davanti ad una scelta difficile.

 

Spiderhead

Conclusioni

Motivo del poco apprezzamento generale è anche il fatto che Netflix, pur avendo ordinato l’adattamento cinematografico, non ha particolarmente promosso “Spiderhead” a livello di marketing. Questo ha confuso non poco gli spettatori che si sono chiesti come mai, pur avendo un attore del calibro di Hemsworth, Netflix abbia fatto un passo falso del genere. Nel cast oltre all’interprete di Thor troviamo Miles Teller, che ha già collaborato con Kosinski in “Fire Squad – Incubo di fuoco” (2017) e nel recentissimo “Top Gun: Maverick“. Al loro fianco Jurnee Smollett e Tess Haubrich. Ad occuparsi della fotografia è stato Claudio Miranda, direttore della fotografia italiano che ha già vinto un Oscar per “Vita di Pi” (Ang Lee, 2012) e una nomination per “Il curioso caso di Benjamin Button” (David Fincher, 2008).

In generale non si tratta di un brutto film, si lascia guardare ed intrattiene, anche grazie all’alone di mistero che prova a creare. Le interpretazioni di Hemsworth e Teller poi sono ottime. Purtroppo però la narrazione inciampa i quelli che sono cliché comici degni del Marvel Cinematic Universe. Inoltre non è ben chiaro neanche alla fine quale sia lo scopo della pellicola, regalando comunque un interessante monologo finale di Jeff sul tema del libero arbitrio, che ha accompagnato lo spettatore durante tutta la visione.

 

PRO

  • Interpretazioni dei protagonisti
  • L’idea originale

CONTRO

  • Cliché comici degni del MCU
  • Viene creato un alone di mistero ingombrante, ma il film poi non sembra prendersi sul serio

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