di Nicolò Bacchi
Come ogni giovedì da due settimane a questa parte, Disney+ ha rilasciato questa mattina il terzo episodio di She-Hulk. Una puntata molto attesa, perché dopo quasi 15 anni potremo scoprire qualcosa di nuovo sull’Abominio di Tim Roth; senza contare il crescente interesse dei fan verso la protagonista interpretata da Tatiana Maslany, centro di gravità quasi perfetto dello show, ma inizialmente snobbata da molti appassionati. Senza indugiare ancora, ecco quindi la nostra recensione.
L’importanza del perdono
La puntata si apre dove ci eravamo lasciati con la precedente, mostrandoci Jennifer alle prese con il caso Emil Blonsky. Il video che mostra Abominio lottare nelle gabbie assieme a Wong, già visto in Shang-Chi, complica infatti la già ardua missione di She-Hulk, che deve dimostrare anche alla corte le buone intenzioni del suo cliente. Jen deve quindi trovare il complice di Blonsky nella faccenda, lo Stregone Supremo Wong, per provare alla giuria l’innocenza dell’uomo.
Dopo essere apparso come semplice cameo nel corso del secondo episodio, Emil Blonsky assume importanza ai fini della storia. Il suo caso diventa infatti centrale nella vita di Jennifer, influenzando così anche le sue avventure. Finalmente rivediamo anche l’elemento supereroistico, assente nel corso della scorsa puntata, e che qui ritorna prepotentemente come epicentro della trama.
Tra gag e rotture della quarta parete, mai così azzeccati come in questo episodio, a colpire è però la critica verso il mondo reale. Ad esempio con i commenti sessisti nei confronti della povera Jen, involontariamente al centro dell’attenzione di media e pubblico. Per la prima volta, il tema femminista non è inserito quasi a forza, ma in maniera consapevole e ben riuscita.
She-Hulk ancora una volta sugli scudi
Come per i precedenti episodi, ancora una volta è da lodare l’impeccabile lavoro di Tatiana Maslany nei panni di She-Hulk; l’attrice sembra divertirsi un sacco nell’interpretare l’eroina, e la sua passione traspare in qualsiasi scena in cui compaia. La chimica che poi sviluppa con qualsiasi comprimario è straordinaria, riuscendo a portare sulle spalle l’intero show con notevole scioltezza.
Da segnalare poi quanto l’umorismo di Jennifer influenzi anche tutti gli altri personaggi, in particolare il buon Stregone Supremo. Anche se la caratterizzazione di Wong è cambiata molto dalla sua prima apparizione, rendendolo molto più ridanciano, finora non era mai apparso come l’elemento comico predominante come qui. Nonostante sia al centro di molte gag incentrate sulla sua situazione di mago alle prese con il mondo moderno, Jessica Gao è riuscita a non trasformarlo in una macchietta comica.
Interessante anche il trattamento riservato alla “trama secondaria” della puntata, ossia il caso che vede tra i protagonisti l’elfa mutaforma da Asgard. Oltre ad aver dato vita a molte scene che prendono in giro alcune scene anche importanti del MCU, è divertente vedere interagire finalmente le diverse realtà dell’universo Marvel; inoltre, per la prima volta veniamo messi davanti a tanti piccoli super, che siano eroi o cattivi, mai realmente mostrati finora per lasciare spazio ai grandi villain. Il finale poi lascia molte domande, e altrettante aspettative per il futuro della serie.
Considerazioni finali sulla terza puntata di She-Hulk
Ancora una volta, She-Hulk riconferma le ottime qualità mostrate in precedenza. Il terzo episodio supera persino i due precedenti, mostrando non solo umorismo ma anche un po’ di azione sul finale, lasciando intendere che un grosso scontro sia stato per ora soltanto rimandato. Tatiana Maslany è perfettamente a suo agio nell’interpretare Jennifer, e si nota chiaramente in qualsiasi momento appaia a schermo. Inutile sprecare parole sulla CGI, ancora “scarsa” ma ai livelli delle prime puntate.
Pro
- Le gag comiche ben riuscite e sinceramente divertenti;
- Tatiana Maslany come Jennifer Walters AKA She-Hulk;
- L’inserimento di una critica ironica alla nostra realtà e al maschilismo che contraddistingue alcuni fan del MCU (e non solo).
Contro
- La CGI ancora una volta di livello troppo basso per un prodotto simile.
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