Gaming

Riot Games: 100 milioni di risarcimento per le impiegate vittima di molestie

Dopo una causa durata diversi anni, Riot Games è giunta ad un accordo dove dovrà pagare 100 milioni di dollari alle ex-dipendenti vittima di molestie. Questo sembra che chiuderà il caso apertosi nel 2018 tramite la class action da parte di centinaia di donne che hanno riferito di essere state vittima di molestie e comportamenti sessisti sul luogo di lavoro. Saranno circa 1300 le destinatarie di tale risarcimento.

Il caso molestie e Riot Games

Il caos mediatico che ha colpito Riot Games nel 2018 è stato solo una conferma delle voci che circolavano nell’ambiente già da tempo. Infatti, comportamenti tossici e sessisti in un ambiente di lavoro prettamente maschile non sono fatti che scopriamo solo oggi. Purtroppo, questo tipo di notizie che riguardano la cosiddetta “bro culture” sono più diffuse di quanto si pensi. Questa serie di comportamenti tossici sono spesso realtà inconfutabili, dove maschilismo e commenti sessisti e talvolta molesti ne fanno da padrone.

Nel caso Riot Games, a far scoppiare il caso fu l’inchiesta da parte della redazione di Kotaku. Nel 2018, infatti, tramite un articolo intitolato “Un tuffo nella cultura sessista in Riot Games“, fu reso noto al grande pubblico quella che fu una triste realtà. L’inchiesta puntò il dito su e-mail scambiate all’interno dell’azienda dove il contenuto non era di certo di prim’ordine. Commenti maschilisti, battute sessiste e a volte addirittura classifiche delle “colleghe più sexy”. Era questo il mondo che si respirava all’interno di Riot Games, con un occhio speciale puntato sulla sede di Santa Monica in California.

L’inchiesta parla di circa 1300 collaboratrici, che dal 2014 hanno dichiarato di essere stati vittima della bro culture. Queste donne saranno risarcite con 100 milioni di dollari da parte di Riot Games. Nella nota, si parla di 80 milioni versati su un fondo comune e 20 milioni che andranno a coprire le spese legali. Quegli 80 milioni, saranno distribuiti equamente tra tutte le ex dipendenti.

Le parole delle protagoniste

A commentare l’esisto della Class Action è stata immediatamente Genie Harrison, avvocatessa che si occupa principalmente di discriminazione di generi e molestie sessuali sul lavoro. “Oggi è un grande giorno per le dipendenti di Riot Games e per tutte le donne impiegate nelle aziende di videogiochi e tecnologia, che meritano un posto di lavoro privo di molestie e discriminazioni” sono state le felici e soddisfatte parole della Harrison.

Mentre Riot Games ha diffuso una nota ufficiale sul proprio sito dove ha parlato dell’accordo raggiunto e in generale della situazione. “Tre anni fa Riot era al centro di quella che è diventata una resa dei conti per la nostra industria. Abbiamo dovuto affrontare la realtà, che spesso non siamo sempre stati all’altezza dei nostri valori. Come azienda, potevamo ignorare e cerca di insabbiare la realtà della nostra cultura, oppure ammettere i nostri sbagli e raddrizzare il tiro per costruire una Riot migliore”. Sono state le  parole d’aperture della lettera di Nicolo Laurent, CEO di Riot Games.

L’accordo è ancora da approvare da parte del tribunale della California. Le voci sono però confortanti e si pensa che quasi sicuramente verrà approvato. Sarebbe un accordo storico per il dipartimento della parità sul posto di lavoro (il DFEH), che afferma che tale traguardo servirà per aggiustare la cultura difettosa dell’intera industria.

Purtroppo questi comportamenti e questa cultura tossica sono ancora forti nel quotidiano. Oggi come non mai l’attenzione verso la denuncia e la correzione di tale ingiustizie sociali sono sempre più diffuse. La “fortuna” di questi giorni è che grazie alla cultura dei mass media, tra esponenti politici o no e opere a favore della prevenzioni di questi comportamenti sta diventando un’arma in più per tutte le donne. Esempi come Purl, corto della Pixar che parla della bro culture e del maschilismo in azienda in maniera molto particolari, sono parte della speranza per un futuro più equo per tutti.

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di William Tinella

Redazione Network NCI

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