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L’ONU pianifica una nuova strategia contro i cataclismi

di Enrico Tiberio Romano

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Secondo dichiarazioni dell’ONU, un terzo della popolazione mondiale sarebbe senza copertura di allerta precoce, con il 60% delle persone in Africa esposte alle catastrofi metereologiche. Ecco perché l’organizzazione ha deciso di arginare la cosa con un nuovo programma.

Un piano di soccorso per i paesi poveri

Gli aiuti costeranno 1,5 miliardi di dollari, ma l’ONU ha insistito sul fatto che si tratterà di denaro ben speso rispetto alla devastazione causata dai disastri meteorologici. I fondi saranno stanziati principalmente nei paesi meno sviluppati e nei piccoli stati insulari in via di sviluppo.

Stando alle dichiarazioni del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, “Le Nazioni Unite guideranno nuove azioni per garantire che ogni persona sulla Terra sia protetta da sistemi di allerta precoce entro cinque anni”. Lanciando il piano in occasione della Giornata mondiale della meteorologia.

Adeguati sistemi di allerta precoce per inondazioni, siccità, ondate di calore o tempeste, consentono alle persone di sapere che qualcosa di pericoloso sta arrivando. Tali sistemi stabiliranno linee guida per ciò che i governi e gli individui dovrebbero fare per ridurre al minimo le conseguenze. “Ogni incremento del riscaldamento globale aumenterà ulteriormente la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi”, ha affermato Guterres.

I sistemi di allerta salvano vite umane e il loro funzionamento è fondamentale. L’organizzazione metereologica presenterà un piano d’azione alla prossima conferenza sul clima dell’ONU che si terrà in Egitto. L’OMM ha affermato che il numero di disastri meteorologici registrati è aumentato di cinque volte dal 1970 al 2019, a causa dei cambiamenti climatici e di un numero addirittura maggiore per gli eventi meteorologici estremi. Non ultimo l’esempio della devastante eruzione del vulcano nell’arcipelago di Tonga.

ONU

ONU (@Shutterstock)

Il problema delle emissioni

L’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, raggiunto al vertice COP21, chiedeva di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di due gradi Celsius rispetto al livello preindustriale. Ciò richiede una riduzione del 45% delle emissioni globali entro il 2030 per raggiungere la neutralità del carbonio entro la metà del secolo. Un traguardo che pare quanto mai utopico al momento.

Le emissioni di carbonio sono infatti destinate ad aumentare di quasi il 14% in questo decennio. Si teme anche che mentre i paesi si allontanano dal petrolio e dal gas russi a seguito della guerra in atto con l’Ucraina, le alternative a breve termine finiranno per diventare nuovi accordi a lungo termine che creeranno dipendenza dai combustibili fossili.

Probabilmente ci troviamo di fronte a quello che è il vero tema dei nostri tempi, al di là della politica il riscaldamento globale colpisce tutti e, come tristemente illustrato nell’articolo, spesso a risentirne maggiormente sono i ”poveri” del mondo.

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Di Enrico Tiberio Romano

 

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