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Minds at Play: l’autismo ed il riscatto grazie ai videogiochi

di Michele Messina

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Essere disabili vuol dire spesso rinunciare a strade e sogni, soprattutto quando la disabilità colpisce la sfera intellettiva. Ma in una società che sempre più si accorge dei meno fortunati, le storie di rivalsa e vittoria per i disabili sono sempre più comuni. Il mondo dei videogiochi si è sempre aperto alla diversità accogliendo tutti senza discriminazioni. L’ultimo esempio è il giovane programmatore australiano Jesse Cross, che ha trovato lavoro grazie alla passione per i videogiochi e Minds at Play.

La storia di Jesse, giovane programmatore autistico

Jesse Cross ha 17 anni e vive in Australia, assieme ai suoi due fratelli, anche loro affetti da autismo ed alla madre Tegan. Grande appassionato di videogiochi, specialmente della serie Pokémon, il giovane si è scontrato con la dura realtà del mondo disabile. Alla ricerca di un servizio che gli permettesse di crescere adeguatamente, Jesse ha conosciuto Minds at Play, azienda specializzata in casi simili al suo.

Grazie a Minds at Play (MaP), Jesse ha potuto approfondire la propria passione, appassionandosi assieme ai suoi fratelli a Minecraft e Dungeons and Dragons. L’associazione MaP, realizza sessioni di gioco programmate su persone con disabilità, come Jesse ed i suoi fratelli, promuovendo le interazioni sociali. Specialmente per individui affetti da autismo, la socialità è un grande problema quotidiano, che pochi riescono a gestire correttamente. Ma grazie ad associazioni come Minds at Play, molti ragazzi come Jesse trovano uno spazio per crescere ed appassionarsi.

La storia di Jesse Cross comincia proprio qui, tra una partita e l’altra, accompagnato dalla sua grande passione per i videogiochi e la programmazione.

 

minds at play

minds at play (Via Instagram @minds_at_play)

Minds at Play, il futuro per giovani videogiocatori disabili

Nonostante la passione per i videogiochi, durante le sessioni a Jesse mancava qualcosa, un coinvolgimento diretto. Oltre che ai videogiochi, Jesse ha quindi potuto appassionarsi alla programmazione, l’attività che lo ha spronato ad andare avanti. Superate le sessioni di gioco, Jesse ha trovato il coraggio di contattare i fondatori di Minds at Play, con un’idea rivelatasi vincente.

Parlando con i fondatori, Jesse ha proposto all’organizzazione di istituire delle classi per insegnare agli altri ragazzi disabili l’uso di Scratch. Il noto “gioco” è infatti un semplice strumento di codifica, indirizzato ai più piccoli, grazie a cui Jesse è diventato un esperto programmatore. A detta sua adora la flessibilità del programma che si adatta alle sue esigenze e lo trova decisamente più interessante. La proposta di Jesse è semplice, insegnare ai ragazzi come lui a creare il proprio codice e divertirsi con dei videogiochi creati da loro stessi.

Raggiunto Dwayne Fernandes, co-fondatore di Minds at Play, l’idea ha preso forma ed in pochi mesi le lezioni hanno trovato posto nel programma dell’azienda. Ma Jesse ha fatto un passo in più decidendo di insegnare lui stesso nelle nuove classi istituite, idea subito apprezzata da Mind at Plays. Nel progetto è stata inserita anche Emily Griggs, presidente del Berri Regional Secondary College che ha aiutato Jesse a preparare le lezioni.

 

minds at play

minds at play (Via Instagram @minds_at_play)

Il lieto fine per Jesse e Mind at Play

Il programma di Jesse ha proposto tre lezioni ai ragazzi autistici del MaP, un’esperienza che ha lasciato gli allievi più che soddisfatti. Jesse stesso, soddisfatto per aver trovato così un vero lavoro che lo appassiona, ha deciso di non fermarsi. Assieme al resto dell’associazione MaP, Jesse sta preparando un programma di studio lungo ben 10 settimane. Un’esperienza che lo aiuterà anche ad inserirsi nel vero mondo del lavoro.

Nel frattempo, la vita di Jesse prosegue parallelamente al progetto ed oltre i videogiochi, il giovane sta affrontando anche la scuola. Ma non ha perso di vista le opportunità che Minds at Play e Scratch gli hanno regalato. Jesse non è stato con le mani in mano ed ha prodotto più di cento progetti, grazie al codice scritto da lui stesso su Scratch.

La storia di Jesse Cross, per ora, si conclude qui, ma il giovane programmatore ha grandi progetti in mente. Il mondo dei videogiochi è sempre stato capace di accogliere e promuovere la diversità e Jesse si aggiunge alla lunga lista di esempi. Una storia che deve far riflettere tutti, sulle proprie capacità e sulle possibilità offerte. Jesse ha forse trovato il suo posto nel mondo, con l’augurio che possano tutti riuscirci un giorno. Per altre storie ed approfondimenti, seguiteci su Nasce, Cresce, Respawna.

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