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Matrix Resurrections, la recensione: un sequel metacinematografico

di Gabriele Di Nuovo

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Al cinema dal 1 gennaio, “Matrix Resurrections” è il ritorno in sala dell’iconica trilogia Warner Bros. nata nel 1999. Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss e Jada Pinkett Smith ritornano nei loro vecchi ruoli. Mentre tra le new entry troviamo Yahya Abdul-Mateen II, Jessica Henwick, Neil Patrick Harris e Jonathan Groff. Mentre Lana Wachowski torna alla regia.

Non è mai facile ritornare in un mondo già esplorato. Soprattutto nel caso di “Matrix”, dove con la sua trilogia ha raccontato tutto al pubblico. Ma Matrix Resurrections” si è rivelato non un semplice sequel, ma un grandissimo dito medio a tutte le proprietà intellettuali ritornate in auge negli ultimi anni. Questa critica viene fatta nel corso della pellicola attraverso un sorprendente utilizzo del metacinema. Però, Matrix Resurrections” è qualcosa di più di un racconto metacinematografico?

Ben ritrovato in Matrix

Thomas Anderson (Keanu Reeves) è un importante sviluppatore di videogiochi. Vincitore di moltissimi premi e amatissimo dal pubblico, scoprirà con il passare del tempo che qualcosa nella sua vita non torna. Se avete la sensazione di déjà vu (con qualche piccola differenza), non vi sbagliate affatto. Matrix Resurrections” gioca con sé stesso e con il mondo reale, attraverso una critica molto più diretta rispetto a quanto fatto nel film del 1999. Ma tutto questo ha portato ad ottenere una pellicola accattivante e divertente?

Tra metacinema e amore

Uno dei punti di forza di Matrix Resurrections” è il saper giocare con la sua mitologia in modo geniale. Lana Wachowski, in apparenza, mette in scena una sorta di reboot del franchise, ma invece non è così. La regista prende in giro la cultura dei reboot e remake di IP famose, attraverso la sua creatura. Matrix” con il suo sequel, non è solo un semplice ritorno in quel mondo, ma cerca di essere molto di più. Ed è proprio qui che la pellicola cade in trappola.

matrix resurrections

Nonostante il tentativo di dare un cuore al prodotto, grazie all’amore tra Neo (Keanu Reeves) e Trinity (Carrie-Anne Moss), il problema più grande risiede in questo. Ci si aspettava qualcosa di più sotto questo punto di vista. Per lo spettatore sarà un piacere rivedere i protagonisti della trilogia, ma sfortunatamente la questione amorosa e la “resurrezione” dei due, sono gestite in modo discutibile. Se i due amatissimi protagonisti, nonostante una nuova storia, non aggiungono nulla al loro passato, trattamento peggiore tocca alle new entry e ad alcune vecchie conoscenze.

Nuovi volti, vecchie conoscenze

Questo quarto capitolo introduce nuovi personaggi e vecchie conoscenze con volti differenti. Se Bugs interpretata da Jessica Henwick mostra un potenziale inespresso, non possiamo dire lo stesso delle nuove interazioni di Morpheus (Yahya Abdul-Mateen II) e Smith (Jonathan Groff). L’alleato di Neo e il suo acerrimo nemico, subiscono una sorta di “downgrade” rispetto alle loro interazioni presenti nella trilogia.

Nonostante le interpretazioni di Yahya Abdul-Mateen II e Jonathan Groff siano ottime, la scrittura dei loro personaggi è completamente l’opposto. A sorprendere però tra le new entry è Neil Patrick Harris. Nei panni dello Psicologo, Harris si rivela il miglior personaggio dell’intera pellicola. Ma nonostante questo, le motivazioni dietro lo Psicologo, sono molto discutibili.

matrix resurrections

Tornando un attimo indietro, la gestione scarna dei protagonisti è evidente anche con una “invecchiata” Jada Pinkett Smith. La sua Niobe non aggiunge nulla alla sua versione passata e nel presente non sembra essere importantissima a fini narrativi. Infatti la scrittura debole dei suoi personaggi e dell’intera storia, porta subito a porsi una domanda: Matrix Resurrections” è un sequel utile?

Matrix Resurrections è un sequel utile?

La risposta a questa domanda è no. Il film scritto e diretto da Lana Wachowski cerca di essere rivoluzionario come lo fu il primo capitolo. Ma sfortunatamente la rivoluzione non è presente in Matrix Resurrections”. Nonostante la sua componente metacinematografica, che rende il tutto geniale, quasi comico e soprattutto riflessivo, la pellicola cade sulle basi di come scrivere un film discreto.

Infatti se da una parte abbiamo un lato critico molto funzionale al messaggio che vuole lanciare, dall’altra abbiamo una grandissima forzatura nel riportare “indietro” i protagonisti. Le motivazioni che mettono in moto il racconto sono semplici e già viste. Questo consolida l’essere non rivoluzionario di Matrix Resurrections”. Non solo situazioni non all’altezza dei protagonisti, ma anche dei nuovi entrati di scarso valore. Se da un punto di vista il franchise si ritrova con una pellicola superflua, dal lato tecnico il discorso è ben differente.

Matrix Resurrections e l’azione

Tutti ricorderete le spettacolari scene del primo film arrivato nel 1999, dove venne introdotto l’iconico “Bullet Time”. Matrix Resurrections” può contare su sequenze action e stunt spettacolari. Ma ironia della sorte, a mancare è proprio il famoso “Bullet Time”. Assente, a differenza di alcuni slow motion, il “Bullet Time” non è più parte integrante dell’azione e diventa solo oggetto dello spirito metacinematografico della pellicola.

matrix resurrections

Ma non solo il “Bullet Time”. Anche parte del montaggio viene utilizzato da Lana Wachowski per rendere il racconto meta, affiancandolo alle immagini del primo capitolo. Il colpo d’occhio è molto bello, creando così dei parallelismi che portano lo spettatore all’interno di quello che è un vero e proprio loop. Unica nota di demerito sul fronte tecnico va alla fotografia.

Uno dei vari elementi che hanno reso famosa la trilogia di “Matrix” è il “filtro verde”. Presente in tutte le scene ambientate all’interno della simulazione, in Matrix Resurrections” questo aspetto visivo è perduto. Non è evidente la motivazione dietro questa scelta, anche se forse l’intento della regista era quello di mostrare come Matrix sia diventato più forte e vicino alla realtà. E nonostante questa possa essere la ragione dietro tale scelta visiva, sfortunatamente rende questo quarto capitolo un action “qualunque”.

Considerazioni finali

Matrix Resurrections” è un film strano. Con una critica aggressiva nei confronti dei sequel e reboot, Lana Wachowski porta su schermo una pellicola che usa la storia come pretesto critico. Infatti a causa di questo, tutti i personaggi di Matrix Resurrections” sono l’ombra di loro stessi, mentre le new entry si rivelano poco interessanti, tranne per lo Psicologo interpretato da Neil Patrick Harris. Se la trama non funziona del tutto, le sequenze action sono ben girate (contenendo anche uno stunt spettacolare). Unica pecca sul fronte tecnico è l’assenza dell’iconico “filtro verde”. Sicuramente Matrix Resurrections” dividerà il pubblico tra chi lo reputerà geniale e chi invece lo odierà. Ma il film scritto e diretto da Lana Wachowski è semplicemente una via di mezzo tra genio e ingenuità, un’incompiuto, un’occasione persa.

Pro

  • La critica nei confronti dei sequel e reboot attraverso uno di loro;
  • La regia di Lana Wachowski;
  • Lo Psicologo interpretato da Neil Patrick Harris.

Contro

  • Sceneggiatura poco solida, basata semplicemente sul pretesto critico;
  • L’assenza di una fotografia “innovativa”;
  • La scrittura dei protagonisti e delle new entry superficiale e poco approfondita.

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di Gabriele Di Nuovo

 

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