di Lorenzo Peratoner
Manoscritto Voynich: alcune delle ipotesi più famose
Nel corso del XX e nei primi decenni del XXI secolo molti studiosi hanno affermato di essere riusciti a decifrare il manoscritto; tuttavia i risultati sono sempre stati insoddisfacenti. C’era chi sosteneva si trattasse di un latino camuffato da Bacone, chi invece credeva fosse scritto in una lingua ucraina ma senza vocali; tuttavia uno degli studi che permise di compiere dei concreti passi in avanti fu condotto nel 1976 da William Ralph Bennett. Quest’ultimo, infatti, riuscì a evidenziare come la lingua del manoscritto fosse molto ripetitiva, con un lessico semplice e un vocabolario limitato. Sembrava quasi, alla luce di questi fattori, che il testo non avesse alcuna sequenzialità logica, ma che si trattasse solo di parole disposte casualmente. Da questo punto di vista, si potrebbe avallare la tesi del falso rinascimentale a scopo di frode.
In ogni caso, tutti gli studi che si sono susseguiti fino a oggi hanno permesso di individuare un numero di lettere compreso fra le 19 e le 28, frutto probabilmente di un miscuglio di alfabeti diversi ma non riconducibili a quelli conosciuti.
L’ultimo studioso convinto di aver decifrato il manoscritto è Gerard Cheshire, dell’Università di Bristol, che nel 2019 pubblicò sulla rivista “Romance Studies” il suo studio. Il ricercatore afferma che si tratta di una lingua “protoromanza“, una presunta lingua adottata dopo il 476 d.C., a cavallo tra il latino e le lingue romanze. Si tratta tuttavia di un idioma sulla cui esistenza pochissimi studiosi risultano convinti.
Cheshire continua, sostenendo che l’opera sia stata scritta da delle monache dominicane per la regina di Aragona, Maria di Castiglia. Questo lavoro di ricerca, tuttavia, è stato ampiamente criticato da molti studiosi di Voynich e di documentaristica medievale, in particolare per la questione della lingua “protoromanza” e della mancanza di una peer review.
I requisiti per decifrare il manoscritto di Voynich
Lisa Fagin Davis, una delle critiche più severe di Cheshire, nonché direttrice della Medieval Academy of America, ha elencato in un tweet i cinque criteri che un lavoro di indagine sui documenti deve soddisfare per essere ritenuto valido:
- Solidi principi di base;
- Riproducibilità da parte di altri;
- Conformità alla realtà linguistica e codicologica;
- Testo che abbia un senso;
- Corrispondenza logica tra testo e illustrazione;
Arriverà un giorno in cui uno studioso riuscirà a soddisfare tutti questi requisiti e a sciogliere uno degli enigmi più famosi al mondo? Per chi avesse la curiosità di indagare in maniera molto più approfondita il manoscritto, è possibile consultare sul web un blog gestito da René Zandbergen, che da decenni compie studi sul volume.
Fonti: Il Post, Massimo Polidoro, Wikipedia.
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