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Lukaku, ennesimo caso di razzismo: quando a pagare è la vittima

di Alessandro Colepio

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Gli ultimi minuti di Juventus-Inter sono stati a dir poco incandescenti. Il calcio di rigore concesso al 95′ ai nerazzurri e trasformato da Lukaku è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo essere stato ripetutamente insultato dalla curva bianconera, il belga ha spiazzato Perin ed ha esultato guardando dritto verso i tifosi avversari.

L’arbitro Massa, che fin li aveva tenuto bene le redini della gara, ha giudicato l’esultanza di Lukaku come eccessiva. Ha estratto il secondo cartellino giallo nei confronti del numero 90, che è quindi stato espulso e salterà la gara di ritorno. Il parapiglia finale ha visto protagonisti Handanovic e Cuadrado, sanzionati giustamente con un rosso diretto al termine di un’accesa mischia.

Il botta e risposta fra Lukaku e la curva della Juventus è solo l’ultimo di innumerevoli episodi di razzismo che da troppo tempo rovinano l’immagine del calcio nel nostro Paese. L’unico a pagarne le spese sarà però il centravanti dell’Inter, colpevole di aver risposto alle provocazioni, e non i tifosi che lo hanno insultato così duramente.

 

Allianz Stadium (@Shutterstock)

L’omertà delle istituzioni sul tema del razzismo negli stadi

Che le curve di tutta Italia siano anche un covo per ignoranti è cosa ben nota a tutti. E con questo non si vuole assolutamente generalizzare a tutti i bravi tifosi che vanno allo stadio per sostenere i propri colori, quanto piuttosto a quella parte più o meno piccola che si rende responsabile di episodi spiacevoli come quello capitato a Lukaku ieri sera.

L’ex giocatore del Chelsea è solo l’ultimo di una lunga lista di giocatori che hanno dovuto subire sulla loro pelle la stupidità di alcuni tifosi. Basta pensare ai cori vergognosi a Bargamo e Firenze ai danni di Vlahovic, agli ululati dei veronesi verso Koulibaly o ai versi della curva del Cagliari nei confronti di Moise Kean. L’elenco potrebbe andare avanti ancora per molto, ma per una volta dovremmo smettere di dare volti alle vittime e di lasciare i colpevoli nell’ombra.

Anche oggi, come ogni volta, è arrivato il comunicato della Lega Serie A che condanna i gesti di razzismo sugli spalti. Peccato che la frase “Fuori il razzismo dagli stadi” sembri solo uno slogan di convenienza, dato che il tempo passa ma i razzisti sono ancora lì dentro. Il sistema italiano ha dimostrato più volte di essere molto eloquente sul tema, ma i provvedimenti concreti non sono stati ancora adottati.

Tanto fumo e niente arrosto, direbbe qualcuno. Ogni volta che si verificano episodi di razzismo qualcuno sceglie di guardare dall’altra parte, di fingere di non aver sentito. Anche quando i cori sono così evidenti che tutto lo stadio li capisce, anche quando in curva spuntano fuori svastiche e altri simboli nazifascisti. Con le tecnologie moderne non servirebbe molto ad identificare i colpevoli, che invece per qualche motivo rimangono sempre nell’ombra.

Dal caso Lukaku ad alcuni spunti per il futuro

Tornando ai fatti verificatisi ieri a Torino, viene da chiedersi se l’espulsione di Lukaku sia stata una scelta giusta. L’arbitro ha valutato il gesto dell’attaccante nerazzurro come un eccesso di esultanza e, a norma di regolamento, ha estratto il secondo giallo. Il signor Massa ha preso una decisione sicuramente motivata ma che manca di un certo senso di umanità.

Lukaku ha trasformato il calcio di rigore e ha guardato fisso verso la curva, mettendo il dito davanti alle labbra come già aveva fatto durante la pausa Nazionali col Belgio. Una reazione provocatoria, ma che di fronte all’odio e all’ignoranza non sembra poi così esagerata. Con tutta probabilità Massa ha estratto il cartellino per evitare di perdere le redini della partita, anche se le conseguenze si sono rivelate ben diverse da quelle che si augurava il direttore di gara.

L’espulsione di Lukaku è l’ennesimo capitolo della narrazione secondo cui la reazione della vittima è sempre sbagliata e punibile. Il minimo sindacale per un futuro libero dal razzismo sarebbe la revoca della squalifica in favore del belga (e per tutti i casi simili in futuro) e solo a quel punto potremo iniziare a parlare di cambiamento.

L’unica cosa certa è che per eliminare il razzismo dagli stadi bisogna prendere provvedimenti seri e completi. In Brasile, ad esempio, le squadre vengono penalizzate in classifica se i loro tifosi si rendono protagonisti di episodi sgradevoli. Una presa di posizione dura, anche in virtù della storia recente del Paese sudamericano, ma che ha già avuto riscontri positivi nella Federcalcio carioca.

Ci sono milioni di modi per individuare i colpevoli e mettere fine a questa pagina oscura del nostro calcio. Il movimento deve però cambiare dalle radici, deve ammettere che i razzisti ci sono ancora e che sono in tutte le curve d’Italia. Solo a quel punto potremo veramente sperare in uno sport più sano e pulito.

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