di Federico Minelli
Sì, è vero, la Serie A non è il miglior prodotto del calcio europeo. Ci sono leghe che per gestione, intrattenimento e attenzione ai tifosi sono anni avanti all’Italia, ma c’è un ambito nel quale ancora facciamo la differenza. È quello degli allenatori, che da sempre si sono imposti come modello da seguire e continuano a farlo nel tempo.
Allenatori in Champions, l’Italia fa scuola
Nella massima competizione europea, ormai giunta alle semifinali, tre tecnici su quattro sono del Bel Paese: Ancelotti, Pioli e Inzaghi. Il quarto, un certo Pep Guardiola, ha comunque trascorsi italiani, anche se con lui non si può proprio parlare di “scuola italiana”, ma più improntato verso l’Olanda e la Spagna.
Se per gli allenatori di Inter e Milan questo è un po’ l’anno della ribalta, per Carletto il discorso è diverso. Record su record, la capacità gestionale dello spogliatoio unita alla conoscenza tecnico tattica lo rendono uno dei migliori in circolazione. Sia chiaro, nulla si vuole togliere agli allenatori delle milanesi: hanno fatto vedere eccome la loro mano nelle vittorie, riuscendo ad interpretare alla grande specialmente le gare ad eliminazione diretta, regalando così ai tifosi un derby meneghino in Champions dopo 20 anni.
Europa e Conference League, non siamo da meno
Nella piccola rivincita che il calcio e gli allenatori italiani si stano prendendo, sono protagoniste anche le due coppe europee “minori”. In Europa League c’è Allegri, che nonostante le critiche -più o meno fondate- ha portato la sua Juventus in semifinale, pronta a giocarsi il trofeo fino in fondo.
Anche in Conference c’è l’impronta tricolore, di nome e di fatto: Vincenzo Italiano e la Fiorentina bramano quel trofeo internazionale che da anni manca ai gigliati. I due, comunque, esprimono idee diverse, quasi in conflitto tra di loro, ma comunque riescono ad ottenere risultati, almeno finora.
Che è sempre stato, comunque, il leitmotiv qui in Italia, croce e delizia del nostro calcio: vincere sì, ma a quale costo? Spesso, quello di ignorare programmazioni a lungo termine, i cui effetti li stiamo subendo ora. Alla fine, non illudiamoci ma non auto commiseriamoci: c’è da migliorare sotto tanti aspetti, ma godiamoci queste piccole grandi soddisfazioni, sperando che non fungano da specchietto per le allodole.
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