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INTERVISTA ESCLUSIVA a Luca Lucaroni, 12 volte Campione del Mondo di pattinaggio artistico a rotelle

di Domenico Scala

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Luca Lucaroni, 26 anni, è l’atleta di punta della FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici). Nonostante la giovane età, in carriera vanta (a livello Senior e Junior) 12 titoli mondiali, di cui 5 in Singolo e 7 in coppia con la partner Rebecca Tarlazzi. Lucaroni è oggi il principale riferimento internazionale del pattinaggio artistico a rotelle nonché icona del settore, tanto da guadagnarsi qualche anno fa anche la possibilità di esporre i propri pattini al Juventus Museum. Potete leggerne il resoconto sul sito della Juventus a questo link. Nasce, Cresce, Ignora ha deciso quindi di intervistarlo per scambiare quattro chiacchiere su quello che può essere considerato una delle tante eccellenze italiane spesso “ignorate” dal grande pubblico: il mondo del pattinaggio artistico a rotelle!

Luca Lucaroni

 

Luca Lucaroni – L’intervista

 

Soffermiamoci sui tuoi successi. Come si fa ad ottenere questi risultati e, soprattutto, come si fa a restare su questi livelli per così tanto tempo?

“Per arrivare a questi risultati bisogna prima di tutto avere passione per quello che si fa. Divertirsi, ma soprattutto essere dediti al sacrificio e avere chiari in mente i propri obiettivi. Per me non è stato semplice, perché a 16 anni ho deciso di lasciare casa e trasferirmi a Roma da solo. Ovviamente non avevo nessuna certezza di diventare un giorno Campione del Mondo, ma sapevo che così facendo avrei avuto molte più possibilità di raggiungere quel traguardo. Naturalmente dipendeva da me, e dal mio team. Rimanere su questi livelli però è ancora più difficile, perché quando si vince così tanto si ha sempre meno stimoli. Ogni anno bisogna avere la capacità di resettare tutto e di ripartire da zero. Diventa più una sfida contro sé stessi che contro gli altri”.

Come e quando nasce la tua carriera da pattinatore?

“Ho iniziato a 4 anni. In realtà volevo fare calcio come tutti, ma mio padre me l’ha sconsigliato. Le mie sorelle più grandi invece già pattinavano e spesso andavo a vederle agli allenamenti, così ho iniziato per divertimento. Crescendo sapevo però di avere qualità importanti, e a quel punto ho dovuto decidere il mio percorso. Per questo devo ringraziare la mia famiglia, che mi ha sempre appoggiato. Per fortuna è andato tutto molto bene!”.

Ma si può vivere solo di pattinaggio artistico a rotelle?

“Molte persone diranno di no. Io però non sono d’accordo. La differenza la fa l’ambizione. Quando sei un atleta di alto livello puoi ambire a diventare un grande allenatore, e certamente hai una marcia in più rispetto agli altri. Questo perché conosci bene determinate dinamiche, determinati meccanismi che hai vissuto tu stesso sulla tua pelle. È questa la gavetta, che è necessaria e fondamentale. Ma se hai l’ambizione di lavorare con costanza per arrivare ai livelli più alti, allora si può vivere di pattinaggio artistico a rotelle”.

Luca Lucaroni

Quali sono le principali differenze (e le principali caratteristiche in comune) tra pattinaggio artistico a rotelle e su ghiaccio?

“Una delle principali differenze è la pista. Noi pattiniamo sul cemento, su una pista molto più dura, meno elastica, che scorre meno. Quindi si ha meno velocità, anche perché il pattino a rotelle pesa molto di più rispetto al pattino con la lama da ghiaccio. Ma anche la tecnica non è esattamente la stessa. In generale, per esperienza dico che passare dalle rotelle al ghiaccio è molto più semplice che fare il percorso inverso. Detto questo, ritengo ci siano più differenze che punti in comune, anche se fondamentalmente parliamo di due varianti dello stesso sport”.

Dal tuo punto di vista, perché il pattinaggio a rotelle non è sport olimpico mentre quello su ghiaccio si?

“Il problema sono le Nazioni che (non) partecipano ai Campionati del Mondo. Stati Uniti, Cina, Russia, Canada e Giappone sono quasi totalmente assenti, probabilmente perché decidono di non investire risorse in uno sport che dal loro punto di vista non è fonte di guadagno per le rispettive Federazioni. Il lavoro che invece stiamo facendo noi è proprio quello di esportare anche all’estero la qualità dei nostri atleti e dei nostri tecnici, in modo da alzare il livello generale andando anche contro i nostri interessi. Questo per evitare che rimanga uno sport confinato a poche Nazioni perlopiù europee. Ormai teniamo periodicamente numerosi stage in tutta l’America latina, in Australia, ma anche in Sudafrica e con atleti indiani. Purtroppo dobbiamo un po’ cedere lo scettro per dare spazio di crescita a tutti”.

Lo skateboard (che ricordiamo, è sotto l’egida della stessa FISR) a Tokyo era per la prima volta sport olimpico, e lo sarà nuovamente a Parigi nel 2024. È un primo passo di avvicinamento anche per il pattinaggio artistico a rotelle?

“Sono due sport completamente diversi, e non hanno niente in comune se non le rotelle. È chiaro che la Federazione può finalmente iniziare a frequentare certi ambienti, quindi sicuramente è un primo passo. Ma non so questo passo in avanti concretamente fino a che punto può aiutarci…”.

La Nazionale italiana è nettamente la migliore al mondo, per qualità sia degli atleti che dei tecnici, come detto. Puntualmente dominiamo il medagliere sia agli Europei che ai Mondiali (a questo link i risultati dell’ultima edizione in Paraguay), ma questo continua ad essere considerato uno sport molto “minore”. Perché?

“Sicuramente il fatto di non essere sport olimpico incide molto, soprattutto a livello di pubblicità e di sponsor. Ma probabilmente la gente tende ancora a vederlo soltanto come un divertimento, non come uno sport pari al professionistico. Come se si potesse andare lì in pista soltanto per hobby. Questo credo incida molto sull’immaginario collettivo del pattinaggio a rotelle”.

Hai sempre fatto tanto per pubblicizzare questo sport a livello mediatico, partecipando anche a diversi programmi televisivi. Credi sia l’unico strumento utile a disposizione, o magari a livello federale si dovrebbe puntare molto di più anche sui social (dal momento che ancora oggi i pattini sono uno dei giocattoli più richiesti dai bambini in età prescolastica)? E alla luce di quanto detto prima, pensi sia più un vantaggio da provare a sfruttare o più una spada di Damocle?

“In effetti anch’io avevo i pattini in casa già prima di iniziare a pattinare. Probabilmente è un vantaggio che ancora non riusciamo a sfruttare a dovere per farci conoscere adeguatamente dal grande pubblico. Che poi è quello che a noi manca. Personalmente sento di avere il dovere di portare in giro il mio sport, di promuoverlo. Vorrei si organizzassero più esibizioni anche soltanto nelle piazze, per ribadire che questo non è soltanto uno sport dilettantistico, ma professionistico a tutti gli effetti, che prevede allenamenti duri,  faticosi, che meritano di essere ripagati”.

Luca Lucaroni

Qual è il momento più brutto e quale il più bello della tua carriera?

“Il momento più brutto è stato quando ho perso il mio allenatore (Gabriele Quirini ndr) per un incidente stradale. Lui è stato la persona che mi ha permesso di diventare l’atleta che sono oggi. Ho perso un punto di riferimento, e i mesi successivi avevo deciso di smettere di pattinare. Poi, grazie alla sua famiglia e alla mia, ho capito di dover continuare anche soltanto per ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto per me. Questa esperienza mi ha reso uomo, e negli anni seguenti mi ha donato una maturità diversa.

Il momento più bello invece sono stati i Mondiali di Novara del 2016, in cui ho vinto il mio primo oro da Senior in casa, davanti alla mia famiglia e a tutta la mia gente. Si respirava un’atmosfera fantastica, in pista non riuscivamo a sentire lo speaker dalla confusione, cosa che non capita spesso. Un altro momento che che mi piace ricordare però è ai Mondiali di Barcellona del 2019, a casa del mio rivale; c’erano 12.000 persone che tifavano per me. Ovviamente tifavano anche per i loro atleti, ma era un pubblico che riconosceva davvero la qualità del pattinaggio espresso in gara. È stato bellissimo, una bella soddisfazione!”.

A volte, soprattutto in passato, magari si finiva a pattinare in piste non all’altezza della situazione. Hai qualche aneddoto a riguardo?

“Da quando mi sono trasferito a Roma non ho mai avuto una pista al coperto, mi sono sempre dovuto adattare. E, secondo me, questo è un vantaggio; uscire dalla zona di comfort è un plus notevole per un atleta di alto livello. C’è da dire che mi sono esibito tantissime volte in piste al limite, dove si scivolava molto o che magari erano piccolissime; in un programma televisivo addirittura la “pista” era 8x12m…

Come aneddoto posso raccontare dei Mondiali di Cali (Colombia) del 2015. Pattinavamo in una pista sostanzialmente all’aperto e il giorno prima c’era stato un incendio, per cui nelle giornate di gara non si riusciva a respirare bene e il vento portava cenere in pista. Per fortuna a me è andata bene ma, a parte questo, grazie anche agli sforzi della Federazione internazionale negli ultimi anni siamo cresciuti tanto e ho sempre pattinato in piste all’altezza”.

Agli ultimi Mondiali (e nel videomessaggio di saluto registrato per noi) hai sfoggiato un body che non è passato inosservato, con i suoi 12.700 swarovski. Ma quanto conta la componente estetica nel pattinaggio?

“Essendo uno sport artistico la presentazione è molto importante. Pattiniamo su una musica, proponiamo un tema, per cui se ci si presenta con un body che rispecchia a pieno quello che si sta portando in scena, l’atleta si mette in chiara posizione di vantaggio. Forse la bellezza non cambia il risultato, ma conta molto. Una presenza forte in pista con un body bello, dettagliato e curato, dà un’altra immagine di sé ai giudici”.

Luca Lucaroni

Quali sono i tuoi prossimi impegni?

“Questo è un po’ un momento di pausa. Il primo impegno ufficiale è ad Aprile con il campionato Interregionale, che serve per la qualificazione ai Campionati Italiani di quest’estate. Ad Agosto/Settembre avremo i Campionati Europei e in autunno i Mondiali, che quest’anno si terranno a Buenos Aires (Argentina)”.

Dopo la fine della carriera ti dedicherai all’insegnamento?

“Assolutamente si, anzi ho già iniziato. Supervisiono il lavoro di diverse società in tutta Italia: a Roma, Firenze, Bologna, Trieste, in Veneto… e attualmente sto anche preparando due quartetti in Campania per una società con cui ho iniziato proprio quest’anno una collaborazione”.

E nel ringraziare ancora una volta Luca Lucaroni per la disponibilità vi invitiamo a continuare a tenere d’occhio Nasce, Cresce, Ignora per altre interviste ad eccellenze italiane “ignorate”!

di Domenico Scala

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